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Economia

Ilva verso il commissario, una storia senza fine

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La tribolata storia dell’acciaieria tarantina parte da molto lontano. Il 9 luglio 1960 la posa della prima pietra, nel 1961 l’avvio del Tubificio, il 24 ottobre 1964 l’attivazione del primo altoforno, il 10 aprile 1965 lo stabilimento fu inaugurato ufficialmente dal presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Era l’Italsider di Stato. 1989: la nascita di Ilva spa, che assorbe Finsider e Nuova Italsider, cosi’ definita nel 1983. 1995: e’ l’anno della privatizzazione. Il grande polo siderurgico di Taranto passa al Gruppo Riva.

2012: il 26 luglio il gip di Taranto Patrizia Todisco, nell’ambito dell’indagine denominata “Ambiente Svenduto”, firma le prime ordinanze di custodia cautelare e dispone il sequestro degli impianti dell’area a caldo. Il 3 dicembre viene approvato un decreto legge che autorizza la prosecuzione della produzione. 2013 – Nel mese di maggio il gip Todisco dispone un maxi-sequestro da 8 miliardi di euro sui beni e sui conti del gruppo Riva, poi l’ordinanza viene annullata dalla Corte di Cassazione. Il 4 giugno il Governo approva un decreto per la gestione commissariale. Enrico Bondi commissario, Edo Ronchi sub commissario. 2014: nel mese di marzo, il Governo approva il Dpcm contenente il Piano ambientale.

A maggio Piero Gnudi diventa nuovo commissario governativo al posto di Bondi e nell’agosto 2014 Corrado Carrubba prende il posto di Ronchi. 2015: nel mese di gennaio l’acciaieria passa in regime di amministrazione straordinaria. I commissari diventano tre: a Gnudi e Carrubba si affianca Enrico Laghi. 2016: il 4 gennaio il Ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi avvia l’iter per l’assegnazione ai privati dell’acciaieria. L’8 maggio si insedia il nuovo ministro Carlo Calenda. Il 30 giugno restano solo due cordate: Am Investco e Acciaitalia. 2017: il 6 marzo scade il termine utile per la presentazione delle offerte vincolanti. Alla cordata italiana si affianca il colosso siderurgico Jindal. Il 26 maggio i commissari straordinari propongono la cordata Am Investco. Il 5 giugno il ministro Calenda firma il decreto di assegnazione ad ArcelorMittal. 2018: al vertice del Mise arriva Luigi Di Maio. ArcelorMittal presenta l’integrazione al piano industriale originario. Il 6 settembre viene firmata l’ipotesi di accordo sulla cessione dopo una lunga trattativa con i sindacati. Le assunzioni partono l’1 novembre. 2019: il 3 novembre viene annullata l’immunità penale (introdotta per la prima volta con decreto nel gennaio 2015) e l’indomani ArcelorMittal deposita l’atto di citazione per recedere dal contratto di affitto e successivo acquisto dell’Ilva. 2020: il 4 marzo viene firmato un accordo tra i commissari Ilva e ArcelorMittal che prevede una trattativa per verificare le condizioni per la sottoscrizione di una nuova intesa sulla governance. Nel mese di dicembre ArcelorMittal e Invitalia firmano l’accordo. 2021: il 15 aprile, con il versamento della relativa quota, viene sancito l’ingresso di Invitalia nel capitale sociale di AM InvestCo Italy, con una partecipazione del 38% del capitale sociale.

La restante partecipazione del 62% resta in capo ad ArcelorMittal. Il gruppo viene rinominato Acciaierie d’Italia. 2022: il 31 maggio la fumata bianca tra i soci di Acciaierie d’Italia e i commissari dell’ex Ilva sull’accordo che prevede lo slittamento al 2024 della salita dello Stato al 60% della società siderurgica attraverso Invitalia. 2023: dopo un anno in cui i dati della produzione sono inferiori al previsto e nonostante i ripetuti tentativi ArcelorMittal e Invitalia non riescono a trovare un accordo nè sulla ricapitalizzazione nè sull’acquisizione degli impianti. 2024: tra il socio pubblico e gli indiani lo scontro è ormai aperto. Tra i nodi anche i pagamenti per l’indotto. Invitalia l’amministrazione controllata, che il governo potrebbe attivare prestissimo di fatto commissariando l’impresa alla ricerca di nuovi investitori.

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Economia

Bankitalia,commissari affiancano cda Banca Credito Popolare

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La Banca d’Italia ha nominato due commissari per affiancare i vertici della Banca di Credito Popolare evitando comunqueil loro azzeramento e lasciando la gestione agli organi aziendali dell’istituto di credito di Torre del greco (Napoli). In particolare, come spiega una nota, la Banca d’Italia ha “adottato una misura di intervento precoce”, disponendo “la nomina di Francesco Fioretto e Dino Donato Abate in qualità di Commissari in temporaneo affiancamento al Consiglio di amministrazione attualmente in carica, a far data dal 10 maggio 2024. I due Commissari coadiuveranno gli organi sociali nella realizzazione delle iniziative funzionali al pieno ripristino di un’operatività improntata ai principi di sana e prudente gestione”. “La gestione della Banca di Credito Popolare rimane affidata agli organi aziendali. Banca di Credito Popolare prosegue la propria attività”.

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Economia

Il Btp Valore chiude con una raccolta di 11 miliardi

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La quarta edizione del Btp Valore chiude con 11,2 miliardi sottoscritti da parte dei risparmiatori, che portano il totale del titolo riservato al retail, e lanciato nel giugno 2023, a una raccolta totale di quasi 65 miliardi. Abbastanza per validare la strategia di puntare sulle famiglie italiane nel finanziamento del debito pubblico, anche se con un fisiologico calo delle sottoscrizioni rispetto al record dell’emissione di marzo.

Nell’ultimo giorno di collocamento la domanda è stata pari a 970 milioni per 34.857 contratti, che portano la quarta emissione, iniziata lunedì 6 maggio, a 11,227 miliardi di euro e 384.295 contratti totali. A marzo il totale era stato di 18,316 miliardi, a ottobre 2023 17,19 miliardi e al debutto in giugno 18,191 miliardi. Un calo, quello delle sottoscrizioni dell’ultima emissione ‘speciale’, da mettere in conto vista la scadenza ravvicinata alla precedente, dettata probabilmente di sfruttare la finestra di opportunità di tassi di mercato ancora attraenti per i risparmiatori, che lo saranno di meno con l’approssimarsi della riduzione del costo del denaro da parte della Bce a giugno. La soglia che, a fine 2022, una volta superata aveva innescato la corsa dei risparmiatori a sottoscrivere titoli pubblici era il 3% del Btp triennale, che ora si sta riavvicinando a quel livello. Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva sottolineato il segnale di “fiducia” delle famiglie in vista della nuova emissione. “È un titolo che offre rendimenti interessanti, soluzioni interessanti con il pagamento degli interessi ogni tre mesi” – aveva detto Giorgetti – “il successo che abbiamo avuto fino a oggi testimonia questa fiducia. Questa è un’edizione straordinaria che non era prevista, ma vista la grande richiesta abbiamo deciso di replicare”.

L’aver superato i 10 miliardi, pur senza avvicinarsi al precedente record, rappresenta comunque un tassello della strategia che punta sul retail, rivendicata dalla premier Giorgia Meloni a gennaio, “auspichiamo che quelli che stanno messi un po’ meglio ci diano una mano a mantenere il debito italiano in mano italiana”. Per proseguire la strategia il Mef lavora dunque a costituire una curva di titoli dotata di sufficiente liquidità, una sorta di benchmark con obbligazioni che hanno il premio fedeltà (lo 0,8% del capitale investito per l’emissione appena conclusa) e lo step up: cedole che salgono nel tempo, nel caso dell’emissione di maggio dal 3,35% dei primi tre anni al 3,90% per gli ultimi tre. Tassi che offrono, rispetto all’emissione di marzo, qualcosa di più sul primo triennio (era 3,25%) e qualcosa di meno sui restanti tre anni (era 4%).

Una scelta – quella di pagare qualcosa in più in termini di rendimento, ma assicurandosi una platea di investitori aggiuntiva rispetto agli istituzionali – che visto il rientro delle prospettive d’inflazione costituisce una valida alternativa da offrire agli investitori retail rispetto al Btp Italia indicizzato all’andamento dei prezzi. E che aiuta in due direzioni: “dobbiamo rimettere gran parte del debito italiano in mani italiane”, aveva detto Meloni poche settimane fa. Più debito ai risparmiatori italiani vuol dire aver una base di investitori meno volatile – anche se più vulnerabile – se in futuro ci fossero scossoni. In secondo luogo, è un bacino in più cui attingere vista la mole imponente del debito da collocare quest’anno. Ben 360 miliardi di euro solo per il 2024, che da gennaio ad ora sono però già coperti per oltre il 40% grazie anche al contributo dei due Btp Valore collocati nel 2024 e, da ultimo, dell’emissione di Btp a tre, cinque, sette e 30 anni per oltre 9,25 miliardi.

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Economia

Imprese pronte a 1,6 milioni di assunzioni entro luglio

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Quasi 494mila assunzioni previste a maggio e in totale 1,6 milioni in tre mesi, fino a luglio: sono i contratti di lavoro che le imprese si dicono pronte a mettere sul piatto, anche in vista dell’estate. Una programmazione che, però, spesso continua a fare i conti con la difficoltà a trovare i profili richiesti: per il 48% dei posti disponibili già questo mese non è facile trovare candidati. Questo significa che circa 238mila posizioni rischiano di restare scoperte.

Lo scenario è delineato dall’ultimo Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Viaggia comunque su ritmi positivi la domanda di lavoro che risulta in crescita di circa 27mila unità rispetto a maggio 2023 (+5,8%) e di quasi 35mila sul corrispondente trimestre dell’anno scorso (+2,2%). Una crescita trasversale nel Paese, ma a fare da traino sono il Sud e le Isole che si presentano come l’area più dinamica con 140mila (+15mila, +11,9%) contratti attesi. Contratti che, nel complesso, sono di durata variabile: da oltre un mese al tempo indeterminato. La disponibilità di posti riguarda sia l’industria che in tutto programma più di 136mila entrate nel mese e oltre 410mila nel trimestre, sia le imprese dei servizi che sono alla ricerca di 357mila lavoratori a maggio e di circa 1,2 milioni fino a luglio.

E tra queste, complice l’avvicinarsi della stagione estiva, spicca la filiera del turismo: tra alberghi e alloggi in generale, bar e ristoranti, sono 119mila le opportunità lavorative offerte questo mese e 405mila nel trimestre maggio-luglio. Molte le offerte che arrivano anche dal commercio, con 69mila entrate programmate nel mese e 220mila nel trimestre. Ma i candidati non sempre sono disponibili. Resta infatti elevato il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: a maggio è difficile da reperire il 48,2% dei profili ricercati. Sono diverse le figure quasi introvabili, ma tra le più ricercate ci sono gli operai specializzati, fabbri, saldatori, elettricisti, e i tecnici, ad esempio nel campo della salute.

Tra tutti, al primo posto, come segnala il Borsino delle professioni, si piazzano gli operai addetti ai macchinari dell’industria tessile e delle confezioni (il 78,9% è di difficile reperimento). Invece tra le professioni scientifiche e con elevata specializzazione il primato spetta agli ingegneri (il 58,8% di quelli richiesti non si trova facilmente).

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