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Il Papa affida a card.Zuppi missione di pace per Ucraina

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Il ‘mistero’ sulla missione di pace per l’Ucraina annunciata dal Papa il 30 aprile scorso durante il volo di ritorno da Budapest è, almeno in parte, chiarito. “Posso confermare che papa Francesco ha affidato al cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, l’incarico di condurre una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, che contribuisca ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina, nella speranza, mai dimessa dal Santo Padre, che questo possa avviare percorsi di pace. I tempi di tale missione, e le sue modalità, sono attualmente allo studio”, ha comunicato questo pomeriggio, rispondendo ai giornalisti, il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni. Sarà quindi il cardinale di Bologna, presidente dei vescovi italiani, l’inviato speciale che a nome di papa Bergoglio, e d’intesa con la Terza Loggia, esplorerà le possibilità perché nel conflitto russo-ucraino si apra un canale di dialogo al fine di “allentare le tensioni” e “avviare percorsi di pace”. Una notizia di enorme di rilievo, visto il tam-tam che l’annuncio del Pontefice sulla missione “riservata” aveva scatenato in tutto il mondo, e visti anche i nomi dei possibili “inviati speciali” che erano circolati negli ultimi giorni attraverso indiscrezioni. Solo quello di Zuppi viene quindi confermato, mentre l’arcivescovo Claudio Gugerotti, prefetto del dicastero per le Chiese orientali, aveva già smentito ieri tale coinvolgimento, dichiarando in una nota che a lui “nulla consta di quanto affermato a suo riguardo”.

Dire che la missione diplomatica affidata al cardinale di Bologna è di quelle più ardue è dire un’ovvietà e non rende neanche l’idea delle responsabilità messe in campo. Di suo, Matteo Zuppi può mettere sulla bilancia l’esperienza già fatta in questo campo: aiutò infatti a raggiungere un difficile accordo di pace, quello realizzato nel 1992 per il Mozambico con la Comunità di Sant’Egidio, che pose fine a sedici anni di guerra civile con un milione di morti e quattro milioni di profughi. Portò avanti per mesi un dialogo lungo, paziente, coraggioso con i belligeranti. Zuppi, allora giovane vice parroco a Santa Maria in Trastevere, costruì questa tela, che portò allo storico accordo, con il fondatore della Comunità Andrea Riccardi. E non si può certo escludere che la rete di Sant’Egidio, l'”Onu di Trastevere”, possa rivelarsi utile anche in questa occasione. Entrambe le parti, sia Mosca che Kiev, si sono mostrate finora chiuse a una mediazione vaticana. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky lo ha fatto presente anche nell’incontro col Papa in Vaticano di sabato 13 maggio, appena una settimana fa.

Tuttavia la Santa Sede ha ribadito che “continuerà a fare la sua parte”, come affermato mercoledì scorso dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, intervenuto al summit dei capi di stato e di governo del Consiglio d’Europa, a Reykjavik. “Non possiamo accettare passivamente che la guerra di aggressione continui”, ha sottolineato Parolin sull’invasione russa dell’Ucraina, e l’obiettivo della diplomazia vaticana resta quello di raggiungere una “pace giusta”. Intanto oggi, in una lettera inviata al vescovo di Hiroshima, mons. Alexis Mitsuru Shirahama, in occasione del vertice del G7 in corso nella città giapponese, il Papa ha rilanciato la necessità del bando alle armi atomiche e fatto un ulteriore appello ai leader mondiali per un impegno concreto e durevole di pace. “Il vertice del G7 a Hiroshima dia prova di una visione lungimirante nel gettare le fondamenta per una pace duratura e per una sicurezza stabile e sostenibile a lungo termine”, è il suo auspicio, mentre “Hiroshima, come ‘simbolo della memoria’, proclama con forza l’inadeguatezza delle armi nucleari per rispondere in modo efficace alle grandi minacce odierne alla pace e per garantire la sicurezza nazionale e internazionale”.

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Mattarella e Meloni con Kiev, ‘la pace non sia resa’

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“Fermo sostegno a 360 gradi”, militare, finanziario, umanitario, per la ricostruzione, con l’obiettivo di una “pace vera e non una resa” dell’Ucraina. L’Italia ha accolto così Volodymyr Zelensky, sbarcato a Roma prima di recarsi domani a Berlino per rinnovare il patto di assistenza con gli alleati, in una fase cruciale della guerra. E il leader ucraino ha ringraziato Sergio Mattarella e Giorgia Meloni per questo impegno: “Siete dalla parte giusta della guerra”, ha sottolineato nei suoi incontri con il presidente della Repubblica e con il capo del governo prima del faccia a faccia in Vaticano con il Papa. Molto fitta la giornata romana di Zelensky, in una capitale blindata, con mille agenti per le strade, droni in cielo e artificieri. A dargli il benvenuto nello scalo militare di Ciampino è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che lo ha poi accompagnato al Quirinale. Al suo interlocutore, con felpa militare d’ordinanza, Mattarella ha ribadito quanto sia alta la posta in palio in questo conflitto: “E’ in gioco non solo l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma anche la libertà dei popoli e l’ordine internazionale”.

Per questo, l’Italia è “pienamente al fianco” di Kiev, ha detto il capo dello Stato, che ha tenuto a incontrare nuovamente Zelensky dopo il faccia a faccia di “anni addietro”, quando “le condizioni erano diverse”. Oggi infatti c’è un Paese aggredito e un aggressore, responsabile tra le altre cose di “una pratica straziante e ignobile” come il rapimento di bambini ucraini, ha ricordato Mattarella. Sono 200mila, secondo Kiev. Sostenere l’Ucraina vuole dire innanzitutto altri “aiuti militari” e l’Italia continuerà a fare la sua parte, in raccordo con i partner della Nato. Questo punto è stato chiarito da Meloni ricevendo Zelensky in un clima di grande feeling a Palazzo Chigi: unico modo, ha sottolineato la premier, “perché l’Ucraina possa arrivare ai negoziati con una posizione solida”, e “non con una posizione di resa”. L’obiettivo resta quello della “pace”, che però si otterrà “solo e quando la Russia cesserà le ostilità”, ha chiarito la presidente del Consiglio, secondo la quale “gli ucraini stanno combattendo anche per noi”. Oltre alle armi, il sostegno all’Ucraina continuerà ad essere a “360 gradi” e passerà dalla ricostruzione.

In questa sfida l’Italia “vuole svolgere un ruolo di primo piano”, come dimostra la “grande conferenza” con le aziende di entrambi i Paesi che si è tenuta a Roma il 26 aprile. E visto inoltre che l’Ucraina è un “avamposto della sicurezza dell’intero continente”, è interesse dell’Italia “riconoscere le legittime aspirazioni europee” di Kiev, ha assicurato Meloni nel colloquio durato oltre un’ora e preceduto da un abbraccio tra “due amici”, ha sottolineato la premier, che del supporto senza tentennamenti a Kiev ha fatto uno dei punti cardine della sua azione di politica estera. Di questo aiuto Zelensky è pienamente consapevole: “Non lo dimenticherò mai, ti ringrazio Giorgia”, le parole del leader ucraino, che ha rivolto un simbolico “abbraccio a tutti gli italiani, uno ad uno”. Lo stesso Zelensky evidentemente tiene alla compattezza dell’esecutivo italiano nella sua postura pro-Kiev e per questo ha tenuto a smontare un caso Salvini. Così, durante la lunga intervista con Bruno Vespa ed altri giornalisti sulla terrazza del Vittoriano, ha respinto le voci di un suo rifiuto di incontrare il leader della Lega, che con Silvio Berlusconi condivide una linea più dialogante con Mosca: “Non è vero, lo vedrei volentieri”, è stata la sua precisazione. Lo stesso ha fatto Salvini, che ha smentito le “ricostruzioni surreali” secondo cui avrebbe deciso di disertare un colloquio con il leader ucraino: un incontro, ha puntualizzato, “non è mai stato previsto”.

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Si muove la Cina, Xi sente Zelensky e manda un inviato

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Si muove finalmente la Cina nella crisi ucraina e arriva la telefonata tra Xi Jinping e Volodymyr Zelensky, la prima dall’aggressione della Russia iniziata il 24 febbraio 2022, che il leader di Kiev aveva ripetutamente sollecitato per 14 lunghi mesi nella convinzione che solo il presidente cinese possa costringere il suo alleato Vladimir Putin a ritirarsi. L’auspicio è che Pechino decida veramente di ritagliarsi un ruolo di mediatore per una soluzione politica della crisi laddove tutti gli altri hanno fallito, anche se è troppo presto per sbilanciarsi sulle sue reali intenzioni. Tanto per cominciare però Xi invierà un rappresentante speciale in Ucraina: si tratta di Li Hui, ex viceministro degli Esteri ed ex ambasciatore per 10 anni in Russia, gratificato nel 2019 da Putin con una medaglia dell’amicizia. Li sarà il funzionario cinese di più alto livello a recarsi a Kiev, e il suo compito sarà stabilire “una comunicazione approfondita con tutte le parti”, ha riferito un’ampia nota serale della diplomazia cinese nella quale si traccia il mandato affidatogli.

Verosimilmente, quindi, dovrà parlare anche con gli Usa. “Con l’attuale aumento del pensiero razionale, è importante cogliere l’opportunità e creare le condizioni favorevoli per la soluzione politica della crisi”, ha osservato Xi. Zelensky, da parte sua, ha riferito di aver avuto “una telefonata lunga e significativa” con il leader comunista. “Credo – ha scritto su Twitter – che questa chiamata, così come la nomina dell’ambasciatore dell’Ucraina (Pavel Ryabikin, ndr) in Cina, darà un potente impulso allo sviluppo delle nostre relazioni bilaterali”. Il leader ucraino aveva disperatamente cercato un incontro o una telefonata con Pechino per mesi, da prima della visita di stato di Xi a Mosca del mese scorso, con l’obiettivo di illustrare la sua proposta di pace e spiegare le sue ragioni. Pechino finora si è dichiarata neutrale nel conflitto in Ucraina, senza mai condannare l’aggressione russa e assicurando anzi continua copertura diplomatica a Mosca, anche in sede Onu. L’incontro moscovita e le parole rivolte da Xi a Putin (“sta arrivando un cambiamento mai avvenuto in 100 anni e stiamo guidando questo cambiamento insieme”) hanno rafforzato l’interpretazione di una disponibilità cinese ad assecondare le pretese del Cremlino.

Del resto, la Cina ha già presentato lo scorso 24 febbraio ‘La posizione sulla soluzione politica della crisi ucraina’, un documento in 12 punti per la pace che gli occidentali hanno bocciato perché privo della richiesta di ritiro immediato dell’Armata russa dall’Ucraina occupata e del conseguente rispetto di integrità e sovranità territoriale di Kiev. La nota odierna della diplomazia cinese ha però fornito spunti interessanti su quanto detto da Xi: “Il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina” (principio tutto da verificare nella pratica); i rapporti tra i due Paesi che “hanno attraversato 31 anni di sviluppo e raggiunto il livello di partenariato strategico”; infine la sottolineatura che “non ci possono essere vincitori in una guerra nucleare”, all’indomani delle nuove minacce dell’ex presidente Dmitri Medvedev sull’uso dell’atomica se necessario. “Il dialogo e i negoziati sono l’unica via d’uscita praticabile”, ha ribadito il presidente cinese, malgrado Usa e Ucraina continuino a temere che il Dragone possa fornire alla Russia aiuti militari letali.

“Prendiamo atto della disponibilità cinese a compiere sforzi per i negoziati ma riteniamo che il problema non sia la mancanza di buoni piani”, si è limitata a commentare freddamente la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, accusando “le autorità ucraine e i loro protettori occidentali”, Usa in testa, di non volere la pace. Diverso il commento di Stati Uniti e Ue: “Siamo contenti che Xi e Zelensky si siano parlati. E’ da tempo che chiediamo che la Cina ascolti la prospettiva ucraina – ha detto il detto il portavoce del Consiglio per la sicurezza John Kirby -. Sta all’Ucraina e a Zelensky decidere se vogliono sedersi al tavolo dei negoziati per la pace”. Di telefonata “positiva” ha parlato anche Bruxelles, che ha sottolineato come l’Ue abbia “sempre incoraggiato la Cina a condividere la responsabilità globale di difendere e sostenere la Carta dell’Onu e i principi del diritto internazionale”.

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Kiev denuncia 4400 bimbi orfani deportati in Russia

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Kiev torna a denunciare la deportazione dei suoi bambini in Russia o nei territori occupati e fornisce nuove drammatiche cifre: sarebbero quasi 4.400 i minori rimasti soli che i russi hanno portato via dagli orfanotrofi. A renderlo noto è la vicepremier e ministra ucraina per la Reintegrazione dei territori occupati, Irina Vereshchuk, che parla di almeno 4.390 sottrazioni illegali e annuncia che l’Ucraina sta raccogliendo le prove da sottoporre alla Corte penale internazionale (Cpi). Dopo l’emissione del mandato di arresto per Putin si ripone grande speranza nella stretta collaborazione con la Corte dell’Aja, confermata dall’imminente apertura nella capitale ucraina di un ufficio della Cpi – annunciata dal procuratore generale ucraino – per una sempre maggiore cooperazione sui casi di deportazione. Resta intanto alta la tensione per le operazioni militari che nelle scorse ore si sono nuovamente avvicinate alla capitale, in un attacco che ha visto l’impiego di 15 droni kamikaze Shahed-136, di cui 14 sono stati distrutti dalle forze di Kiev, stando al resoconto dello Stato Maggiore delle Forze Armate.

Nel complesso i russi hanno lanciato 24 raid aerei, 12 attacchi missilistici e 55 attacchi con sistemi di razzi a lancio multiplo, fa sapere. Nessun ferito, ma i frammenti dei droni distrutti dalla contraerea che sono precipitati sul quartiere di Sviatoshynsky, nell’ovest della città, hanno colpito un edificio adibito ad uso commerciale e provocato incendi. Mentre il presidente Zelensky ha fatto visita alle truppe ucraine a Sumy, la battaglia continua a infuriare nell’est: la città di Avdiivka, nel Donetsk, “sta per essere cancellata dalla faccia della Terra” sotto l’intensificarsi dei bombardamenti russi, ha dichiarato Vitaliy Barabash, capo dell’amministrazione militare della città. E si sta trasformando in una Bakhmut: dista soltanto 90 chilometri dalla città simbolo del braccio di ferro fra Kiev e Mosca ed è adesso bersaglio continuo dei bombardamenti mentre, secondo l’Istituto per lo studio della guerra (Isw), la leadership militare russa ha probabilmente già schierato i mercenari della brigata Wagner per consolidare i limitati progressi registrati di recente nella zona.

I combattimenti si sono intensificati anche intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, ha riferito poi il capo dell’Aiea, Rafael Grossi, ritenendo però che un accordo per la sicurezza dell’impianto sia “vicino”. Dopo aver incontrato lunedì Zelensky proprio a Zaporizhzhia, Grossi ha fatto sapere che “molto probabilmente” andrà in Russia nei prossimi giorni. Ciò che invece ancora non si intravede all’orizzonte è una apertura diplomatica che faccia anche pensare a possibili colloqui. Le posizioni restano granitiche e in queste ore il ministro ucraino degli Esteri, Dmytro Kuleba, ricorda che “la pace ad ogni costo è un’illusione”. Parlando ad un evento virtuale in vista della preparazione del secondo Summit for Democracy voluto dal presidente Usa Joe Biden, ha ribadito che “nessun’altra nazione vuole la pace più dell’Ucraina. Ma la pace ad ogni costo è un’illusione. Il popolo ucraino accetterà la pace solo se garantirà la cessazione completa dell’aggressione russa, il completo ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino e il ripristino dell’integrità territoriale del nostro stato all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale”, è tornato a sottolineare Kuleba.

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