Solo il suono della campana del Santuario dell’Immacolata a Piana di Monteverna ha interrotto il silenzio. Così la piccola cittadina dell’alto Casertano ha accolto Emanuele Reali, il carabiniere morto martedì a Caserta travolto da un treno mentre inseguiva un ladro, per l’ultimo saluto. In tantissimi hanno affollato la piccola chiesa del paese di origine della moglie del vicebrigadiere. Presente il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, il sottosegretario Pina Castiello, il comandante generale dell’Arma Giovanni Nistri, il prefetto di Caserta Raffaele Ruberto, il questore Antonio Borrelli, il governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca, ed i sindaci di Caserta (città dove lavorava Reali), Bellona (dove il giovane abitava con la moglie e le due figlie), Piana di Monteverna (paese di origine della moglie) e Cascia (dove risiedono i genitori della vittima). Ad officiare il rito funebre l’ordinario militare Santo Marcianò che ha lanciato un monito: “Ai nostri giorni la vita sembra valere meno di ogni cosa, sempre di meno. Meno anche dei pochi spiccioli che si possono accumulare con un furto”. E continuando ha definito Emanuele Reali un “Uomo coraggioso, eroe per amore. Vittima di un gesto eroico che ha una terribile sproporzione, la sua vita vale infinitamente più del motivo che ne ha decretato la morte”.
La famiglia di Emanuele, dopo le parole della sorella Deborah affidata ai social “E chi l’avrebbe mai detto fratello mio. Ti troverò tutte le volte che vorrò negli occhi di mio figlio e in quello delle tue principesse. Italia il Paese a favore dei malviventi. Hanno vinto loro, ciao mio Eroe. Ti prego aiutaci”, ha lasciato il compito di un appello allo zio della vittima: “Emanuele ha fatto il suo dovere fino all’ultimo, non si è girato dall’altra parte. La grande folla è la conseguenza del bene che hai fatto a questa comunità. All’Arma, che è stata come una mamma, chiediamo di sostenere la famiglia. Emanuele merita la medaglia d’oro. Credo che sia chiaro a tutti che le nostre famiglie sono rispettose delle istituzioni. È stato ed è un patrimonio della nazione italiana”. E subito il comandante Generale, nell’ultimo saluto ad un suo uomo, ha assicurato: “Siamo qui, ci siamo oggi, e ci rimarremo, cercheremo di far sentire alle due principesse che il loro principe azzurro c’è sempre. Siamo qui e ricordiamo che il vice brigadiere ha cominciato la vita nell’Arma a 20 anni. Una scelta fatta in un’età in cui tanti poltriscono nel letto o fanno gli spacciatori”. E ricordando il percorso nell’arma di Emanuele: “È andato a Benevento, poi a Roma in una realtà difficile, quattro anni a Caiazzo. Nel frattempo cresceva tanto da essere scelto per il nucleo radiomobile. Talmente bravo da andare alla aliquota operativa, la stessa dove il 6 novembre ha terminato la sua vita. Così giovane, già vice brigadiere con il massimo della documentazione e tre encomi per attività investigativa nella quale ci vuole coraggio, fermezza. E poi quella notte..”. Il comandante generale ha concluso con un aneddoto che riguardava Emanuele e che spiega l’uomo, prim’ancora che Carabiniere, che era: un giorno un arrestato si fece male e lui disse: “Aiutiamolo, è nostro dovere farlo anche se è un malfattore”.