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In Francia vince Marine Le Pen le Europee per un soffio e già vuole “sciogliere il Parlamento”

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Per la seconda volta, alle europee il partito di Marine Le Pen arriva in testa. Nel 2014, con il 24,86% dei voti, diede il via al tracollo di Francois Hollande. Stavolta il distacco dal partito della maggioranza, La Republique en Marche, e’ piu’ contenuto (23-24% contro 22-23%) ma per la leader dell’estrema destra è la grande rivincita dopo la cocente sconfitta alle presidenziali. “Chiediamo questa sera lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale”, le sue prime parole. Il panorama politico della Francia, che ha fatto segnare un picco storico di partecipazione con un’affluenza al 52% (quasi il 10% in piu’ rispetto al 2014, un record dal 1994), appare profondamente modificato: la sconfitta di Macron e’ piu’ nella sostanza che nei numeri, avendo il presidente stesso scommesso molto della sua prima parte di mandato sulla sua visione di Europa, a cominciare dal discorso della Sorbona del settembre 2017. Sua la polarizzazione fra populisti-nazionalisti e progressisti, sua l’insistenza sull’obiettivo prioritario di battere Le Pen come punto di riferimento delle forze sovraniste. Risultato opposto anche nella scelta dei due capolista: il ventitreenne Jordan Bardella per il RN, sempre sicuro di se’ nonostante la giovane eta’, l’ex ministra Nathalie Loiseau per Macron, una scelta poco convincente fin dall’inizio. Sul podio, la sorpresa piu’ grande di queste europee francesi, i Verdi, che scavalcano la deludente destra dei Republicains e che con il voto giovane andato in massa ad un personaggio come Yannick Yadot diventano terza forza, quasi al 13%. E pongono la loro candidatura come nuova guida della gauche, che non affonda: se grande e’ l’amarezza dei seguaci di Jean-Luc Melenchon (La France Insoumise) – passati da terza forza alle presidenziali al rischio di non prendere seggi in Europa (6-7%) – si segnala l’inversione di tendenza dei socialisti: l’ex partito di Hollande arriva anche lui al 6-7%, grazie anche all’alleanza con il nuovo Place Publique di Raphael Glucksmann. Se l’estrema destra festeggia e chiede la testa della maggioranza, i conservatori tradizionali – ex neogollisti – non sembrano in grado di arrestare il loro declino: i Republicains sono stati scavalcati al loro terzo posto degli ultimi anni dai Verdi e si fermano all’8,3%. Per Laurent Wauquiez, il segretario che ha diviso da subito il movimento, non sembra esserci futuro. “Oggi ha vinto il popolo, che si e’ ripreso il potere”, ha esultato Marine Le Pen, che soltanto due anni fa, proprio in questi giorni, sembrava definitivamente ko dopo essere stata personalmente sconfitta da Macron in un dibattito tv che e’ rimasto nella mente di tutti i francesi. Da quelle ceneri, la Le Pen – contro le previsioni – ha saputo rilanciare il partito. Per Macron, dicono stasera diversi analisti, “sconfitta contenuta”. Anzi, l’Eliseo ha fatto notare che “mai nessun partito al potere aveva fatto segnare uno score cosi’ alto alle europee”. E, se decidesse di ripresentarsi nel 2022, l’avversario sarebbe ideale: di nuovo e sempre Marine Le Pen.

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Offensiva dell’Idf a Gaza, Hamas torna a trattare a Doha

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A Doha è arrivata l’ora più difficile. I negoziati indiretti tra Israele e Hamas possono mettere fine immediatamente alle sofferenze della popolazione di Gaza e dei 20 ostaggi vivi rinchiusi nei tunnel da 589 giorni, o crollare definitivamente, aprendo la strada all’offensiva di terra dell’Idf. Che porterebbe ancora più vittime e distruzioni nella Striscia, dopo le decine di morti contati negli ultimi due giorni e l’intensificazione dei raid israeliani che si appresta a lanciare l’operazione ‘Carri di Gedeone’. Le ondate di attacchi dei caccia di Tsahal nel nord e nel sud dell’enclave, che preparano il terreno per l’ingresso delle truppe, hanno suscitato forte preoccupazione e condanna internazionale.

A cominciare dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che chiede a Israele di fermare gli attacchi, alla Germania che teme per la vita dei rapiti e la catastrofe umanitaria nella Striscia, alle parole del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez che sollecita “la pressione su Gerusalemme affinché fermi il massacro a Gaza”. I leader arabi nella dichiarazione finale del vertice a Baghdad hanno esortato la comunità internazionale a intervenire per un cessate il fuoco e l’accesso degli aiuti umanitari al territorio palestinese. Le famiglie degli ostaggi nel pomeriggio di sabato hanno raggiunto il comando militare dell’Idf a Tel Aviv per protestare contro l’intensificarsi delle operazioni militari, poi in serata migliaia di persone sono scese per strada chiedendo il ritorno degli ostaggi in una piazza estremamente tesa dopo l’annuncio dell’esercito, poco prima della mezzanotte tra venerdì e sabato, dell’avvio dell’operazione ‘Carri di Gedeone’. Inizio che era già stato preannunciato come ultimatum a Hamas in coincidenza con la fine della visita del presidente Usa Donald Trump in Medio oriente.

Con una nota ufficiale il ministro della Difesa Israel Katz ha fatto sapere che “con l’avvio dell’operazione a Gaza, la delegazione di Hamas a Doha ha annunciato la ripresa dei negoziati per un accordo sul rilascio degli ostaggi, contrariamente alla posizione di rifiuto assunta fino a quel momento”. L’organizzazione fondamentalista ha confermato a Reuters la partecipazione a un “nuovo ciclo di colloqui” in Qatar. Secondo un alto funzionario di Hamas, Taher al-Nono, le parti stanno discutendo “di tutte le questioni, senza condizioni preliminari”. In un’intervista a Sky News, Bassem Naim, capo del dipartimento politico del movimento a Gaza, ha affermato che Hamas si dimetterebbe dal potere per raggiungere la pace. Secondo la tv egiziana Al-Ghad, il vero incontro cruciale a Doha avrà luogo tra l’alto funzionario di Hamas Khalil al-Hayya, responsabile dei negoziati per conto dell’organizzazione islamista, e il primo ministro del Qatar al-Thani. Una fonte a conoscenza dei dettagli sui colloqui ha riferito sabato sera al notiziario della Tv pubblica israeliana Kan che il negoziato “sta procedendo con slancio e che c’è la possibilità di una svolta nelle prossime 24 ore. Si sta discutendo del rilascio di dieci ostaggi immediatamente, in una sola volta, contemporaneamente all’inizio di un cessate il fuoco della durata di un mese e mezzo o due mesi.

Il decimo giorno dell’accordo, Hamas fornirà un elenco con lo stato degli ostaggi in suo possesso, sia vivi che morti. Inoltre, si discuterà della liberazione di circa 200-250 detenuti palestinesi, una questione che resta ancora da definire. Hamas insiste affinché gli americani forniscano garanzie più significative per una discussione sulla fine definitiva della guerra, anche se venisse concordato solo un cessate il fuoco parziale. “Netanyahu, hai un solo mandato: raggiungere un accordo per il ritorno di tutti gli ostaggi e porre fine a questa maledetta guerra. Se scopriamo che hai sabotato ancora una volta l’accordo, scateneremo una guerra totale contro il governo”, ha minacciato Einav Tsengauker, madre del rapito Matan.

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‘Mi ha minacciato di morte’, Trump accusa l’ex Fbi Comey

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Una criptica composizione di conchiglie su una spiaggia di sabbia bianca sta creando un putiferio nella politica americana. Principalmente perché la foto della scritta è stata postata da un ex direttore dell’Fbi e la persona che si è sentita direttamente chiamata in causa, anzi minacciata, è il presidente degli Stati Uniti. Se in più si considera che tra i due non corre buon sangue da anni, quello che sembrava un innocente post di inizio estate rischia di trasformarsi in un affare di Stato.

Tutto è nato giovedì scorso quando James Comey, ex capo dell’Agenzia che il tycoon ha silurato nel 2017 mentre stava indagando sulle presunte influenze della Russia nella vittoria di Trump alle elezioni dell’anni precedente, pubblica sul suo account Instagram l’immagine incriminata, un gruppo di conchiglie adagiate sulla battigia a formare ‘8647’ e sotto la scritta: ‘Curiosa formazione’. Passa qualche ore e alcuni sostenitori del presidente, nonché la segretaria per la sicurezza interna Kristi Noem, accusano Comey di aver lanciato una minaccia di morte contro il commander-in-chief sostenendo che il numero 86 sta per “uccidere” o “eliminare” e Trump è il 47esimo presidente americano. Ora, sul significato della sequenza ci sono pareri discordanti.

Il dizionario Merriam-Webster spiega che ’86’ è utilizzato al posto di “eliminare, disfarsi” di solito di vecchi arnesi o pentole in un ristorante, e deriva dal numero civico di un bar di New York durante il proibizionismo. Occasionalmente, si legge ancora nel vocabolario, può sostituire “uccidere” ma è un uso talmente raro che non può essere annoverato come significato ufficiale. Poi c’è chi fa notare che la sequenza è stata utilizzata per segnalare una protesta silenziosa contro Trump, come riportato dal sito Distractify a marzo, in alcuni video su TikTok e in aprile ad una protesta contro l’amministrazione. Sta di fatto che Comey ha negato di avere intenzioni bellicose e cancellato il post spiegando di “non essersi reso conto che alcune persone potessero associare quei numeri alla violenza. Non ci avevo mai pensato. Mi oppongo alla violenza di qualsiasi tipo”.

A The Donald, che nei confronti dell’ex direttore dell’Fbi ha il dente avvelenato da quasi dieci anni, la giustificazione non è bastata. “Sapeva esattamente cosa significava. Anche un bambino lo sa. Se sei il direttore dell’Fbi sai che significa assassinio”, ha attaccato il presidente in un’intervista a Fox New bollando Comey come un “poliziotto corrotto”. E così il Secret Service ha deciso di interrogare il funzionario venerdì, come ha annunciato su X Noem parlando di “un’indagine in corso”. “Continuerò a prendere tutte le misure necessarie per garantire la protezione del presidente Trump”, ha aggiunto la segretaria per la sicurezza interna. L’attuale capo dell’Fbi, Kash Patel, ha assicurato che la sua agenzia è in contatto con il Secret Service e “fornirà tutto il supporto necessario”, mentre la direttrice dell’Intelligence Nazionale Tulsi Gabbard, ha perfino chiesto il carcere per Comey accusandolo di aver messo in pericolo il tycoon proprio durante la sua missione in Medio Oriente.

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Cremlino, nuovi colloqui solo dopo lo scambio prigionieri

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La prosecuzione dei colloqui con l’Ucraina sarà possibile solo una volta completato lo scambio di prigionieri annunciato dalle due parti ieri a Istanbul. Lo ha affermato il Cremlino. “Ciò che resta da fare è quanto concordato ieri dalle delegazioni. Si tratta, ovviamente, principalmente di scambiare 1.000 prigionieri per 1.000”, ha insistito il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov (nella foto).

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