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Afro-Napoli United, retromarcia del presidente Gargiulo: dialogo con le calciatrici che aveva cacciato. La procura indaga su pressioni indebite per coartare i diritti politici della Astarita

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Il rischio, ci si passi la battuta, è che scoppi la pace. La pace nella querelle tra le calciatrici e la società Afro-Napoli United. Il casus belli l’altro giorno. Nessuna calciatrice che scende in campo per protestare contro la società che aveva estromesso la calciatrice, capitana, Titty Astarita dalla squadra perchè aveva osato candidarsi in una formazione civica per le elezioni comunali a Marano. Una civica vicina a Salvini. Partito che non piace, legittimamente, al presidente. Partita persa a tavolino. La società che conferma l’esclusione dell’atleta che ha esercitato un suo diritto costituzionalmente garantito, candidarsi ad una competizione elettorale. E la società che addirittura dice di ritirare la squadra dal campionato colpevole di solidarietà alla compagna. Tutto questo è stato messo nero su bianco. La calciatrice Astarita è durissima, irremovibile. Davanti alle telecamere, parla di democrazia, costituzione, che siamo tutti uguali davanti alle leggi senza distinzioni di sesso, religione, razza, lingua, fede. Insomma la calciatrice-candidata impartisce lezioni di Costituzione al suo presidente che ritiene di essere a capo di una società sportiva che si fonda sui valori dell’antirazzismo.  La procura di Napoli promuove una indagine conoscitiva. Vuole capire fino a che punto sono scemenze calcistiche tipiche o se c’è qualcuno che in qualche modo “sta coartando con pressioni indebite i diritti politici” di qualcun altra. Insomma, non proprio sciocchezze. Niente di cui stare allegri o girare a cuor leggero.

Antonio Gargiulo. Presidente Afro Napoli United

Ora l’Afro-Napoli United, col presidente Antonio Gargiulo, fa una retromarcia. In un comunicato postato sui social, Gargiulo scrive che la sua società, “in accordo con i vertici della società sportiva, ha deciso di accogliere l’invito fatto dal Commissario della Federazione italiana gioco calcio Roberto Fabbrocini e dal Presidente della Lega Nazionale Dilettanti Cosimo Sibilia a far prevalere le ragioni dello sport e dichiara che Afro-Napoli United è aperta a un confronto con l’intera squadra di calcio a 11 femminile. Il presidente Gargiulo – è scritto ancora in questo comunicato ribadisce che l’Afro-Napoli United è portatrice di valori umani ed universali, noti e chiari a tutti e coerenti negli anni ed è solo e unicamente in virtù di questo che abbiamo chiesto a Titty Astarita di chiarire una situazione che ci ha creato un forte imbarazzo e dispiacere ma non abbiamo mai, ribadisco mai cacciato alcun tesserato. Crediamo che la contraddizione forte stia nella persona di Titty Astarita per le scelte che opera e che sono contrastanti tra loro, e non nella nostra squadra che ha come principio fondante l’antirazzismo e valori in contrasto evidente con quelli degli schieramenti politici legati a Salvini e seguiti dalla stessa Astarita”. Gargiulo mostra i muscoli, ma in realtà sta cercando una via d’uscita onorevole da una situazione difficile in cui si è cacciato per eccesso di protagonismo.

E infatti, sostiene, che “tuttavia siamo consapevoli che l’accaduto – prosegue Gargiulo – meritava una più attenta valutazione. Nel calcio accade che si agisca d’impulso, non deve però accadere che non ci si chiarisca e che ragioni di altro tipo prevalgano sulla condivisione dei valori dello sport e della solidarietà. Perciò stiamo ancora aspettando Titty Astarita e la squadra femminile che sin da venerdì scorso sono state invitate a un confronto, e che ora chiediamo avvenga alla presenza del Comitato Regionale della FIGC, per trovare una soluzione che vada bene per tutti”. Insomma Gargiulo, dopo aver capito di averla fatta grossa e di rischiare anche tanto, sotto il profilo anche penale, fa marcia indietro tutta e invita la squadra ad un confronto. Su che cosa, visto che apparentemente non è cambiato nulla? Le calciatrici hanno detto a Gargiulo “fuori la politica dallo sport”, Gargiulo da che sembrava irremovibile, ora vuole uscirne. Ovviamente, quale che sia la decisione di Gargiulo, delle calciatrici, ne esce con le ossa rotte lo sport e ne escono a pezzi quei valori di cui Afro Napoli United è portatore. Non si insegna l’antirazzismo usando metodi poco democratici. La Procura di Napoli lavora in ogni caso al caso. E la cosa non è proprio piacevole. Mentre la signorina Astarita, forse forte con i piedi, già che è capitana di una squadra di calcio, sembra molto ben compresa anche nel suo ruolo di politica politicante. E così, invece di allenarsi, come fanno le atlete, è oramai in campagna elettorale. E infatti salta da una tv all’altra, posa il microfono della troupe televisiva e ne imbraccia uno di una radio. Sta capitalizzando, non proprio diciamolo in maniera ingenua o genuina, l’eccezionale campagna elettorale gratis che il suo presidente gli ha servito a tavola. Insomma, il buon Gargiulo, ahilui, non volendo, sta lavorando per Salvini. A Marano di sicuro.

La squadra è stanca della guerra e della politica: “Siamo disponibili al confronto, ma bisogna dire la verità e smetterla con le minacce”

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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Rifiuta nutrizione artificiale,”ok a suicidio assistito”

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Si è sbloccato l’iter per l’accesso al suicidio medicalmente assistito della 54enne toscana, completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva, che aveva rifiutato la nutrizione artificiale: la Asl Toscana nord ovest ha dato parere favorevole. “E’ la prima applicazione della nuova sentenza della Consulta che ha esteso il concetto di ‘trattamento di sostegno vitale'”, afferma l’associazione Luca Coscioni a cui si era rivolta tempo fa la donna e che ne aveva reso noto il caso un mese fa. L’Azienda sanitaria, spiega oggi l’associazione, “ha comunicato il suo parere favorevole: la donna possiede tutti e 4 i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo) per poter accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia. Da oggi se confermerà la sua volontà, potrà procedere a porre fine alle sue sofferenze. La Commissione medica della azienda sanitaria ora aspetta di sapere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna, in modo da assicurare ‘il rispetto della dignità della persona’”. La donna aveva inviato la richiesta di verifica delle sue condizioni il 20 marzo e a causa del diniego opposto aveva diffidato l’Asl, il successivo 29 giugno, alla revisione della relazione finale con particolare riferimento alla sussistenza del requisito del trattamento di sostegno vitale, essendo totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone e avendo rifiutato la nutrizione artificiale con la Peg ritenendola un accanimento terapeutico.

Ora la revisione del parere della Asl “è avvenuta – rileva l’associazione – alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale 135 del 2024 che ha esteso l’interpretazione del concetto di ‘trattamento di sostegno vitale'”: fino a quest’ultima sentenza l’Azienda sanitaria “non riconosceva la presenza di questo requisito, in quanto equiparava il rifiuto della nutrizione artificiale all’assenza del ‘trattamento di sostegno vitale'”. I giudici della Consulta però “hanno chiarito che ‘non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali'”. “È la prima applicazione diretta della sentenza 135” della Consulta “che interpreta in modo estensivo e non discriminatorio il requisito del trattamento di sostegno vitale – dichiara l’avvocato Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio legale della 54enne -. La signora dopo mesi di attesa e sofferenze, con il rischio di morire in modo atroce per soffocamento anche solo bevendo, potrà decidere con il medico di fiducia quando procedere, comunicando all’Azienda sanitaria tempi e modalità di autosomministrazione del farmaco al fine di ricevere assistenza e quanto necessario. Le decisioni della Consulta, che hanno valore di legge, colmano il vuoto in materia dettando le procedure da seguire per chi vuole procedere con il suicidio medicalmente assistito”.

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