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Il Riesame conferma: ok al sequestro dei 49 milioni truffati da Bossi. Salvini pronto chiudere Lega

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Per il Tribunale del Riesame di Genova resta confermato il sequestro dei fondi della Lega. Accolto dunque il ricorso del capo della procura di Genova Francesco Cozzi sul sequestro dei fondi in relazione ad una colossale truffa ai danni dello stato, stimata in 49 milioni. Ai tempi in cui il leader secessionista duro e puro della Lega era Umberto Bossi, lui e il suo entourage, avrebbero ottenuto fondi per rimborsi elettorali non dovuti dal 2008 al 2010 il cui importo ammonta a 49 milioni. Soldi truffati per cui sono stati condannati in primo grado Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito e tre ex revisori dei conti. Soldi, i 49 milioni di euro, che lo Stato vorrebbe incamerare di nuovo ma che non trova più. La Lega, infatti, è in bolletta. Non ha soldi. Al momento gli unici sequestri effettuati dalla Guardia di Finanza di Genova su ordine della Procura ammontano a poco più di  3 milioni. Altri cinque milioni sono ancora nelle casse del partito di Matteo Salvini e la Procura vuole capire se può sequestrarli. Senza quei soldi la Lega chiuderebbe i battenti e si aprirebbe una questione politica enorme: può un magistrato chiudere un partito? La giustizia, invece, dice altro: c’è una sentenza di condanna e va eseguita.


I difensori della Lega, ora, quasi sicuramente impugneranno  la decisione per ricorrere ancora in Cassazione. Era stata proprio la Cassazione ad aprile a rinviare al Riesame il caso dopo aver accolto la richiesta della Procura di poter sequestrare fondi del Carroccio, oltre a quelli già trovati. I difensori del Carroccio avevano presentato una consulenza “per dimostrare che i soldi che la Lega ha in cassa ora sono contributi di eletti, donazioni di elettori e del 2 per mille della dichiarazione dei redditi. Sono somme non solo lecite ma che hanno anche un fine costituzionale: consentono al partito di perseguire le finalità democratiche del Paese. Dire che sono profitto del reato è un non senso giuridico”. Il procuratore Francesco Cozzi aveva annunciato che nel caso in cui il Riesame accogliesse la decisione della Cassazione avrebbe chiesto l’immediato sequestro dei fondi.

Bossi e Belsito. L’ex leader e l’ex cassiere della Lega condannati per aver truffato rimborsi per 49 milioni

Ora può procedere. Gli inquirenti genovesi possono eseguire la sentenza di sequestro di ogni centesimo che c’è nelle casse della Lega perchè è un dispositivo immediatamente esecutivo. Matteo Salvini non è tranquillo ma sta già provando a capire come eventualmente cavalcare questa sentenza e come usarla per un vantaggio elettorale. “È una vicenda del passato, sono tranquillo, gli avvocati faranno le loro scelte: se vogliono toglierci tutto facciano pure, gli italiani sono con noi”, ha commentato il ministro degli interni e leader della Lega Matteo Salvini. “Spero che la Procura di Genova – ha aggiunto Salvini – si impegni sulla tragedia  di Ponte Morandi. Io sono tranquillo, continuo a lavorare, i processi e le storie del passato che riguardano fatti di otto o dieci anni fa non mi appassionano”. Immaginate cosa succederebbe se il Procuratore di Genova prendesse ogni soldo dalle casse della Lega e Salvini dichiarasse la Lega morta perchè chiusa da una procura.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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