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‘Grano da Odessa’, prima intesa tra Turchia e Russia: la crisi alimentare potrebbe creare un caos migratorio in Italia

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Uno schema preliminare c’e’ gia’: prima lo sminamento del mar Nero da parte dei genieri turchi – un’operazione per cui potrebbe volerci un mese -, poi la scorta della Marina di Ankara ai cargo ancorati nei porti ucraini fino ad acque neutrali, con un centro di coordinamento e monitoraggio a Istanbul. La scommessa di Erdogan per sbloccare la crisi mondiale del grano arriva alla prova dei fatti. L’accordo di massima, limitato per ora a Odessa, sarebbe stato raggiunto da Mosca e Kiev con la mediazione turca, afferma il quotidiano russo Izvetsia, e finira’ mercoledi’ al centro della visita del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. “Spero – ha detto fiducioso il capo della diplomazia di Putin – che saremo in grado, se non di chiudere l’argomento, questo deve ancora essere fatto dai nostri leader, di elaborare in dettaglio le opzioni”. Per Erdogan, la sfida sembra essere ora quella di convincere Kiev, timorosa che la riapertura dei porti offra la via ad un cavallo di Troia. “Putin – ha avvertito il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – dice che non usera’ le vie commerciali per attaccare Odessa. E’ lo stesso Putin che diceva al cancelliere tedesco Scholz e a presidente francese Macron che non avrebbe attaccato l’Ucraina”. A placare la diffidenza potrebbero essere le garanzie di un allargamento della missione internazionale, con un possibile coinvolgimento della marina britannica – difficile da digerire per Mosca – e un piu’ percorribile ombrello dell’Onu, e soprattutto l’urgenza del bisogno: le circa 25 milioni di tonnellate di grano ferme nei silos che stanno soffocando l’economia ucraina e affamando Africa e Medio Oriente e che, secondo il presidente Volodymyr Zelensky, da qui all’autunno diventeranno 75 milioni. La crisi assume intanto un profilo sempre piu’ internazionale. Gli Stati Uniti hanno allertato 14 Paesi, in gran parte in Africa, che navi russe piene di quello che un cablogramma del dipartimento di Stato americano definisce “grano ucraino rubato” potrebbero essere dirette nei loro porti, invitandoli a non accettare le lusinghe di prodotti a buon mercato che li renderebbero complici di un crimine di guerra. Secondo Kiev, Mosca ha sottratto 500 mila tonnellate di grano, per un valore di 100 milioni di dollari, trasferendolo nei porti in Crimea e poi caricandolo sui suoi cargo. Problemi che, denuncia ancora l’Ucraina, riguardano anche altri prodotti, dalle ciliegie di Melitopol al blocco causato guerra della fabbrica Artemsil, tra i piu’ grandi produttori europei di sale. Per affrontare l’emergenza continua a muoversi anche l’Italia. “Ci sono degli effetti devastanti come quello del grano, come quello dell’emergenza alimentare. Qui rischiamo che scoppino nuove guerre a migliaia di km di distanza dall’Ucraina a causa del fatto che la Russia con le navi militari sta bloccando l’export di grano dai porti ucraini”, ha avvertito il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, alla vigilia dell’iniziativa multilaterale di mercoledi’ alla Farnesina con il primo Dialogo Ministeriale Mediterraneo sulla Crisi Alimentare, che coinvolgera’ 24 Paesi dell’area e rappresentanti di 7 organizzazioni internazionali interessate, con la partecipazione del Direttore generale della Fao, Qu Dongyu, e porra’ le basi per la discussione del prossimo G7 sulla sicurezza alimentare. Un “importante evento di dialogo” co-presieduto dalla Germania (in qualita’ di presidente del G7), dalla Turchia (in qualita’ di membro del G20) e dal Libano (Paese duramente colpito dalla crisi) con l’obiettivo di individuare misure concrete per affrontare l’impatto nel bacino del Mediterraneo e “trovare una soluzione che eviti una crisi alimentare che provochera’ maggiori flussi migratori verso l’Italia”.

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Bombardieri Usa in volo ai confini della Russia, il ‘quasi’ incontro con un caccia russo

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Oggi, i radar russi hanno rilevato due bombardieri strategici B-52H dell’aeronautica Usa sul Mar Baltico in volo verso il confine della Russia. Lo ha riferito il Centro di controllo della difesa nazionale russo citato dalla Tass, aggiungendo che un caccia russo Su-35 si è alzato in volo, per poi rientrare in base dopo che i due velivoli stranieri si sono allontanati dai confini della Russia. “Il 20 marzo 2023, le strutture radar delle forze di difesa aerea del distretto militare occidentale in servizio sul Mar Baltico hanno rilevato due bersagli aerei che volavano in direzione del confine di stato della Federazione Russa.

Gli obiettivi sono stati classificati come due obiettivi strategici bombardieri B-52H dell’aeronautica americana”, si legge nella nota, spiegando che al fine di identificare e “prevenire violazioni del confine di stato della Russia”, è stato sollevato in aria un caccia Su-35. “Dopo la rimozione di aerei militari stranieri dal confine di stato della Federazione Russa, il caccia russo è tornato al suo aeroporto di base”, ha detto il ministero della Difesa russo. “Il volo del caccia russo è stato effettuato in stretta conformità con le regole internazionali per l’uso dello spazio aereo. Nessuna violazione del confine di stato della Federazione Russa è stato consentito”.

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Ostaggi in Iran: repubblicano anti Carter sabotò rilascio

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Il rilascio dei 52 americani tenuti in ostaggio per 444 giorni dall’Iran tra il 1979 e il 1980 fu ritardato dall’ex governatore repubblicano del Texas John B. Connally Jr. per minare la rielezione dell’allora presidente Jimmy Carter e favorire il successo di Ronald Reagan. Lo ha rivelato un ex esponente repubblicano, Ben Barnes, dopo aver custodito il segreto per oltre 40 anni, spiegando di sentirsi obbligato a ristabilire la verita’ dato che il 98/enne Carter e’ malato terminale di cancro. Barnes, scrive il New York Times, ha raccontato che fu invitato da Connally, suo mentore politico di lunga data, in una missione in Medio Oriente, realizzando solo successivamente che il vero scopo era sabotare la campagna di Carter.

Quest’ultimo sapeva che aveva un’unica speranza per ottenere un secondo mandato: la liberazione degli ostaggi americani prima dell’Election Day. Connally, e’ la sua versione, lo porto’ in una capitale mediorientale dopo l’altra quell’estate, incontrando una schiera di leader regionali per consegnare un messaggio chiaro da trasmettere all’Iran: non liberare gli ostaggi prima delle elezioni, Reagan vincerà e ti converrà. Al suo ritorno, Connally riferi’ del suo viaggio a William J. Casey, il presidente della campagna di Reagan, e in seguito al direttore della Cia. Dopo aver perso la nomination presidenziale a favore di Reagan, aveva deciso di aiutarlo cosi’, perorando la sua causa per diventare poi segretario di stato o della difesa. Il campo di Carter ha sospettato a lungo che Casey o qualcun altro nell’ orbita di Reagan abbia cercato di silurare segretamente gli sforzi per liberare gli ostaggi prima delle elezioni, ma le indagini del Congresso hanno sempre smentito le precedenti teorie su quanto accaduto.

“La storia deve sapere che cosa è successo”, ha spiegato Barnes, che compirà 85 anni il mese prossimo.

“Penso che sia così significativo e immagino che sapere che la fine è vicina per l’ex presidente Carter me lo abbia fatto pensare sempre piu’ spesso. Sento solo che si doveva risolvere la cosa in qualche modo”, ha detto. Barnes e’ stata una delle figure più importanti del Texas, il più giovane speaker della Camera di quello stato e in seguito vice governatore. Era una figura così influente che aiuto’ il giovane George W. Bush a entrare nella Guardia nazionale aerea del Texas piuttosto che rischiare di essere chiamato alla leva e inviato in Vietnam. Confermare le sue rivelazioni dopo così tanto tempo è problematico, ammette il Nyt, tanto piu’ che Connally, Casey e altre figure centrali sono morti da tempo e Barnes non ha diari o promemoria per corroborare il suo racconto. Ma d’altro canto non ha alcun motivo ovvio per inventare la storia e ha espresso trepidazione all’idea di renderla pubblica a causa della reazione dei colleghi democratici. Barnes comunque ha identificato quattro persone viventi cui ha confidato nel corso degli anni questa ricostruzione e tutte e quattro lo hanno confermato negli ultimi giorni.

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Medvedev evoca ‘un missile ipersonico sulla Cpi’

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A pochi giorni dal clamoroso mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il presidente russo Vladimir Putin, il falco dello zar Dimitri Medvedev torna ad alzare al massimo i toni, immaginando “un uso spot del missile ipersonico Onyx” sulla sede del tribunale dell’Aja e bollando la decisione della Cpi come l’inizio del “cupo tramonto” dell’intero sistema di relazioni internazionali. E mentre la Cina si schiera dalla parte del Cremlino chiedendo alla Corte di evitare “doppi standard”, da Mosca arriva l’annuncio di una contro-inchiesta penale, aperta dal Comitato investigativo russo contro il procuratore della Cpi, Karim Khan, e altri giudici. L’accusa è di aver preso una decisione “illegale” nel chiedere l’arresto di Putin. Ma l’Aja non cederà: parola dello stesso Khan che da Londra – dove si è tenuta una conferenza internazionale dei ministri della Giustizia per mobilitare ulteriori risorse a sostegno delle indagini della Corte – ha assicurato che “non esiterà ad agire”.

E ha lanciato un appello a Putin: “rimpatri i bambini ucraini”. “Nessuno ha bisogno” della Corte penale internazionale che ha assicurato alla giustizia solo “tre dozzine di sconosciuti”, è però l’affondo di Medvedev. “L’efficacia delle loro attività è zero. Questi non sono i tribunali di Norimberga e Tokyo creati ad hoc. O anche il dubbio tribunale per la Jugoslavia”, ha aggiunto, definendo mostruose le conseguenze del mandato contro Putin e la sua commissaria per i diritti dei bambini, Maria Lvova-Belova, accusati di aver deportato illegalmente minori dall’Ucraina. La Russia continua a difendere le sue azioni, con la commissaria russa sotto accusa che sostiene come “380 orfani” dai territori occupati “hanno trovato una casa presso famiglie russe” e “nessuno è stato separato dai genitori”. E si è detta pronta a “fare il possibile per riunire le famiglie, se ci sono i loro rappresentanti legali”. Per la Cpi, le cose stanno diversamente.

“Purtroppo l’Ucraina è una scena del crimine e sembra che sia stata commessa un’intera gamma di crimini”, ha assicurato Khan. Ma “se c’è un minimo di verità” nelle parole di Mosca secondo cui il trasferimento di bambini sia stato deciso a loro tutela, allora è il momento di dimostrarlo: quei minori devono “essere rimpatriati”. Il procuratore della Cpi è volato a Londra per chiedere ulteriori fondi per perseguire i crimini di guerra russi, presentando il caso contro Putin in una conferenza che ha visto la partecipazione di 40 Paesi impegnati a coordinare gli strumenti legislativi in materia di crimini di guerra e il supporto promesso alla corte nelle indagini sulla Russia. A Londra, la Cpi ha ricevuto nuovo sostegno finanziario e risorse da ventisei Stati membri dell’Ue, in una dichiarazione congiunta dove l’unica firma a mancare è stata quella dell’Ungheria di Viktor Orban. Kiev chiede da tempo l’istituzione di un tribunale speciale ad hoc sui crimini di Mosca, ma secondo i media, l’ordine d’arresto contro lo zar potrebbe indurla ad accettare la giurisdizione della Cpi. Su quest’ultimo organismo pesano però alcune ombre: prima su tutte, il fatto che la Corte non è riconosciuta da un’ampia fetta di Paesi, tra cui, oltre alla stessa Russia, gli Usa e la Cina. Quest’ultima, attraverso il suo ministero degli Esteri, ha chiesto alla Cpi di “evitare sia la politicizzazione sia i doppi standard”, “sostenere una posizione obiettiva e imparziale” e “rispettare l’immunità dei capi di Stato dalla giurisdizione ai sensi del diritto internazionale”. Proprio mentre il presidente Xi Jinping volava verso Mosca per incontrare Putin, in una visita che secondo il segretario Usa Antony Blinken, suggerisce come per Pechino lo zar non debba rispondere delle sue atrocità in Ucraina.

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