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Cronache

Ex sindaco annuncia su facebook il suicidio

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Ha annunciato il suicidio su Facebook accompagnando il messaggio ad una foto di alcune boccette di farmaci. Chi ha letto il post, poi, ha avvisato i familiari che sono intervenuti prontamente. E’ successo a Nocera Superiore dove l’ex sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, sotto processo per presunti legami tra politica e camorra, vive. Il politico, medico di professione ed ex pupillo del sottosegretario di Forza Italia Nicola Cosentino, dallo scorso dicembre è tornato in libertà. Ha il divieto di dimora a Scafati e dintorni. Mercoledì con un post sul social network ha annunciato il suicidio: “Dopo 400 giorni di misura cautelare, dopo tutta la violenza subita da questa indagine, dopo l’udienza di oggi e il modo con cui è stato trattato il mio avvocato Silverio Sica a cui va tutta la mia solidarietà, l’unica soluzione è farla finita. Mi stanno distruggendo da anni sul nulla”. E 400 giorni di custodia preventiva son tanti, per chiunque.

A scatenare la decisione dell’ex sindaco sarebbe stata la decisione del suo legale che avrebbe avanzato l’ipotesi di abbandonare la difesa del suo assistito. Aliberti è stato soccorso dai familiari all’interno dell’abitazione di Nocera Superiore ed è stato trasportato all’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. L’ex sindaco avrebbe ingerito una dose non terapeutica di farmaci.

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13enne morta, indagato il fidanzato per omicidio

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Non aveva ancora compiuto 14 anni e la sua breve vita è finita una mattina di fine ottobre, volando dal balconcino condominiale del palazzo dove abitava, una caduta di otto metri che non le ha lasciato scampo. Era insieme al suo fidanzato, di un anno più grande e in tanti dicevano prima e continuano a dire, dopo la tragedia, che era un rapporto complesso. La sorella maggiore grida la sua rabbia sui social e parla di femminicidio, di una relazione malata, di un ragazzo ossessionato. La madre piange. Lui è stato sentito a lungo ieri dai carabinieri e dai magistrati, ma infine rilasciato a tarda sera. E’ indagato però, a piede libero, per omicidio volontario: ha ricevuto un avviso di garanzia in vista dell’autopsia che lunedì mattina sarà conferita dalla Procura per i minorenni di Bologna.

La storia che arriva da Piacenza apre un altro abisso di dolore per due famiglie, con protagonisti giovanissimi e con tanti dettagli ancora da chiarire, interrogativi senza risposta, investigatori al lavoro da ieri mattina per ricostruire i fili della vicenda. Tutto è successo nelle ore in cui Filippo Turetta, da un’aula di tribunale a Venezia, raccontava come aveva ucciso Giulia Cecchettin. Su Piacenza la Procura per i minorenni, titolare del caso, ancora non si sbilancia. In una nota il procuratore capo Giuseppe Di Giorgio conferma che non sono stati assunti provvedimenti restrittivi: “Al momento non è ancora possibile esprimersi sulla natura accidentale o volontaria della caduta, né se la stessa sia stata procurata da terzi”. Sarà conferito l’incarico per gli esami medico legali, spiega il procuratore e sono in corso “serrate indagini” per ricostruire l’accaduto “attraverso accertamenti tecnici sui luoghi e sulle cose sequestrate, tra cui il cellulare della ragazza e l’audizione di persone informate sui fatti”.

Tra le persone sentite ci sarebbe anche la madre della ragazza, che avrebbe confermato il rapporto conflittuale tra la figlia, che vive con lei e la sorella maggiore, e il ragazzo. Ieri mattina la 13enne non è andata a scuola. Ma è salita sul balcone con il giovane, non è chiaro il motivo. Un altro aspetto che dovrà essere verificato è se la ragazza si fosse confidata con altri, per esempio con i servizi sociali che seguivano il nucleo, in merito ai problemi che aveva con il giovane. Per quello che la sorella, in uno sfogo sui social, definisce un rapporto ossessivo. La giovane, 22 anni, non ha dubbi: “L’ha buttata giù lui, non era pazza, né depressa, è stata l’ennesima vittima di violenza”. E ancora: “Era ossessionato da lei, ha provato in tutti i modi a liberarsi di questo reietto”, aggiunge, pubblicando gli screenshot di alcuni scambi via chat con la sorellina dove questa diceva: “Mi viene sotto casa, mi viene sotto scuola”.

Il ragazzo, per quello che si è potuto apprendere, nell’interrogatorio avrebbe parlato di un suicidio da parte della fidanzata. E’ possibile che una volta raccolti ulteriori elementi venga nuovamente sentito dagli inquirenti. Che continuano il loro lavoro, dopo aver fatto sopralluoghi e audizioni per “chiarire la dinamica e i movimenti della minore nelle ore precedenti alla caduta nonché a valutare l’eventuale coinvolgimento di coetanei”, come spiegato dal procuratore Di Giorgio. Sembra che non ci fossero telecamere a riprendere il terrazzo del volo fatale che lascia sgomenta una città. Ieri le compagne di scuola, dopo aver saputo quello che era successo, sono corse nella strada dove la 13enne viveva, hanno portato palloncini bianchi.

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Turetta forse non più in aula, sentenza a dicembre

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Aveva pensato di “rapirla, per stare con lei, e dopo qualche tempo toglierle la vita”, ma ha anche aggiunto che “nella mia testa quel pensiero, fino all’ultimo, non era definitivo”. Davanti ai giudici dell’Assise, ieri, Filippo Turetta ha ondeggiato continuamente fra queste due figure: quella dell’assassino che aveva premeditato ogni cosa – ciò che gli contesta la Procura – e quella di chi vuole “ammettere tutte le colpe”, ma nello stesso tempo non voleva “che quello fosse l’epilogo”. Sarà la Corte d’Assise a decidere se questo sia stato solo un estremo tentativo di allontanare da sè la premeditazione. E quella di ieri potrebbe essere stata l’unica volta di Turetta in aula.

La sentenza è attesa il 3 dicembre. Certo, il memoriale di 80 pagine scritto durante i lunghi mesi del carcere non pare aver derubricato l’immagine del killer impietoso che ha massacrato l’ex fidanzata con 75 coltellate. Di fronte alle incongruenze contestate dal pm, Andrea Petroni, su quanto aveva verbalizzato nell’interrogatorio del 25 novembre, e quanto scritto nel memoriale, Filippo ha ammesso di aver “detto una serie di bugie”. Negli 80 fogli scritti quasi tutti in corsivo ha provato a spiegarne il perchè: temeva che i suoi genitori non avrebbero più voluto vederlo dopo l’arresto in Germania e quello che era emerso sull’omicidio. Ma loro, Nicola ed Elisabetta, il 3 dicembre erano andati a trovarlo in carcere a Verona. “Erano ovviamente scossi e scioccati emotivamente – scrive – Non riuscivano ad accettare la cosa, e questo senza che pensassero che potesse esserci una sorta di premeditazione”.

Temeva insomma, che scoprire anche la premeditazione li avrebbe allontanati per sempre da lui. In ogni caso, per l’accusa, sarebbe bastata la “lista delle cose da fare – lo scotch, il badile, i sacchi neri, le manette – a togliere ogni dubbio su quali erano le intenzioni di Filippo. Una lista – cancellata e ritrovata nel suo telefonino – compilata il 7 novembre 2023, quattro giorni prima dell’assassinio di Giulia. “Era una lista per sfogarmi, mi tranquillizzava” ha risposto ieri in aula, sostenendo che non era un piano da attuare in un momento preciso. Turetta potrebbe non ripresentarsi più in aula. Il suo esame si è concluso ieri; l’udienza già programma per il proseguo dell’ interrogatorio, lunedì 28 ottobre, è stata annullata. “In astratto, dal punto di vista processuale, non è più necessario” ha spiegato il suo difensore, il prof Giovanni Caruso. Per la sentenza, si vedrà. Caruso ha detto di prevedere “una commisurazione della pena della giusta severità”, anche se, ha osservato, “che i processi per reati come i femminicidi vengano definiti con l’ergastolo è abbastanza frequente.

E’ una possibilità”. Il faccia a faccia con i giudici, ieri, era una condotta che il legale aveva stabilito con Turetta, una condizione per garantire il proseguimento della sua difesa. Così come l’idea del memoriale. Ieri, ha aggiunto Caruso, “è’ stato un adempimento molto duro, sofferto per tutti Ma era un passaggio doveroso, che andava fatto e su cui ho insistito”. Diversa, naturalmente, la valutazione degli avvocati delle parti civili. L’avvocato Stefano Tigani, che rappresenta Gino Cecchettin, ha detto che “l’udienza di ieri ha certificato in tutto le imputazioni e le aggravanti. L’imputato ha peraltro mentito sin dall’inizio, e persino il memoriale, che nelle sue intenzioni dichiarate doveva essere un atto di trasparenza, è imbarazzante così come lo è stato il suo esame”. “Turetta – ha concluso – non merita alcuna attenuante, non ci sono i presupposti. Non c’è pentimento, non c’è presa di distanza dall’ illecito. Non c’è rispetto per la vittima e la famiglia. Nulla di nulla”.

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Sara Centelleghe, uccisa a 18 anni a coltellate dal coetaneo vicino di casa Dip Gulsham: che cosa è successo

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Una ragazza di soli 18 anni – ne avrebbe compiuti 19 il prossimo 9 novembre -, Sara Centelleghe, è stata uccisa a coltellate la scorsa notte nel suo appartamento al terzo piano di una palazzina di Costa Volpino, centro di ottomila anime sulla punta settentrionale del lago d’Iseo. Per l’omicidio oggi pomeriggio i carabinieri di Clusone e Bergamo hanno arrestato un cittadino indiano praticamente coetaneo e conoscente della vittima, Dip Gulsham, 19 anni, che vive nello stesso complesso residenziale di Sara, ma in una scala diversa: è accusato di omicidio volontario. Da quanto ricostruito, la ragazza si trovava in casa con un’amica nell’appartamento al terzo piano della scala accessibile da via Nazionale al civico 124 dove viveva con la madre che in quel momento era fuori.

Poco dopo l’1 della notte scorsa l’amica è scesa per prendere da bere a un distributore automatico situato a poco più di cento metri dall’androne del palazzo. In questo frangente si è consumato l’omicidio: il giovane indiano ha raggiunto la casa di Sara, probabilmente passando dall’interno del complesso residenziale e, per cause ancora al vaglio degli inquirenti, l’ha accoltellata al viso e al torace. Dopodiché si è dileguato, scendendo per le scale e rifugiandosi a casa sua. Poco dopo è tornata a casa l’amica della ragazza, che salendo le scale ha subito notato le tracce di sangue – gocce e impronte di piedi nudi – e, entrata nell’appartamento, l’ha trovata a terra esanime e in un lago di sangue. A quel punto si è messa a gridare, attirando l’attenzione degli altri inquilini – nella palazzina vivono una quarantina di famiglie -, alcuni dei quali sono accorsi: la chiamata al 112 è arrivata al 118 e un vicino di casa in particolare ha praticato, seguendo le indicazioni al telefono del personale appunto del numero di emergenza, il massaggio cardiaco alla diciottenne, ma senza risultato. Anche gli stessi sanitari arrivati con l’automedica e l’ambulanza hanno tentato di rianimare la giovane, ma invano.

Alla fine è stato constatato il decesso e sono iniziati i rilievi dei carabinieri della compagnia di Clusone e del nucleo investigativo di Bergamo, coordinati dal sostituto procuratore Giampiero Golluccio. L’appartamento è stato posto sotto sequestro. Già nella notte erano stati sentiti la stessa amica che ha trovato Sara uccisa, diversi vicini di casa e alcuni conoscenti della ragazza. Anche la madre della vittima è rincasata e all’abitazione è arrivato anche il padre (i genitori sono separati) che vive in un’altra casa, sempre a Costa Volpino. Terminati i rilievi, la salma di Sara Centelleghe è stata portata all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove nei prossimi giorni sarà eseguita l’autopsia. Già in mattinata i carabinieri avevano prelavato da casa il vicino e amico indiano: attorno alle 13 gli inquirenti si sono presentati a casa sua per sequestrare abiti e lenzuola.

I carabinieri hanno da subito fatto sapere che il delitto non era maturato in ambito familiare e che non si trattava di una rapina: motivo per cui le attenzioni si sono concentrate sulle conoscenze della vittima, fino a quando il cerchio si è stretto attorno a Dip Gulsham, che ha poi ammesso le proprie responsabilità davanti ai militari dell’Arma, venendo in serata anche sentito dal sostituto procuratore titolare del caso, assistito da un difensore d’ufficio, prima di essere accompagnato in carcere in via Gleno a Bergamo. Il movente non è ancora stato chiarito.

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