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Istituto Zooprofilattico, Limone: facciamo 700 tamponi al giorno grazie all’aiuto gratis di un laboratorio privato, e allora?

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No alle polemiche, sì ad una strategia integrata di approvvigionamento. Ecco come l’Istiuto Zooprofilattico di Portici fa 700 tamponi al giorno. Rispondono così alle polemiche di queste ore sui rapporti con un laboratorio privato, sulle collaborazioni in tempi di epidemia.

Come siete riusciti a compiere questo sforzo?
In una crisi sanitaria dalle conseguenze senza precedenti, in cui ogni giorno ci ritroviamo a compiere scelte difficili a  tutela del più alto diritto alla Salute, scopriamo questa mattina che non è solo dalla minaccia invisibile di un virus che dobbiamo difenderci, ma anche da chi mistifica, gettando ombre sul nostro operato.
Da dove nasce la sua amarezza?
L’IZSM, in quanto ente di sanità pubblica, è dotato di un laboratorio di bio-sicurezza di livello 3 , dotato di macchine per l’estrazione e l’indentificazione di RNA dei virus e, come tutti i laboratori italiani ed europei, deve ricorrere per le forniture del materiale di consumo alle ditte che producono queste tecnologie.  Questi approvvigionamenti, in condizioni normali, sono garantiti senza problemi.  Con l’esplosione dell’emergenza da Covid-19 è partita la corsa selvaggia per accaparrarsi i  kit per le analisi dei tamponi ed i macchinari. Il mercato è andato in sofferenza perché  in tutto il mondo c’è bisogno di questi strumenti e la Campania, così come le altre regioni d’Italia, sta facendo i conti con un grave problema di approvvigionamento.  Intuendo che si sarebbe andati incontro ad una carenza di  reagenti e di macchinari e, visto il protrarsi dei tempi di attesa degli ordini, l’IZSM già alcune settimane fa ha adottato una precisa strategia, rivolgendosi alla AB-Analitic, azienda italiana dalla quale avevamo già acquistato i macchinari mesi fa per condurre altri studi clinici e screening regionali quali l’HPV ed altre attività.

E allora?
Le spiego: la AB-Analitic, ha in dotazione le macchine con le quali riesce in maniera dinamica a creare dei kit di estrazione anche per virus nuovi, consentendo di effettuare 800 analisi di tamponi al giorno.  Abbiamo quindi ottenuto la consegna di tutte le macchine che gìà avevamo comprato precedentemente e ci siamo assicurati la fornitura di kit, ma dovevamo individuare un laboratorio dove metterle in funzione. In pochissimo tempo abbiamo preparato un protocollo d’intesa con Ceinge e ASL di Salerno che individuava nel laboratorio di classe tre dell’Ospedale di Eboli la sede di destinazione del macchinario e per condurre attività diagnostica per i tamponi e per l’ attività di ricerca su un farmaco.
Ottenuto un consenso formale del direttore Iervolino abbiamo sollecitato, non senza difficoltà, la consegna del materiale acquistato e nel  frattempo, il 24 marzo, quando la macchina è arrivata, non avendo avuto più riscontro dall’ASL di Salerno in relazione alla firma della convenzione per l’utilizzo condiviso del laboratorio dell’ospedale di Eboli, abbiamo dovuto fare altro.

E cioè?
L’emergenza non conosce i tempi della burocrazia e noi, con le macchine ed i kit fermi sui furgoni, non potevamo attendere oltre. Abbiamo incassato, pertanto, la disponibilità del laboratorio AMES, che  già in virtù di una gara europea si era aggiudicato, nel dicembre 2019, i servizi delle attività di analisi indetta dall’izsm nel settembre dello stesso anno. Aggiungiamo che nelle more del contratto che si è sottoscritto a marzo, dopo le opportune verifiche amministrative, abbiamo ricevuto da AMES la disponibilità gratuita degli spazi per l’emergenza covid-19.

Da qui nasce la notizia che l’izs del Mezzogiorno utilizza un laboratorio privato?
Un Laboratorio privato che a titolo gratuito ci offre solo la struttura però. Ma certo non abbiamo lavorato in modo clandestino perché abbiamo inviato, preventivamente,  tutte le comunicazioni dovute al Ministero della Salute e alla Regione Campania. Quindi le macchine sono state consegnate al laboratorio Ames di Casalnuovo con una importante precisazione, però, che l’IZSM ha eseguito gli esami lì con proprie macchine, con propri kit e materiali di consumo e con il proprio personale specializzato.

Ames che cosa ci guadagna però in questa storia?
Niente nemmeno un centesimo.

Non c’è niente di strano in questo rapporto?
Bah? Mi piacerebbe qualcuno lo spiegasse.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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