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Flat tax e procedura di infrazione, nuove tensione tra Salvini e Conte

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Tre approcci diversi in maggioranza, un governo che torna sul filo dell’instabilità, una procedura di infrazione senza precedenti che si avvicina. E’ un vero e proprio “black Friday” giallo-verde quello che, da Bruxelles, si vede costretto ad affrontare il premier Giuseppe Conte, chiamato da un lato a parare l’ultimatum di Matteo Salvini sulla Flat tax e dall’altro ad alzare i toni con l’Ue nel mezzo di una trattativa sui conti, che il capo del governo stesso definisce “molto difficile”. Ed e’ una trattativa sulla quale, nonostante gli inviti a moderare i toni che arrivano da Palazzo Chigi, torna a piombare Salvini: “L’infrazione Ue sarebbe un attacco politico, va evitata ma non a ogni costo”. Il premier, dopo esser stato fin quasi all’alba a parlare, nel bar dell’albergo di Bruxelles che ospita diversi leader Ue, con Emmanuel Macron e Angela Merkel, si sveglia con l’ultimatum del leader leghista lanciato al Corsera: “O si fa la Flat tax o lascio”. Fonti leghiste assicurano che non c’e’ alcuna accelerazione pro-crisi ma cio’ non vuol dire che, sulla tassa piatta, la Lega ponga sul piatto suo futuro del governo. Con quella data del 20 luglio a fare da spartiacque: solo se le Camere fossero sciolte prima si potrebbe andare al voto a settembre. La data, non a caso, e’ cerchiata di rosso sui calendari M5S. “Se Salvini cerca una scusa per la crisi lo dica, non cerchi nemici immaginari e non dica sempre che la colpa e’ degli altri”, sbotta il Movimento la cui strategia anti-crisi sembra ormai chiara: far uscire allo scoperto l’alleato, sia sulla crisi sia su un rimpasto che, e’ la convinzione dei pentastellati, e’ obiettivo prioritario della Lega. “La Flat tax non si fa con le interviste ma lavorando”, e’ il richiamo di Luigi Di Maio che invece si dice “ottimista” sul buon esito della trattativa tra Conte e l’Ue. Ma il ministro dell’Interno e’ un fiume in piena. Prima chiede 10-15 miliardi per la Flat tax (e nel Movimento si chiedono come mai abbia sia passato da 30 a 15). Poi, nel pomeriggio, alza ulteriormente la posta chiedendo di anticipare la manovra d’autunno prima della fine dell’estate. Un modo, questo, per dare una risposta concreta all’Europa ma anche per far emergere, subito, i possibili nodi che potrebbero far deflagrare il governo. Conte, a Bruxelles, si mostra meno pacato del solito. Sull’esito della procedura d’infrazione serpeggia pessimismo tanto che il premier, “sentendo” la zampata dei burocrati uscenti, chiede alla commissione in scadenza “fair play”, una sorta di semestre bianco dal sapore quirinalizio. E, con il fallimento del negoziato all’orizzonte, Conte decide di alzare i toni. “Sui conti i numeri reali sono i nostri, non ho e non ho mai avuto l’atteggiamento di chi si presenta con il cappello in mano, non abbiamo niente di cui scusarci”, scandisce il premier. E sul pressing salviniano Conte sembra quasi rassicurare il M5S. “Il clima di fiducia resta, le sorti del governo non si basano su un’intervista”, scandisce, non lesinando una frecciata al leghista: “Non mi accontento di abbassare un’aliquota, sul fisco sono il piu’ ambizioso di tutti”. Del resto, l’ultimatum di Salvini sulla Flat tax e’ diretto piu’ che al M5S a quell’asse tra Conte e il titolare del Mef Giovanni Tria oggi fortissimo. I contatti tra i due, mentre Conte e’ a Bruxelles, sono lunghi e frequenti e non sfugge l’endorsement del premier al presidente della Bce Mario Draghi (lodato anche da Salvini), il cui plauso oggi dell’Eurosummit “mi ha reso molto orgoglioso come italiano”, osserva il premier. Restano i numeri, quei tre miliardi che secondo la commissione mancano per evitare la procedura d’infrazione, a cui vanno aggiunti i circa 3 miliardi di potenziali risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 – da destinare al taglio del deficit – sui quali, mercoledi’ in Cdm, rischia di andare in scena l’ennesimo braccio di ferro tra Conte-Tria e la Lega. Cifre di cui ieri notte, nell’incontro con Merkel e Macron, Conte non ha parlato. Ma “lo scambio con la Francia ad alti livelli c’e'”, spiega il premier.

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Abodi: “America’s Cup a Napoli lascerà eredità importante”

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“L’America’s Cup a Napoli è stata un’esperienza di mesi affascinanti, di lavoro silenzioso tra Napoli e il Governo: il risultato sarà incredibile, ci arriveremo passo dopo passo. Sarà importante anche l’eredità di questo appuntamento, già a partire dal 2026”. Lo ha detto il ministro per lo Sport e per i giovani, Andrea Abodi, durante la trasmissione “Radio di bordo” di Radio Rai 1. “Le bellezze di Napoli e del suo Golfo sono state la motivazione principale insieme a quelle di carattere organizzativo, fiscale, economico che hanno portato a scegliere Napoli. Lo sport fa catalizzatore di questi elementi”, ha aggiunto. Abodi ha concluso parlando di Luna Rossa definendola “un’icona della vela italiana” con “la tecnologia applicata a quello sport con barche che sono vere e proprie formula 1”.

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Musumeci: nei Campi Flegrei si procede senza regime straordinario

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L’attività prevista dal governo nei Campi Flegrei può proseguire con gli strumenti normativi speciali vigenti, senza che si ricorra, almeno per ora, al regime straordinario di emergenza. È questo l’esito della istruttoria dei tecnici del dipartimento nazionale della Protezione civile, condotta su richiesta del ministro Nello Musumeci. Lo si legge in una nota. “Ribadisco la massima attenzione e l’impegno del governo verso la popolazione di quell’area. E mi auguro -sottolinea il ministro Musumeci- che le lentezze più volte lamentate dalle istituzioni del territorio possano essere superate nel più breve tempo possibile. È questo un compito di coordinamento e di vigilanza che il dipartimento nazionale saprà svolgere con tutto l’impegno possibile”.

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Meloni fuori dai Volenterosi, è scontro con Macron

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Una nuova riunione, una nuova foto, una distanza che si fa strappo e sfocia in uno scontro aperto con Parigi. Giorgia Meloni e la Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina non sono mai stati così lontani. Dopo il viaggio a Kiev di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk, a Tirana i quattro leader si concedono un bis. Accade a margine del vertice della Comunità Politica Europea.

In Albania c’è Volodymyr Zelensky, nelle medesime ore i colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina confermano la scarsa concretezza del tavolo di Istanbul. I leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia si riuniscono con il presidente ucraino e tutti e cinque sentono Donald Trump. La foto del loro incontro rimbalza ovunque, come quella di Kiev. E l’Italia non c’è. A dispetto di quanto avvenuto nella capitale ucraina l’assenza di Meloni a Tirana è apparsa più evidente. Il 10 maggio la premier si era comunque collegata alla riunione.

In Albania i 4 leader nordeuropei si sono riuniti a pochi metri dalla presidente del Consiglio, che come tutti gli altri era nelle sale che ospitavano le tavole rotonde previste dalla riunione della Cpe. La sua assenza è subito entrata nel mirino delle opposizioni in Italia e, forse anche per questo, Meloni ha deciso di intervenire. Con un rapido punto stampa, nel quale la premier ha messo in chiaro la sua linea: “L’Italia non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità”. Parole sulle quali, poco dopo, si soffermato Macron. Smentendo che si sia parlato di invio delle truppe sia a Tirana sia nell’incontro di domenica con Zelensky a Kiev.

“La discussione è sul cessate il fuoco, guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe”, ha tenuto a precisare l’uomo dell’Eliseo. Il botta e risposta conferma un gelo che a Tirana era parso già evidente. Basta guardare un altro scatto del summit, quello che ritrae Meloni, Tusk, Starmer e questa volta Ursula von der Leyen parlare con Zelensky prima della sessione plenaria dell’incontro. Quando Macron non era ancora arrivato. Il nuovo incontro dei Volenterosi ha tuttavia visto emergere un ulteriore elemento, il rinnovato asse con Trump sull’Ucraina.

“Continueremo a lavorare insieme. Il compito principale è mantenere l’unità dei partner europei e americani intorno alla questione”, hanno dichiarato i quattro leader dopo l’incontro, definendo “inaccettabile” il rifiuto del cessate il fuoco da parte del Cremlino. I contatti, ha spiegato Macron, continueranno nei prossimi giorni. E il presidente francese, in conferenza stampa, ha anche evocato la possibilità di un nuovo colloquio telefonico tra Trump e Vladimir Putin. Sullo Zar l’intenzione di Europa e Usa è quella di accrescere la pressione.

“Noi vogliamo la pace, e per questo dobbiamo aumentare le sanzioni”, ha incalzato von der Leyen anticipando che il nuovo pacchetto – coordinato con Washington – includerà il divieto di accesso a Nord Stream 1 e 2, l’abbassamento del prezzo del petrolio grezzo e misure finanziarie contro le banche russe. Meloni ha ribadito che “non bisogna gettare la spugna” e che “serve insistere sulla pace e sulle garanzie di sicurezza per Kiev”.

Ha lodato “l’eroismo” del popolo ucraino e e si è unita alla condanna dell’assenza di Putin a Istanbul. Ma il suo rapporto con i Volenterosi sull’Ucraina appare ora incrinato. Probabilmente la premier tornerà a discuterne con Merz nel bilaterale di Roma. Nel frattempo, le opposizioni sono passate all’attacco parlando di “umiliazione”. Ai vertici “è un fantasma, ha messo l’Italia in panchina”, ha sottolineato Giuseppe Conte. “E’ un’influencer ininfluente”, ha chiosato Matteo Renzi. “E’ ancora fuori dai tavoli che contano”, ha aggiunto Angelo Bonelli di Avs. Parole alle quali la premier ha replicato con durezza: “A chi si lamenta, all’opposizione ad esempio, chiedo la mia stessa chiarezza: ci si chiede di partecipare a questi formati perché dobbiamo mandare le truppe in Ucraina o perché dobbiamo farci una foto e poi dire di no? Io sono una persona seria”.

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