Otto o nove grammofonini d’oro. Tanti saranno quelli consegnati durante la trasmissione televisiva della cerimonia dei Grammy Awards. Gli altri premi, in tutto una settantina, saranno assegnati, nel pomeriggio, durante il segmento della manifestazione non trasmesso in diretta. La sera del 10 febbraio a Los Angeles, la notte del lunedì per l’Italia, si sapranno dunque i nomi di chi ha creato la miglior musica del 2018 secondo i membri della Recording Academy, che quest’anno ha deciso di elevare da cinque a otto il numero dei candidati ai premi più importanti. La misura, presa per ottenere più diversità fra i candidati, ha ottenuto anche un altro risultato: non ci sono particolari favoriti nella categoria principale, album dell’anno, che vede nominati i dischi country di Kacey Musgraves (Golden Hour), e Brandi Carlile (By the Way, I Forgive You), i successi hip hop di Drake (Scorpion) e Post Malone (Beerbongs & Bentleys), le melodie R&B e pop di Janelle Monae (Dirty Computer), Cardi B (Invasion of Privacy) e H.E.R., in gara con l’omonimo album e, infine, la colonna sonora di Black Panther di Kendrick Lamar. Per lui è il quarto anno consecutivo in nomination nella categoria migliore album. In passato non ha vinto e forse potrebbe essere l’anno buono per il rapper di Compton che lo scorso anno ha ottenuto addirittura il Pulitzer per la sua musica. Nella categoria Record dell’anno c’è chi vorrebbe vincente Cardi B, in grado, con il suo successo latin-pop I Like It, di unire generazioni di ascoltatori e inviare un chiaro messaggio politico, ma la vittoria andrà probabilmente a Lady Gaga, con il suo Shallow, che fa parte della colonna sonora di A Star is Born e che potrebbe anche vincere il grammofonino per la canzone dell’anno.
Lady Gaga
Adele, Sam Smith, Lady Antebellum e the Dixie Chicks sono i casi, negli anni passati, di vittoria di entrambe le statuette, la cui differenza e’ piuttosto tecnica: record dell’anno è il riconoscimento che premia la performance e la produzione, Song of the year premia invece il testo e la musica di una canzone. Molta incertezza per il premio al miglior nuovo artista, dove concorrono il duo Chloe x Halle, i cantanti country Margo Price e Luke Combs, la rock band dei Greta Van Fleet, H.E.R., Dua Lipa, Bebe Rexha e Jorja Smith. L’inserimento della band dei Greta Van Fleet sembra quasi uno sforzo, da parte dei membri della Record Academy, per non lasciare la categoria del quasi desueto Rock completamente al di fuori dei premi più importanti. Maggior chance di vittoria ha invece la ventunenne Gabriella ‘Gabi’ Wilson, meglio conosciuta con il nome artistico di H.E.R. (acronimo di Having Everything Revealed). Un indicatore preciso del suo vantaggio e’ l’inserimento del suo album fra i migliori dell’anno. L’edizione numero 61 dei Grammy Awards e’ stata caratterizzata dalla preannunciata defezione di molti artisti: Drake, Kendrick Lamar, Childish Gambino e Ariana Grande, invitati ad esibirsi sul palco durante la diretta, hanno rifiutato l’offerta, Ariana Grande in aperta polemica con il produttore, Ken Ehrlich, che ha apostrofato come bugiardo, dopo che questi aveva dichiarato che, al termine di vari tentativi di accordo, Ariana ritenesse che fosse tardi per “mettere qualcosa insieme per lo show”. In un Twitter e’ arrivata la piccata risposta dell’artista: “Ho tenuto la bocca chiusa ma ora stai mentendo – ha scritto la Grande, rivolgendosi direttamente al produttore – Io posso mettere insieme uno spettacolo in una notte e tu lo sai, Ken. E’ stato quando la mia creatività e la mia capacità di espressione sono state compromesse che ho deciso di non esibirmi”. La presentatrice di questa edizione, in diretta su CBS a partire dalle 17 (le due della notte fra domenica e lunedi’ in Italia) sarà Alicia Keys.
Due bandiere sul palco del Petruzzelli di Bari: Riccardo Muti e i Berliner Philharmoniker, alla loro prima esibizione in Puglia dal 1882. Un evento storico e simbolico, trasmesso in 80 Paesi, che ha celebrato l’unità culturale dell’Europaattraverso la musica. A raccontarne il senso profondo è lo stesso Muti in una intervista concessa al Corriere della Sera.
«Questo concerto non è solo musica, è una visione d’Europa»
Per il Maestro, il “Concerto per l’Europa” va oltre la bellezza musicale: «Non è un’esibizione di forza, ma un simbolo di ciò che l’Europa potrebbe essere se fondata sulla cultura. Come la immaginava Federico II, il “Puer Apuliae”, che scelse di vivere in Puglia e la rese un centro di cultura e bellezza».
L’omaggio a Puglia e alla Scuola napoletana
Muti sottolinea il legame storico della Puglia con la musica: «Piccinni, Paisiello, Traetta, Mercadante: tutti pugliesi che hanno influenzato la Scuola napoletana. La mia prima volta al Petruzzelli? Avevo tre anni, con i miei genitori ad ascoltare Aida».
«Il San Carlo ha dimenticato il suo passato»
Parlando dei progetti futuri, Muti auspica che l’anniversario di Piccinni sia anche un’occasione di riflessione per il San Carlo: «C’è stato molto opportunismo nel ricordare Roberto De Simone. Servirebbe una memoria culturale più autentica».
Il suono dei Berliner e il peso della tradizione
«Il suono di un’orchestra cambia con il direttore, ma resta l’identità. Quello dei Berliner è ancora segnato da Karajan e Furtwängler, potente e inconfondibile. Come accade per i Wiener o per le voci di Callas e Pavarotti».
L’Europa dei cori e delle bande
Alla musica come strumento di unità Muti dedica parole sentite: «Cantare è di chi ama, diceva Sant’Agostino. A giugno, al Ravenna Festival, 1.250 coristi canteranno Verdi per imparare ad armonizzare, a cercare insieme la bellezza e il bene comune».
E sulle bande musicali: «Sono la vera voce del popolo, strumenti di cultura per la provincia dimenticata. Io stesso ho imparato ad ascoltare con loro, a Molfetta. Oggi, quando partecipo alle feste patronali, la prima cosa che faccio è ascoltare la banda. È lì che si custodisce il cuore della musica».
«Il mio sogno? Sfilare con la confraternita di Molfetta»
Muti racconta con commozione la sua recente partecipazione alla processione dei Misteri: «Mi hanno nominato membro onorario dell’Arciconfraternita di Santo Stefano. Vorrei sfilare con loro, perché lì la gente dimentica le divisioni, si unisce nel rito e nel Mistero».
Una mattinata di festa immersi nelle sonorità inimitabili dei Berliner Philharmoniker diretti da Riccardo Muti ma anche un’occasione per riflettere sull’unità dell’Europa fondata “sulla comunione culturale e spirituale”. E’ cominciato così il primo maggio a Bari, città scelta quest’anno dai Berliner per la tradizionale celebrazione della loro fondazione, avvenuta il primo maggio del 1882 e che ogni anno l’orchestra festeggia in una località diversa. Quest’anno è toccato al teatro Petruzzelli ospitare l’Europakonzert, “ma questo concerto – ci ha tenuto a sottolineare Muti dal podio – non è solo un omaggio alla città di Bari e alla Puglia, ma è un segnale importantissimo di cosa può e deve essere l’Europa, una comunione culturale e spirituale”. “La venuta di questa orchestra qui a Bari – ha aggiunto – è un segnale importante e questo è un progetto per l’Europa”.
Muti l’aveva detto anche il giorno prima, durante la prova generale aperta studenti e insegnanti di scuole musicali e utenti e operatori del welfare comunale, “ma – ha ribadito al concerto ufficiale – lo sto dicendo da anni e spero che tutti, non solamente in questa regione, si rendano conto di cosa significa la presenza dei Berliner Philharmoniker a Bari”. Nel teatro sold out da tempo per l’evento, con il pubblico emozionato ed entusiasta Muti ha ricordato la grande “comunione con la Germania” simboleggiata anche dalla prolungata presenza in Puglia “dell’imperatore Federico II, imperatore di Germania, che decise di vivere la maggior parte del suo tempo qui in Puglia dove veniva chiamato Puer Apuliae”.
“E questa comunione – ha detto ancora – oggi è un simbolo di cosa possa essere l’Europa come la concepiva Federico”. “Questo connubio – ha aggiunto – oggi più di ieri ha un significato profondo e deve celebrare l’Europa comune”. Non a caso, infatti, Muti ha scelto un repertorio per metà italiano, con l’overture dal Guillaume Tell di Gioacchino Rossini e Le quattro stagioni da I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, e per metà tedesco con la sinfonia n.2 in Re maggiore, op. 73 di Johannes Brahms. L’obiettivo di Muti, è trasmettere tramite la musica l’ importanza di costruire “un ponte basato su radici culturali comuni”. In sala, oltre al sindaco di Bari, Vito Leccese, e al presidente della Regione, Michele Emiliano, anche l’ambasciatore di Germania, Hans Dieter Lucas. Al termine del concerto, Emiliano ha donato il sigillo d’oro di San Nicola al maestro Muti, all’ambasciatore Dieter Lucas e alla general manager dei Berliner Andrea Zietzschmann.
E’ partito dalla sua cameretta di Acerra, fino alla firma con Columbia Records, dopo essere stato il primo in Italia a raggiungere il miliardo di streaming su Spotify con una traccia originale, ovvero “Get you the moon”. Parliamo di Kina, giovane artista campano presente da qualche giorno su tutte le piattaforme musicali con il nuovo EP, “Wish I Could Go Back”. “Acerra – racconta Kina – non rappresenta solo il luogo da cui provengo, è anche il cuore della mia musica. Crescere in provincia ti insegna ad avere fame, quella vera, non materiale, ma esistenziale. È un fuoco che arde silenzioso, ti accompagna ogni giorno e ti spinge a immaginare mondi più grandi, anche quando sei chiuso in una cameretta con soltanto le cuffie e un computer. Ogni suono che scelgo, ogni atmosfera che creo, porta dentro di sé un frammento di quella realtà: le strade, le voci, i silenzi della mia città. Acerra è ancora il posto dove torno ogni volta che ho bisogno di sentirmi vero. È lì che ho imparato ad ascoltare prima ancora che a produrre. Le emozioni vissute lì sono diventate canzoni, e credo che la gente riesca a connettersi con questo sentimento proprio per questo. Anche se oggi collaboro con artisti da tutto il mondo, Acerra è il mio punto zero e rimarrà sempre casa”.