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Intercettazioni, omissis sui dati dei non indagati

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Tassello dopo tassello, la riforma della giustizia della maggioranza assume contorni sempre più chiari. E ‘spaventa’ sempre di più le opposizioni. Dopo una prima abolizione dell’ abuso d’ufficio e una limatura sostanziale del traffico d’influenze, la Commissione Giustizia del Senato dice sì anche ad una nuova stretta sulle intercettazioni. Approvando, sempre con il sostegno di Italia Viva, l’emendamento presentato dal senatore Pierantonio Zanettin (FI) si vieta di trascrivere tutti “i dati che consentono di identificare soggetti diversi dalle parti”. Una norma che viene subito ribattezzata come ‘salva Salvini’ perchè, se fosse stata in vigore, il nome del ministro dei Trasporti non si sarebbe mai neanche affacciato nell’ inchiesta su Anas-Verdini. E se a questo, si aggiunge anche l’impegno preso dal governo, con l’ordine del giorno della Lega, di riscrivere la legge Severino evitando di sospendere il pubblico amministratore non colpito da sentenza di condanna definitiva, “si capiscono sempre meglio gli obiettivi” del ‘mosaico di norme targato Meloni’ che sono quelli, osserva il senatore M5S Roberto Scarpinato, “di colpire i magistrati impedendogli di fare le indagini”.

A questo proposito, le opposizioni criticano anche il fatto che, sempre in Commissione Giustizia del Senato, la presidente Giulia Bongiorno e il relatore Zanettin si siano detti favorevoli a introdurre nei decreti attuativi della riforma Cartabia, appena incardinati, anche la misura sui “test attitudinali per i magistrati”: una decisione sollecitata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, osteggiata, invece, dal ministro della Giustizia Carlo Nordio. L’esame del ddl che porta il nome del Guardasigilli, intanto, dovrebbe chiudersi entro giovedì (mancano circa 40 emendamenti all’appello) per arrivare nell’ Aula di Palazzo Madama entro fine mese. Anche se le polemiche sulla cancellazione dell’abuso d’ufficio non si placano. Con l’Ue che attacca, parlando di una proposta che “depenalizza un’importante forma di corruzione e può avere un impatto sull’efficacia della lotta” per contrastarla, e con il leader del M5S Giuseppe Conte che accusa l’Esecutivo di mandare “in fumo 3.600 sentenze di condanna passate in giudicato”. Critico anche il Pd che richiama all’ordine i suoi sindaci parlando di una possibile riforma alternativa alla cancellazione del reato che prevede, tra l’altro, anche l’esclusione della responsabilità erariale degli amministratori se non per dolo. “Cancellando l’abuso d’ufficio – incalza Andrea Orlando – rinunciano allo strumento per limitare ogni abuso di potere. Non solo da parte dei pubblici amministratori.

Ed è paradossale per partiti che si dicono liberali e che durante Tangentopoli sventolavano i cappi in Parlamento”. Il centrodestra, invece, plaude. Con i capigruppo di FI al Senato, Maurizio Gasparri e alla Camera, Paolo Barelli che si dicono contenti che non si diano “più innocenti in pasto alla stampa”. E soddisfatto è il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, che ricorda come una delle prossime proposte di modifica da esaminare (firmata sempre Zanettin) riguardi l’impossibilità di intercettare l’avvocato che parla con il cliente. Ma, per completare il quadro che si delinea con il mosaico di norme targato centrodestra, vanno ricordati, secondo il M5S, anche l’emendamento di Enrico Costa (Az) che, approvato alla Camera, vieta di pubblicare l’ordinanza di custodia cautelare sino all’ udienza preliminare e l’annuncio di Nordio di voler valutare “interventi legislativi” contro “le esternazioni dei magistrati”. Per non parlare del ddl, sempre al Senato, che disciplina il sequestro di smartphone e Pc per il quale il 23 gennaio è atteso il parere del governo. Oltre a quelli per l’elezione del Csm e per la riforma dell’ obbligatorietà dell’azione penale. “Tutti piccoli interventi sparsi – osserva Scarpinato – ma dagli effetti devastanti”.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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