Collegati con noi

Politica

La nuova vita di Renzo Bossi, il Trota che gioca a fare l’agricoltore con i soldi di papà e della politica

Pubblicato

del

L’8 settembre ha festeggiato 30 anni. Con lui, sul roof garden del Cavalieri Hilton di Milano, per una cena da mille e una notte, c’erano una ventina di amici. Lui è  Renzo Bossi, lo conosciamo tutti come il Trota, il figlio di Umberto Bossi. Il papà era il fustigatore di Roma Ladrona. Poi s’è scoperto che avrebbe fatto sparire 49 milioni di euro di contributi pubblici e aiutato i figli a crescere bene, senza sacrifici, facendoli vivere come principi ereditari o ereditieri, ai tempi d’oro della Lega secessionista e devoluzionista. Il Trota finí anche nel fascicolo d’inchiesta della procura di Napoli assieme a tutta “the Family” per essersi preso una laurea a Tirana, in Albania. Tutto pagato con fondi della Lega, accertò il pm napoletano Henry John Woodcok (guarda un po’, un terrone con nome inglese). Non c’era reato da parte del Trota, ma emergeva lo schifo di un mondo politico moralmente corrotto fino al midollo. La corruzione come reato, quella è rimasta sempre la stessa. Alla festa dei trentanni del Trota non c’erano le belle gnocche meneghine dei bei tempi, mancava la signorina Nicole Minetti, quella che “briffava” di notte con Silvio Berlusconi al telefono e organizzava cene eleganti con altre belle di giorno soggiornanti all’Olgettina e pagate dal Cavaliere ragionier Spinelli un tanto al mese.

Renzo Bossi. Il Trota attacca Salvini

Il Trota non fa più parte di quel mondo, per ora un mondo finito di sotto, sparito almeno dalla luci della ribalta. Sembra passato un secolo e invece sono pochi anni. Renzo Bossi oggi si è fatto una nuova vita con i soldi del vitalizio del consiglio regionale della Lombardia, dove fu eletto grazie a papà e ne ha conservato stipendi e vitalizio che lo rendono un giovanotto senza problemi economici pur non avendo mai lavorato un minuto in vita sua. Renzo Bossi dice di lavorare nell’ azienda agricola “Tera nostra”. Una azienda messa su assieme al fratello, Roberto Libertà (mah!), a Brenta, alle porte di Varese. Per rendere la cosa credibile ogni tanto si fa fotografare tra vanghe, pale, zappe, vacche. Ma certo le foto più belle sono quelle tra i due asini del vecchio casolare di campagna che aveva prima di arricchirsi in Regione. La politica è sempre un suo pallino. Vorrebbe provare a capirci finalmente qualcosa. Ma pare sia davvero difficile ora che non c’è papà. È iscritto alla Lega, dice di essere “un semplice militante” ma non se lo fila nessuno. A stento riesce a rappresentare se stesso. Per usare un eufemismo, diciamo che non ama Salvini, ex portaborse del suo papà e oggi padrone della Lega. Basta fargli una domanda, anche la più banale, su che fine abbiano fatto i fondi (49 milioni) per cui il suo papà è stato condannato per truffa assieme all’ex tesoriere Francesco Belsito, e lui parte in quarta con allusioni, dichiarazioni al vetriolo e qualche cosa di sensato contro Salvini.
“I fondi? Io so soltanto che quando se ne sono andati papà e il cassiere, in cassa i soldi c’erano, dopo sono arrivati altri”. Gli altri sono prima Roberto Maroni e poi Matteo Salvini. Che cosa vuole fare da grande in politica il Trota? Ha da prendere una decisione. Lasciare la Lega prima che lo espelle Salvini o andarsene prima e aderire al “Grande Nord”, il movimento politico nato per proseguire le istanze originarie del Carroccio bossiano, quelle teorizzate da Gianfranco Miglio: difesa della Padania e tre macro-regioni, lo Stato federale e l’ortodossia di Pontida. Così gliel’hanno spiegata la cosa e lui, il Trota, pare che ci sta. Chi è l’attuale fondatore e presiedente del “Grande Nord”? È Roberto Bernardelli ovvero il proprietario dell’hotel Cavalieri, il luogo dove Renzo e qualche don Abbondio della Lega, vanno a dormire e a mangiare. Probabile che la cena di compleanno il Trota l’abbia attraversata indenne, senza aver mai visto lo scontrino fiscale.

Advertisement

Politica

Detrazioni o assegni, governo a lavoro sulla famiglia

Pubblicato

del

Sostegno alla famiglia e ai ceti medi. Sono le due priorità alla quali il governo lavora in vista della predisposizione della manovra. E per le quali è caccia alle risorse nelle pieghe del bilancio ma anche attraverso uno strumento come quello del concordato preventivo che, nelle intenzioni della maggioranza, verrà reso “ancora più attrattivo”, attraverso lo strumento del decreto omnibus, in discussione al Senato. Dipenderà proprio dal gettito che porterà questo strumento il destino del taglio delle aliquote Irpef che il governo vorrebbe fortemente e che viene quantificato tra i 2,5 e i 4 miliardi di euro. Per portare l’aliquota dal 35% al 33% sui redditi fino a 50mila euro – calcola il viceministro Maurizio Leo – servono 2,5 miliardi, mentre il conto sale a 4 miliardi se il beneficio fiscale viene esteso fino a 60mila euro, ora tassati al 43% nell’ultima tranche di reddito. Ma oltre ai ceti medi si punta anche sul sostegno alla natalità. “L’obiettivo – spiega Leo – è venire incontro alla famiglia. Questo è un tema prioritario”.

Con una doppia possibilità allo studio: il governo, spiega Leo, vuole “favorire le detrazioni per la famiglia e la natalità. Ci sono diverse strade: o potenziare l’assegno unico o introdurre detrazioni specifiche per i figli, perché adesso la detrazione c’è dopo i 21 anni”. Due opzioni allo studio, dunque, per un pacchetto che viene stimato tra i 5 e i 6 miliardi. L’assegno unico potrebbe essere rimpinguato ma è difficile ipotizzare, si spiega dalla maggioranza, l’introduzione di una soglia di reddito che andrebbe a cambiare del tutto la misura di tipo universalistico. Altro discorso, sul quale si starebbe ragionando, invece, è quello di escludere l’assegno dall’Isee per evitare un ricasco su altre possibili agevolazioni. Un’altra strada è invece quella dell’introduzione di detrazioni per scaglioni di reddito.

La soluzione, in ogni caso, dipenderà non solo dalla fattibilità tecnica ma anche dalle risorse a disposizione per una manovra viene quotata tra i 23 e i 25 miliardi. Il primo step per capire quanto la coperta potrà essere ampia sarà quello del Psb: il piano che indicherà riforme e investimenti della traiettoria settennale per l’aggiustamento del bilancio. Il piano dovrebbe essere illustrato dal ministro Giancarlo Giorgetti nel Consiglio dei ministri di martedì prossimo anche se servira ancora del tempo. Soprattutto servirà la revisione dei dati macro che l’Istat ha in programma per il 23 settembre, dopo di che verrà definitivamente ultimato per il varo in Cdm. Poi ci saranno, come spiegato in capigruppo dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, una decina di giorni per l’esame parlamentare e verrà inviato a Bruxelles entro la prima decade di ottobre. “E’ davvero importante – ha ricordato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe al termine della riunione di oggi – che i piani siano credibili e completi per garantire che realizziamo i due obiettivi di consentire alle nostre economie di crescere e anche di garantire che abbiamo finanze pubbliche stabili, sicure e solide”.

Una volta messo a punto il Psb sarà più chiaro su quante risorse si potrà contare anche per esaudire eventuali richieste dei partiti. Che rivendicano le loro misure bandiera oltre anche a fronte del pacchetto famiglia. Sul fronte detrazioni Noi Moderati chiede il raddoppio del tetto delle detrazioni scolastiche al 19% (attualmente è a 800 euro). Prioritaria per la Lega è la questione della flat tax mentre si mentre per Forza Italia resta centrale la conferma della rivalutazione straordinaria almeno al 2,5%. Gli azzurri insistono anche sul fondo per il caro affitti degli studenti fuori sede. Per capire quanta agibilità ci sarà sulle richieste che esulano dai filoni prioritari della manovra sarà però necessario attendere il varo del Psb.

Continua a leggere

Politica

Ursula vuole chiudere sulle nomine, il nodo deleghe

Pubblicato

del

Chiudere la lista dei nuovi commissari martedì prossimo per avere il nuovo esecutivo formalmente efficace dal primo dicembre, a meno di un mese dalle elezioni americane: Ursula von der Leyen, in queste ore, ha un solo obiettivo in testa. Centrarlo, tuttavia, resta non facile. Le incognite attorno ai portafogli da assegnare ai vari commissari restano diverse, il Parlamento sloveno continua a tenere in sospeso il via libera al candidato di Lubiana, e le formazioni del centro e del centro-sinistra sono pronte ad una battaglia senza esclusione di colpi per dire la loro.

“Da qui a martedì è lunga, soprattutto se si parla di politica”, sono le parole con le quali, il portavoce della Commissione Eric Mamer, ha riassunto i mille dubbi che attanagliano i vertici di Palazzo Berlaymont. Lo stesso Mamer, invero, ha spiegato tuttavia che von der Leyen è “determinata” nel rispettare la scadenza prefissata. Martedì, a Strasburgo, vuole presentare la sua squadra al Conferenza dei presidenti, e poi illustrare le sue scelte alla stampa. Lunedì in un ultimo round di incontri con i gruppi della maggioranza, proverà a puntellare il suo castello. Con il rischio che una pedina sbagliata potrebbe far saltare tutto, in un quadro nel quale i rapporti tra il Ppe e gli altri gruppi filo-Ue – Socialisti, Liberali e Verdi – sono tornati ad essere a dir poco traballanti. “I Socialisti non sono mai stati così deboli, bocciare i candidati sostenuti dal Ppe potrebbe trasformarsi in un boomerang”, ha avvertito il capodelegazione di FI Fulvio Martusciello. Il primo vero ostacolo davanti a von der Leyen si annida invero non a Roma, ma nella piccola Slovenia. Nel Paese carsico il cambio di candidato deciso dal primo ministro Robert Golob ha innescato una rivolta politica bipartisan.

L’accusa, trasversale, è che sia stata von der Leyen a costringere Golob a far ritirare Tomaz Vesel sostituendolo con Marta Kos, in nome dell’equità di genere. La commissione parlamentari per gli Affari Esteri e Ue, che era chiamata a votare Kos, non è stata neppure convocata. Gli europarlamentari sloveni di Sds – forza che fa capo all’ex premier populista Janez Jansa ma che è dentro al Ppe – hanno annunciato che non voteranno per la candidata e hanno chiesto accesso ai documenti della Commissione e del governo sloveno relativi alle procedure di candidature. E l’ex diplomatica Marta Kos è stata accusata di aver collaborati con i servizi segreti iugoslavi. Von der Leyen, di fronte allo stallo sloveno, potrebbe andare comunque sulla sua strada, forzando la mano e presentando ugualmente la lista, con il nome di Kos al suo interno. Ma sarebbe una mossa che non distenderebbe il clima attorno alle nomine europee. Nomine sulle quali le deleghe da assegnare restano avvolte in una nube di incertezze. Le vice presidenze esecutive dovrebbero essere sei, come anticipato, e andare a Thierry Breton, Teresa Ribera, Valdis Dombrovskis, Raffaele Fitto, Maros Sefcovic, Kaja Kallas.

Del sestetto il più debole è Sefcovic, commissario uscente di lunga esperienza e apprezzato a Bruxelles, ma rappresentante di un Paese, la Slovacchia, che con il populista Robert Fico si avvicina a grandi passi alle posizioni orbaniane. Fitto potrebbe invece avere una delega diretta alla Coesione e al Pnrr, perdendo quella all’Economia, dossier che non è ancora chiaro se rientrerà in quelli sotto la sua vicepresidenza. Per l’Italia, in ogni caso, è importante che sotto l’ala di Fitto finisca una Direzione Generale (la dg Regio, ad esempio). Nel frattempo è stato Enrico Letta a spiegare che, se Fitto si mostrerà impegnato per l’Ue, dovrebbe avere “il più ampio sostegno possibile”: A Breton è in via di assegnazione il potente portafogli dell’Industria, a Ribera andrebbe la Concorrenza, a Dombrovskis l’Allargamento e il dossier della ricostruzione ucraina. Von der Leyen, per placare i Socialisti, dovrà assegnare gli Affari Sociali e le Politiche abitative ad un loro esponente, forse la romena Roxana Minzatu. Nel frattempo il gruppo S&D continua ad alzare la posta: l’ultima richiesta è quella di un commissario ad hoc allo Sviluppo.

Continua a leggere

Politica

Appalto ai fratelli di Emiliano, imbarazzo del governatore

Pubblicato

del

La gara d’appalto da 41mila euro affidata dal Consiglio regionale pugliese ad una società dei fratelli del governatore Michele Emiliano sta mettendo in imbarazzo il presidente della Regione Puglia. Nulla di irregolare, come tutte le parti si stanno affrettando a sottolineare, ma il caso è evidentemente politico. Lo ha ammesso lo stesso Emiliano questa mattina. “La società – ha spiegato – è stata invitata, in modo inopportuno, dal Consiglio regionale” per la fornitura di attrezzatura e “in maniera inopportuna” l’azienda “ha risposto alla richiesta di fornitura”. “Credo – ha tuonato Emiliano – che dal punto di vista formale sia tutto regolare, ma se la potevano risparmiare sia gli uni che gli altri. Mettere in difficoltà il presidente è una cosa che si doveva evitare, sono dispiaciuto ma non è successo nulla di drammatico”.

Al centro dello scontro politico c’è un affidamento diretto da 41mila euro destinato all’acquisto di arredamento per l’area relax e la biblioteca del Consiglio regionale. Unica azienda invitata a partecipare quella dei fratelli di Emiliano, la Emiliano srl, che si è aggiudicata la gara con un ribasso dell’1%. La procedura è stata già verificata e, secondo gli uffici del Consiglio regionale, risulta essere conforme alla normativa. Nessun illecito, quindi. Ma, come sottolineato dal governatore, resta l’opportunità. La gara ha messo evidentemente in difficoltà il presidente della Regione: “L’impudenza di Michele Emiliano – ha attaccato il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto – ha toccato il fondo. Confidare, o meglio pretendere che qualcuno possa credere che lui non fosse a conoscenza dell’aggiudicazione ai fratelli della fornitura di arredi, avvenuta sotto il suo naso, significa chiedere ai pugliesi di credere alla fata turchina”.

Anche il gruppo di FdI si chiede se sia “mai possibile che tutti scendano dal pero?”. Possibile, insistono, che venga “fatta una ricerca di mercato chiamando a partecipare l’azienda di famiglia del governatore, tenuto conto che la società si chiama proprio Emiliano srl?”. Per i consiglieri regionali di Forza Italia si tratta di “una pagina imbarazzante, con diversi profili di inopportunità”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto