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Il ‘pentito’ Panzeri farà altri nomi, Cozzolino respinge le accuse

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Una prima auto-difesa a spada tratta di quindici minuti, le risposte alle domande dei colleghi, e poi la conferma dell’intenzione di rinunciare alla propria immunità parlamentare. L’eurodeputato Andrea Cozzolino, gettato nel calderone politico del Qatargate dal pentito Antonio Panzeri, segue la linea difensiva adottata sin dalle prime ore dello scoppio dello scandalo e davanti alla commissione Giustizia del Parlamento europeo ha rispedito al mittente “tutte le ipotesi investigative” a suo carico, negando ogni possibile coinvolgimento nel giro di soldi sporchi e nelle attività di corruzione orchestrate dall’ex collega di partito e poi eurodeputato di Articolo 1 in coppia con il suo braccio destro Francesco Giorgi.

Un’audizione tutta a porte chiuse, mentre dalla Grecia l’istrionico legale dell’ex vicepresidente del Pe Eva Kaili, Mihalis Dimitrakopoulos, era impegnato a predire l’annuncio da parte dell'”inaffidabile” collaboratore di giustizia Panzeri di altri politici invischiati nella trama di corruzione. Identificato a più riprese come l’uomo di fiducia degli 007 marocchini per condizionare l’Ue, Andrea Cozzolino ha negato tutte le accuse.

E, davanti a una trentina colleghi, ha snocciolato i dettagli dei suoi trascorsi da presidente della delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb e delle commissioni parlamentari miste Ue-Marocco del Pe. Dettagli che – hanno evidenziato i due difensori italiani Federico Conte e Dezio Ferraro e il legale belga Dimitri de Beco – hanno permesso all’eurodeputato, eletto nel Pd e ora passato ai Non Iscritti, di “dimostrare” come la propria attività politica a Bruxelles sia “totalmente incompatibile” con l’ipotesi di una “sua partecipazione a una rete di influenza in favore di Qatar e Marocco”.

Anche sui punti più oscuri le risposte sono state centrate: accusato di essere l’autore di una mail pro-Doha partita dal suo indirizzo di posta prima di una votazione degli eurodeputati, quel testo – ha cercato di scagionarsi il politico – in realtà “è stato preparato e diffuso” senza il suo “preventivo assenso” dall’ex portaborse Francesco Giorgi, ricevuto ‘in dote’ dal team di Panzeri con una pratica che tuttavia – si è difeso – è “prassi” a ogni cambio di legislatura.

Allo stesso modo, Cozzolino ha escluso categoricamente di aver redatto risoluzioni d’urgenza per Rabat, indicando di aver invece sottoscritto nel giugno 2021 una relazione che “conteneva una severa critica” al Paese nordafricano “in relazione alle vicende migratorie”. Impossibile però negare i suoi rapporti pur “esclusivamente personali e amicali” con l’ambasciatore marocchino a Varsavia, Abderrahim Atmoun, figura chiave per gli affari del Paese del Maghreb in Ue. A difesa resa, Cozzolino ha poi abbozzato il suo attacco personale: alla stampa, rea di portare avanti una “violenta campagna” che “sta devastando” lui e la sua famiglia sulla base di “un mero sospetto”; e alla giustizia belga improntata su un “modello inquisitorio” lontano dal garantismo italiano.

Un modello che, una volta spogliato della sua immunità parlamentare, potrebbe presto vederlo a confronto con il giudice belga Michael Claise. Una prima decisione sarà presa martedì 31 gennaio dai colleghi che si riuniranno per deliberare anche sull’altro possibile eurodeputato coinvolto, il socialista Marc Tarabella. I due comunque in un futuro prossimo potrebbero trovarsi in buona compagnia: Panzeri – ha avvertito il legale di Kaili da Atene – sarebbe pronto a tirare fuori dal cappello di pentito nuovi nomi di “eurodeputati italiani, tedeschi, belgi e francesi” nell’estremo tentativo di “salvare moglie e figlia” pur essendo “ormai completamente inaffidabile”.

Tutte illazioni, secondo il difensore dell’ex eurodeputato italiano – che “non è ancora stato sentito” nella sua nuova veste di collaboratore -, ma nel pieno stile dell’avvocato dei vip ellenici, dopo che le sue accuse di tortura ai danni dell’ex vicepresidente del Pe hanno fatto il giro del Continente. Nell’attesa di nuove rivelazioni e chiarimenti, saranno Giorgi e il responsabile dell’Ong No Peace Without Justice, Niccolò Figà-Talamanca, a tornare giovedì davanti alle autorità giudiziarie.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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