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Cronache

Enrico Tuccillo se ne va nel giorno della Resurrezione di Cristo, è stato un grande uomo e un grande avvocato che ha difeso i potenti e gli ultimi

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Il Covid 19 s’è portato via un napoletano eccellente. L’avvocato Enrico Tuccillo ci lascia a 78 anni. Se ne va nel giorno di Pasqua, il giorno della Resurrezione di Cristo. Quel nemico subdolo, invisibile che non vedi e non sai combattere l’ha portato via ai suoi figli, alla sua famiglia, ai suoi amici, ai suoi estimatori, alle migliaia di persone che a Napoli e in ogni parte d’Italia e del mondo gli hanno sempre voluto bene. Perché l’avvocato Enrico Tuccillo era un uomo di bene, una persona perbene, un napoletano colto, un insigne giurista, un principe del foro. Non un “principe” a chiacchiere. No, lui maneggiava il diritto con cura, lo usava per proteggere i più deboli, per curare le ferite di chi sbagliava, per aiutare la giustizia a fare il suo corso con autorevolezza senza autoritarismi. Nella sua vita di avvocato Enrico Tuccillo ha difeso gli ultimi e i potentissimi. Perché il suo interesse principale era la giustizia, la difesa dei valori che ispirano la giustizia in un Paese normale. Lui si occupava di giustizia terrena ma era un fervente cattolico, aveva il dono della fede e credeva anche nella giustizia divina. La sua conversione avvenne un mese prima della morte di Padre Pio al quale è rimasto sempre devoto. Nel 1999 era tra i diaconi che distribuirono l’eucarestia ai fedeli alla cerimonia di beatificazione del frate di Pietrelcina.

Se potessi vederlo e parlargli ora, sono certo che Enrico mi spiegherebbe perché se n’è andato a Pasqua e non due settimane fa, quando pure stava male e quando qualcuno l’aveva dato per morto, scrivendo “coccodrilli” frettolosi che non facevano giustizia della storia umana e professionale di questo napoletano eccellente, colto, ironico, cosmopolita. Da qualche mese scriveva (anzi faceva dei video-editoriali assieme ad Antonio D’Amore) per Juorno. E come era suo solito, si occupava di temi mai banali: l’Europa, l’economia, la cultura, la storia di questo Paese sempre più sfilacciato. C’è una cosa che mi ha spiegato qualche giorno prima che fosse ricoverato in ospedale. Mi spiegò la parola “potere”. E mi disse, con il suo consueto garbo e la sua cultura, che in Italia questa parola la si poteva declinare in due modi: come verbo e come sostantivo. Purtroppo “caro Paolo, il verbo in pochi sanno declinarlo nei tempi e nei modi giusti  ed è per questo che il nostro Belpaese non riesce più a trovare una classe dirigente all’altezza della sua storia”. Era questo Enrico Tuccillo. Mezz’ora di chiacchiere leggere con lui ti restavano nella mente e nel cuore per giorni.

Ovviamente non avevo un “coccodrillo” per ricordare Enrico Tuccillo. Ho usato le parole del cuore per ricordare un uomo che mi ha sempre fatto del bene, mi ha sempre illuminato con quegli occhi azzurri come il colore del mare di Napoli, ha sempre ispirato pensieri buoni,  mi ha sempre dato gioia, allegria trasmesso sapere, cultura. Un giorno a casa sua, con la consueta levità, mi offri un caffè e dal giardino, dove mi portò, mi disse di guardare il golfo di Napoli: “Quanti si possono permettere il lusso di prendere il caffè con gli occhi immersi nel mare?” Pochi. Lui si sentiva un eletto perchè era napoletano. Non lo sentiva come senso di stupida superiorità. No, tutt’altro. Lui si riteneva fortunato di essere nato nella città di Napoli.  Incontrarlo per me era sempre una festa. Enrico Tuccillo mancherà non solo ai suoi nove figli, alla moglie, e alla sua sterminata famiglia. Enrico mancherà sicuramente ad un esercito di amici , conoscenti, tifosi del Napoli. Ecco, era un “malato” del Napoli. Nessuno lo dimenticherà mai.

 

*Della sua attività professionale, ricordiamo che Enrico Tuccillo è stato l’avvocato di Cristiana Sinagra nella causa per l’attribuzione di paternità a favore del piccolo Diego Armando Maradona jr. nel ’98. Venne nominato legale di fiducia del  cardinale Michele Giordano. Grande oratore della scuola di Alfredo de Marsico, Enrico Tuccillo è stato il difensore di parte civile nella causa contro Pierpaolo Pasolini, imputato di vilipendio alla religione dello Stato e diffamazione degli Ordini Francescani, quale autore del film “I racconti di Canterbury”. Poi ha difeso Senzani, Scartabello e Sarnelli nel processo dinnanzi alla Corte di Assise di Napoli a carico della “ colonna napoletana” delle Brigate Rosse”. Ha sempre difeso personaggi importanti, spesso scomodi come nel caso di don Giuseppe Rassello, parroco della Sanità, accusato di pedofilia, poi ha assistito i Sostituti Procuratori della Repubblica di Napoli nell’ambito del procedimento nato a seguito delle denunce di Vito Gamberale e il Procuratore Capo della Repubblica Alfredo Ormanni nel procedimento a carico di Marco Pannella indagato per i reati di diffamazione a mezzo stampa. È stato difensore del Generale Raiola, parte civile per il delitto di calunnia relativo al procedimento per la morte di Ilaria Alpi e del Premier del Montenegro Milo Djukanovic.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Giffone (RC), i Carabinieri scoprono e distruggono la quinta piantagione di marijuana in pochi giorni

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Continuano le operazioni di contrasto alla coltivazione illegale di marijuana nel comune aspromontano di Giffone. I Carabinieri della Compagnia di Taurianova, supportati dallo squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto e distrutto un’altra vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.

Durante l’ultimo intervento, i militari hanno rinvenuto oltre 2500 piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza e si trovavano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. Sul posto, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.

L’operazione ha impedito la produzione di oltre 70 mila dosi di marijuana, che avrebbero avuto un valore di mercato di circa 600.000 euro. Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, prevenendo così l’immissione sul mercato illegale degli stupefacenti.

Attualmente, il procedimento è nella fase delle indagini preliminari. La responsabilità del giovane arrestato sarà valutata nel corso del successivo processo, in base alla fondatezza delle accuse mosse a suo carico. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona indagata.

L’impegno dei Carabinieri nel contrastare la coltivazione e il traffico di droga continua a dare risultati significativi. La scoperta e la distruzione di queste piantagioni rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il mercato illegale degli stupefacenti, contribuendo a proteggere la salute pubblica e la sicurezza della comunità.

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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