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Guida Michelin, 3 stelle a Uliassi, 2 a Cannavacciuolo, Cracco-flop e chef rivelazione è Emanuele Petrosino, allievo del grande Nino Di Costanzo a Danì Maison

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La decima terza stella italiana è Mario Uliassi dell’Uliassi di Senigallia. Lo scorso anno nell’olimpo dei tristellati entrò l’altoatesino Norbert Niederkofler. Ancora una delusione per il celebratissimo cuoco divo televisivo di Sky Carlo Cracco, che non prende la stella in Galleria a Milano. Mentre “spacca” Antonino Cannavacciuolo, lo chef di Vico Equense, che prende altre due stelle: una  per ciascuno dei suoi bistrot di Torino e Novara. Come faccia a tenere tutto in ordine e a soddisfare i suoi ospiti lo sa solo lui,  visto che è sempre in tv. Si vede che è da stella Michelin il suo gruppo di lavoro. Nessuna novità invece sul fronte dei bistellati. Resta lì, in attesa della terza stella, che arriverà perchè lui è una eccellenza ed è maniacale nella cure dei suoi ospiti, Nino Di Costanzo, col suo Danì Maison di Ischia, l’isola Verde del Mediterraneo. All’Auditorium Paganini di Parma si è appena conclusa la presentazione della 64esima edizione della Guida Michelin dei migliori ristoranti italiani. La Guida Rossa italiana più agognata dai ristoratori conta così, ad oggi, 318 ristoranti ad una stella, 39 due stelle e 10 tre stelle. Il nostro Paese è così la seconda nazione più stellata del mondo (con anche l’8 per cento di tutte le tre stelle Mondiali). Segno certo che ci sono eccellenti cuochi ma anche materia prima per cucinare che da nessun parte si può trovare.

Mauro Uliassi, 60 anni, diventa il decimo che di ristoranti tristellati italiani. Una spiegazione a questo riconoscimento? “Sono riuscito a trovare un bilanciamento tra cucina di terra e cucina di mare, che poi è quello che si mangia davvero a Senigallia, dove ho il mio ristorante. Sono almeno 5 anni che mi concentro sul ristorante, ho lasciato perdere showcooking, tv ed eventi per stare in cucina, e ho innescato un circolo virtuoso che è stato premiato”. Carlo Cracco potrebbe ascoltare qualche consiglio da Mauro Uliassi?

Antonino Cannavacciulo. Altre due stelle per lo chef di Vico Equense. Qual è il segreto del suo successo? Sua moglie, che lui ammira in questa foto

Sono 29 le nuove stelle italiane. Antonino Cannavacciuolo ne prende una sia al suo bistrot di Torino che in quello di Novara (che si aggiungono alle due del suo ristorante principale, Villa Crespi, sul Lago d’Orta). Conferma la sua stella Pasquale Palamaro, Indaco dell’Albergo della Regina Isabella a Lacco Ameno di Ischia. Diventano stellati poi: a Porto Cervo, Confusion Lounge, Italo Basso; a Catania, Sapio di Alessandro Ingiulla; a Taormina, Saint George by Heinz Beck chef Giovanni Solofra; a Santa Cristina d’Aspromonte, Quafiz di Antonino ‘Nino’ Rossi; a Savelletri, Due Camini, chef Domingo Sghingaro; a Lecce, Bros, Floriano Pellegrino e Isabella Potì; Bacoli, Caracol, chef Angelo Carannante; a Matera, Vitantonio Lombardo col locale che porta il suo nome; a Caggiano, Locanda Severino, Giuseppe Misuriello; a Vitorchiano, Casa Iozzia, chef Lorenzo Iozzia; a Viterbo, Danilo Ciavattini del locale omonimo; a Roma, il Moma con Andrea Pasqualucci; a Cerbaia, La Tenda Rossa con Maria Probst e Cristian Santandrea. 

A Lucignano, Al 43, chef Maurizio Bardotti; a Lucca, Il Giglio, Stefano Terigi, Benedetto Rullo, Lorenzo Stefanini; a Rimini, Abocar Due Cucine, Mariano Guardianelli; a Trieste, Harry’s Piccolo, Alessandro Buffa; a Madonna di Campiglio, Stube Hermitage, chef Giovanni D’Alitta; a Bolzano, In viaggio chef Claudio Melis; a Collepietra (Bz), Astra, chef Gregor Eschgfaeller; a San Bonifacio, Degusto Cuisine chef Matteo Grandi; a Verona, 12 Apostoli, Mauro Buffo; a Cernobbio, Materia, Davide Caranchini; a Pudiano (Bs), Sedicesimo Secolo, Simone Breda; a Torino, Spazio 7, Alessandro Mecca; a Torino, Carignano, Marco Miglioli; a Cioccaro, Locanda del Sant’Uffizio by Enrico Bartolini, Gabriele Boffa; a Novara, Cannavacciuolo Bistrot, chef Vincenzo Manicone; a Torino, Cannavacciuolo Bistrot, chef Nicola Somma. Ogni anno la Guida Michelin 2019 assegna dei premi speciali. Il «Passion for wine 2019» va al Bib Gourmand Locanda Devetak di San Michele del Carso (Gorizia), dello chef Augustin Devetak. Mentre il riconoscimento per il «Servizio di sala» va a Casa Perbellini di Verona, due stelle Michelin, con Barbara Manoni. «Qualità nel Tempo» va invece La Bottega del 30 a Castelnuovo Berardenga con Hélène Stoquelet.

Il giovane chef Michelin 2019 è, invece, Emanuele Petrosino, classe 1986, del ristorante I Portici di Bologna. E indovinate da dove arriva questa stella? Emanuele si è fatto le ossa ed ha imparato a lavorare per diventare stellato come  Executive Sous Chef fino a poco fa al Danì Maison Nino Di Costanzo.

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Autismo, passi avanti diagnosi ma indietro su bisogni

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Sempre più bimbi con disturbi dello spettro autistico riescono ad avere una diagnosi precoce e ad iniziare presto i trattamenti. Ma sul fronte dei diritti dei pazienti e delle loro famiglie sono ancora troppi i bisogni da colmare e pochi i dati disponibili. A partire dal numero dei casi in Italia, visto che manca un registro nazionale. Tra piccoli passi avanti e annosi problemi che perdurano, la sera del 2 aprile la luce blu illuminerà i principali monumenti per la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’Autismo. A pesare sono anche le differenze tra le Regioni in termini di assistenza.

Secondo la mappatura dell’Istituto superiore di sanità, a marzo 2023, i centri clinici e socio-sanitari per l’autismo e gli altri disturbi del neurosviluppo censiti in Italia sono oltre 1200, di cui 649 (54%) al Nord, 259 (21%) al Centro e 294 (25%) al Sud e Isole. Relativamente all’utenza, 629 centri offrono prestazioni per l’età evolutiva e 517 per l’età adulta per un totale di 782.929 utenti, di cui 78.242 con diagnosi di autismo. Nell’ultimo anno, ed è questa una buona notizia, l’Istituto ha siglato accordi con le Regioni nell’ambito del Fondo Autismo per oltre 20 milioni di euro per implementare percorsi differenziati per la formulazione di piani individualizzati.

I Disturbi dello Spettro Autistico sono un insieme di disturbi del neurosviluppo caratterizzati da deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale, interessi o attività ristretti e ripetitivi. In Italia, secondo dati dell’Iss, un bambino su 77 presenta questo problema e i maschi sono colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine. “Diverse ricerche – denuncia l’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo (Angsa) – indicano che la quota della popolazione nello spettro autistico è intorno all’1% e riguarda 300mila persone in Italia” ma “non esiste un registro dei casi di disturbi dello spettro autistico. Piemonte ed Emilia Romagna sono le uniche due regioni che dispongono di dati epidemiologici completi. Nel resto del paese gli unici dati certi riguardano i minori iscritti a scuola che sono circa 50 mila”.

In Italia, abbiamo un’ottima legge ma “resta su carta, mentre siamo drammaticamente indietro per i bisogni reali” e “spesso le politiche per l’autismo sono frammentate tra i vari soggetti pubblici producendo dispersione, inefficienza e sprechi nell’utilizzo delle risorse”. Di contro passi avanti ci sono nella diagnosi precoce, già entro i 2-3 anni di età. Questo, spiega Elisa Fazzi, presidente della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia), “è un obiettivo raggiunto o ben avviato nella maggior parte delle regioni”. Ma, aggiunge, “non altrettanto avviene per gli interventi terapeutici, sebbene anche in questo ambito grandi passi avanti siano stati realizzati”.

Certamente uno dei nodi resta quello che accade dopo la maggiore età, ovvero l’accompagnamento nella vita adulta. Quasi sempre, infatti, i famigliari sono caregiver obbligati, a causa della carenza di alternative, a tenere in famiglia figli con elevato grado di complessità. “Il progetto di vita – ha detto il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli – è alla base del percorso che ogni persona deve seguire per avere una vita dignitosa”. Intanto in Italia, come in tantissime altri paesi, domenica 2 aprile, per la giornata istituita dalle Nazioni Unite nel 2007, molti monumenti saranno illuminati di luce blu, e tra questi anche anche palazzo Montecitorio e il ministero dell’Istruzione e del Merito. Su indicazione del ministro Giuseppe Valditara, nelle scuole italiane la Giornata sarà un momento per riflettere su come migliorare la vita scolastica per alunni con disturbi dello spettro autistico. Mentre in occasione della giornata la Fondazione Cervelli Ribelli del giornalista e scrittore Gianluca Nicoletti, papà di un ragazzo con autismo, ospita a Roma 15 “Cyber Rebels” da tutta Italia: giovani con autismo e un particolare interesse all’uso di strumenti informatici per comunicare, studiare, giocare o lavorare.

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Garattini: l’intramoenia è una vergogna da cambiare

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Anche Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, ha preso parte alla mobilitazione “in difesa del servizio sanitario nazionale” lanciata in piazza Duomo a Milano da diverse associazioni, tra cui Medicina Democratica, dal titolo ‘Sani come un pesce?. “Il Servizio sanitario nazionale è un grande bene che dobbiamo conservare e migliorare non solo per noi ma è molto importante che lo facciamo per i nostri figli e nipoti – ha sottolineato dal palco -. Dobbiamo migliorarlo perché abbiamo visto durante il Covid che ha delle debolezze”. La prima cosa da cambiare che non va, secondo Garattini, è il regime dell’intramoenia, che permette ad un medico di svolgere visite anche in regime privato e non solo con servizio sanitario nazionale.

“Se andate in ospedale per prenotare un esame o una visita vi sentite dire venga tra tre mesi, quattro mesi, sei mesi a seconda del caso – ha proseguito -. Ma pagando, con le stesse persone e le stesse strutture si può avere tutto la settimana prossima. Questo è l’intramoenia, la presenza del privato nel pubblico, una vergogna che dobbiamo cambiare perché non possiamo mantenere questa situazione di diseguaglianza”. “Spero – ha concluso – che medici di Medicina democratica e quelli che hanno aderito a questa mobilitazione facciano uno sciopero anche solo di un’ora perché questa situazione non deve esserci”.

Tra i punti critici da migliorare della sanità pubblica secondo Silvio Garattini c’è poi quello del “problema dei farmaci, che è un grande mercato in cui spendiamo troppo – ha spiegato a margine della mobilitazione di Milano ‘Sani come un pesce?’ -. Serve una spesa più equilibrata per i farmaci”. Inoltre “c’e il problema a lunga scadenza, cioè che noi accettiamo il grande mercato delle medicina ignorando che la maggior parte delle malattie croniche sono evitabili – ha proseguito -. Ci dimentichiamo che esiste la prevenzione, più del 50% del diabete di tipo 2, dell’insufficienza cardiaca, di tante malattie è evitabile. Più del 50% dei tumori sono evitabili ma muoiono in Italia ogni anno 180 mila persone. Dobbiamo realizzare una rivoluzione culturale che permetta di fare in modo che la prevenzione sia un limite al mercato della medicina. C’è un conflitto di interesse che va risolto”. Infine le Case di comunità. “Siamo ancora molto indietro, molte hanno una targa ma c’è ancora poco perché c’è il problema fondamentale che i medici di medicina generale non vogliono partecipare – ha concluso – . Invece sono fondamentali perché un singolo medico non può avere tutte le competenze che servono in una medicina che viene sempre costantemente aggiornata. Dobbiamo mettere insieme pediatri, geriatri, fisioterapisti, e tutti devono essere dipendenti del servizio sanitario nazionale”.

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Ansia o depressione, anche Peaty campione sotto stress

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Un’altra leggenda del nuoto, l’olimpionico Adam Peaty, alza bandiera bianca. Stress, burnout, depressione o problema mentale che sia, il campione britannico ha deciso di non poter andare avanti con la vita di sempre, tra allenamenti estenuanti e sempre nuove sfide da affrontare in gara, senza affrontarlo. Ha così annunciato a tutti che si fermerà per un po’, rinunciando ai campionati nazionali e quindi ai Mondiali, principale appuntamento del 2023, per provare a tornare in sesto in vista delle Olimpiadi Parigi. I fantasmi della mente, le ombre della depressione, il rigetto della quotidiana pressione interna ed esterna a superare se stessi sono purtroppo un tratto comune a tanti fuoriclasse dello sport, come conferma anche la psicologa Monica Vaillant, plurimedagliata con il Setterosa: “A noi sembrano, e loro si sentono, dei supereroi, ma a quei livelli, i più alti, la crisi, prima o poi, arriva, è quasi inevitabile”.

“Bisogna considerare che un campione vive continuamente momenti di grande tensione, per l’impegno che deve mettere per arrivare e rimanere al top, portandolo a investire tutto su quel fronte – spiega Vaillant -, con l’ulteriore aggravio di vivere tale situazione da un’età molto giovane, in un momento di crescita, di sviluppo del senso del sè. Le basi su cui si costruisce, quindi, sono spesso precarie. Ma la crisi può arrivare anche dopo aver lasciato la ribalta. Tutto quello che si è per forza tralasciato o vissuto senza la dovuta attenzione, dal prepararsi per una attività lavorativa alla vita affettiva, possono avere un impatto pesante”. Quando capita che qualche ‘supereroe’ dello sport ammette i suoi problemi, il caso fa subito scalpore, proprio per l’immagine che si ha di lei o di lui, ma secondo la psicologa sono numerosissime anche le situazioni taciute o nascoste. Tra i nuotatori, prima di Peaty hanno ammesso, e affrontato, i loro problemi anche il re delle piscine Michael Phelps, recordman di ori olimpici, il suo omologo australiano, Ian Thorpe, e altro grande del nuoto come Ryan Lochte.

Battaglie con la propria mente come quelle affrontate anche da chi è abituato a solitudine e fatica in sella a una bici, come Mark Cavendish, Marcel Kittel, Tom Dumoulin e Gianni Bugno, oppure a estenuanti duelli su un campo da tennis, come la giapponese Naomi Osaka e l’australiana Ashleigh Barty, ma anche a campioni con una squadra alle spalle, come Andres Iniesta o Josip Ilicic, e ancor prima Paul Gascoigne, lo sportivo alcolizzato forse più famoso di sempre. In alcuni casi è tragico l’epilogo di queste storie, come per Kelly Catlin, campionessa di ciclismo, finita dopo due cadute in una spirale che l’ha portata al suicidio, stessa fine del portiere della nazionale tedesca Robert Enke. L’assistenza psicologica, secondo Vaillant, dovrebbe essere una preoccupazione primaria per ogni atleta di alto livello, di solito seguito invece ‘solo’ da allenatori, preparatori atletici e medici. Un sostegno preventivo che potrebbe evitare, o alleviare, tanti crisi. “Se negli sport di squadra la figura dello psicologo è ormai quasi la normalità, per gestire le dinamiche interne ma anche per un eventuale aiuto ai singoli – sottolinea -, per quelli individuali tale sostegno è adottato con molta meno frequenza, o magari solo quando si manifestano dei problemi”.

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