La tragedia di Crotone, con decine di morti (parecchi bambini) e molte (troppe!) decine di dispersi aggiunge un altro doloroso tassello a una tragedia annunciata mille volte, di proporzioni epocali. Da cui la politica continua a fuggire. La politica migratoria europea, anzitutto, che non trova posto alcuno nella inspiegabile cornice bellicista che vede ormai Bruxelles più avanti di Kiev nel perorare la causa della “vittoria” ucraina, costi quel che costi. Al seguito, la politica migratoria italiana, praticamente inesistente e priva persino di elementari piani di soccorso in mare. Oscillante tra i due poli di un’inconsistente ma ostinato atteggiamento della destra [dovunque]:
a) Fermiamoli sul bagnasciuga
b) Fermiamoli sui luoghi di imbarco.
Nei primi due mesi del 2023, 14.000 migranti sono sbarcati sulle nostre coste. Una situazione del tutto insostenibile, anche per il carico di vittime che fa del Mediterraneo, il Mare Nostrum, un agghiacciante cimitero liquido, una vergogna dell’intera modernità opulenta e progressiva. Una situazione ingestibile così com’è, ma per rimuovere la quale nessuno sembra disposto a fare nulla. Neppure quando, come in questo caso, non di migranti “clandestini” si tratta, ma di “profughi”: il barcone che si è schiantato a 200 metri dalle coste calabre proveniva da Smirne, in Turchia, ed era carico di siriani e irakeni (guerra), afghani e iraniani (violenza repressiva).
Nel frattempo dalla Tunisia, terra di migranti, Paese intellettualmente vivo e politicamente sensibile, giungono notizie molto preoccupanti sulla deriva nazional-populista del Presidente Kaïs Saïed che si avvia a smantellare la democrazia. Misure repressive, arresti, fraseologie oscure su minacciosi poteri “interni ed esterni” che metterebbero in pericolo l’esistenza stessa dello Stato. La costruzione del “nemico”, è in pieno svolgimento. Il manuale della scrittrice turca Ece Temelkuran, “Come sfasciare un Paese in sette mosse”, è in pieno svolgimento.
Martedì scorso, il Presidente ha fatto sua una delle più note e insensate teorie cospirative: la “sostituzione etnica” della popolazione tunisina con quella subsahariana. Qualcuno, dice Saïed senza specificare chi, vuole alterare con l’invasione migratoria dall’Africa nera, il carattere arabo e islamico dello Stato tunisino. Inutile dire che subito si è scatenata una feroce caccia all’uomo: aggressioni e pestaggi squadristi, fermi di polizia, reclusioni arbitrarie, assalti a negozi di immigrati, sequestro di beni.
La Tunisia è un Paese ospitale di grande tradizione. Ha saputo integrare la diaspora spagnola al tempo della guerra civile, quando avvenne nella rada di Tunisi la consegna della Marina al potere franchista insediatosi a Madrid. Accoglieva tanti e tanti italiani, dalla Sicilia e altrove, prima della guerra. Nel chiuso del suo Palazzo di Cartagine, un professore di Diritto Costituzionale che pure aveva suscitato tante speranze al tempo della sua elezione, con fortissime pulsioni dispotiche, sta facendo di questa terra d’asilo un reclusorio caotico e violento. Dove trova nutrimento la malapianta del razzismo più becero: quello cromatico. Al quale, nulla potendosi imputare se non ragioni che gli stessi giovani tunisini adducono quando vengono in Italia e in Europa, si fa carico di eseguire, nientemeno!, un piano di distruzione identitaria.
Di vita animale, di vita vegetale, di vita umana. Il movimento migratorio è un dato di natura, un modo di essere-umani-sulla-Terra per riprendere il titolo di un celebre libro del geografo A. Berque, una necessità cosmica: non si può sopprimere, tanto meno per legge! Un giorno triste oggi per il Pianeta Migrante. Non sarà male ricordare che ciascuno di noi ne fa parte, in un modo o nell’altro.
Angelo Turco, africanista, è uno studioso di teoria ed epistemologia della Geografia, professore emerito all’Università IULM di Milano, dove è stato Preside di Facoltà, Prorettore vicario e Presidente della Fondazione IULM.
Era estate quando arrivò la telefonata che ogni cronista aspettava: La Dia, Direzione Investigativa Antimafia di Napoli aveva arrestato Francesco Schiavone, detto Sandokan, allora capo del clan dei Casalesi, una delle più potenti cosche criminali del Paese. 11 luglio 1998.
Ero stata nel covo di Carmine Alfieri, nel Nolano, dove il boss viveva in un rifugio dove si accedeva attraverso una botola e conservava nel frigorifero babà e salmone, non potevo mancare di entrare nel bunker del boss a Casal di Principe. Con gli uomini della DIA che era guidata da Francesco Cirillo arrivammo sul posto. Una delle tante case della zona.
Sottoterra, bisognava infilarsi in un cunicolo e poi c’era una specie di “vagoncino” che viaggiava su binari: così si arrivava al nascondiglio segreto di Sandokan dove lui dipingeva soggetti sacri e guardava film come il padrino. Fu così che si scoprì che nell’Agro Aversano il boss e i suoi compari, ma anche i suoi familiari, utilizzavano cunicoli e botole per incontrarsi e parlarsi. Qualche volta sottoterra, qualche altra volta passavano attraverso i sottotetti: in moltissime abitazioni, anche di insospettabili incensurati sono stati trovati piccoli bunker, locali nascosti anche ad occhi più esperti. Intercapedini ricavate nei ripostigli nelle cucine dove trascorrevano la latitanza i boss e i gregari.
Francesco Schiavone detto Sandokan. È stato il primo padrino dei casalesi a manovrare sindaci e piegare istituzioni agli interessi del clan
Il pentimento di Francesco Schiavone è una vittoria dello Stato: a 70 anni, e dopo oltre un quarto di secolo in carcere, dopo la decisione di collaborare con la giustizia di due dei suoi figli, anche Sandokan, barba e capelli grigi, stanco e invecchiato ha fatteli salto, Confermato dalla Direzione Nazionale Antimafia. Adesso sarà interessante capire quello che potrà raccontare: dall’affare rifiuti che aveva il suo epicentro proprio nell’Agro Aversano ai collegamenti con gli imprenditori anche del Nord; dagli affari con i colletti bianchi, con i politici non solo locali (nel ’90 era stato arrestato a casa di un sindaco della zona) ai rapporti e alle connivenze in mezzo mondo, ed anche i collegamenti, veri o presunti, con i terroristi, quelli di Al Qaida e non solo. Insomma potrebbe esserci un nuovo terremoto giudiziario se davvero decidesse di vuotare finalmente il sacco, senza se e senza ma, e questo anche se gli anni sono passati e di molte vicende si è ormai quasi perso il ricordo. Adesso bisognerà anche capire quali familiari andranno in località segrete: sua moglie Giuseppina, insegnante, per esempio lo seguirà?.
Il primo della famiglia pentirsi fu suo cugino Carmine Schiavone: non dimenticherò mai la giornata trascorsa a girare per Casal di Principe per cercare di parlare con sua figlia che non aveva voluto seguire il padre, anzi. Pioveva, nessun per strada, incontrai Giuseppina che aveva scritto una lettera suo padre per dirgli la sua disapprovazione per aver deciso di collaborare con la giustizia.. Non volle venire in macchina con me e la troupe e allora la seguimmo, un lungo giro fino a casa dove nonostante un piccolo camino acceso faceva tanto freddo. Con quella storia aprimmo il TG5. Nulla faceva pensare che proprio Francesco Schiavone si sarebbe deciso a collaborare. Ma il clan decimato, tra arresti e omicidi tra le fazioni, la lunga detenzione, un tumore diagnosticatogli alcuni anni fa, hanno probabilmente fiaccato il vecchio boss. E adesso tanti misteri forse potranno essere chiariti.
L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.
Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.
L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.
Un periodo pasquale sotto il segno dello Scirocco, il vento caldo proveniente da Sud-Est. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, conferma un periodo molto particolare sul nostro Paese. Lo Scirocco colorerà i nostri cieli di giallo, ocra o arancio trasportando in quota tanta ‘sabbia del deserto’: si tratterà di pulviscolo – o più precisamente silt o limo – che ricadrà poi con la pioggia o con la neve verso il suolo; come successo già negli ultimi giorni, troveremo un pezzo di Sahara sulle nostre auto e sui nostri tetti, ma anche nella neve fresca in arrivo sulle Alpi: i fiocchi, insieme al limo sahariano, conferiranno al nuovo manto nevoso una colorazione tra il rosa ed il rosso, il noto fenomeno della ‘neve rossa’.
Questa neve, mescolata con il limo, fonderà più velocemente a causa del colore scuro che assorbirà più radiazione solare subendo un repentino riscaldamento diurno: nessun problema, durante il periodo pasquale cadrà sulle Alpi più di mezzo metro di neve fresca oltre i 1600-1700 metri. Lo Scirocco sarà anche protagonista di un forte aumento delle temperature, specie al Centro-Sud: nelle prossime ore saliremo a 4 gradi oltre la media del periodo, sabato a 8 gradi ed infine per la Pasqua ad un incredibile +12. In altre parole, l’ultimo giorno di marzo sarà associato ad un caldo estremo per il periodo, con oltre 32°C tra Sicilia, Calabria e Puglia! Ben 12°C oltre la norma climatologica.
Lo Scirocco causerà anche il fenomeno dell’acqua alta a Venezia, porterà abbondantissime nevicate tra Piemonte e Valle d’Aosta e renderà i mari agitati, in particolare l’Alto Adriatico, il Mar Ligure ed il Mar Tirreno. Insomma, saremo in balìa dello Scirocco per almeno 3 giorni, poi dalla Pasquetta i venti ruoteranno da Sud-Ovest (Libeccio, da Libia, nome sempre riferito a Zacinto). Entro lunedì vivremo lunghi momenti caldi e soleggiati, ma non sull’intero territorio italiano.
Le previsioni indicano bel tempo nelle prossime ore al Centro-Sud, qualche addensamento in più al Nord con fenomeni possibili sul Nord-Ovest, nevosi oltre i 1500 metri. Sabato il tempo peggiorerà ulteriormente sin dal mattino tra Piemonte, Valle d’Aosta ed Alta Lombardia per una perturbazione proveniente dalla Spagna: sono attese in giornata nevicate intense con oltre mezzo metro di neve fresca su queste regioni. Il maltempo in giornata interesserà anche la Liguria e, in serata, l’Alta Toscana, preambolo di una Santa Pasqua incerta al Nord.
Domenica 31 marzo, Pasqua e primo giorno con l’ora legale, vedrà infatti il passaggio di frequenti rovesci da ovest verso est sulle regioni settentrionali; in parte, verranno coinvolte da una maggiore instabilità anche le regioni centrali tra Alta Toscana e nord Marche, mentre al Sud avremo condizioni estive con oltre 30°C e un tempo asciutto seppur accompagnato spesso da un cielo giallognolo lattiginoso a causa della Sabbia del Deserto.
Lunedì dell’Angelo 2024, al momento, sembra decisamente instabile, ancora una volta, al Nord; anche al Centro, tra Toscana, Lazio e Sardegna non mancheranno acquazzoni mentre sulle Alpi continuerà a cadere, per tutto il periodo pasquale e fino a questo 1 aprile, tantissima neve come fossimo a Natale. Vivremo un’inversione delle festività: a Natale 2023 abbiamo avuto caldo e siccità, a fine marzo – inizio aprile ritroveremo l’inverno sulle nostre montagne alpine piene di neve.