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Ambiente

Energy Observer, il catamarano del futuro che naviga a idrogeno intorno al mondo

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Energy Observer. È il primo catamarano a idrogeno al mondo.  La prima barca alimentata solo a energie rinnovabili e idrogeno. Sta viaggiando intorno al mondo. Le ultime tappe sono state Montenegro e Croazia, quindi Venezia, ora procede verso Bari il suo giro nel Mediterraneo. Un viaggio attraverso i mari della Terra in sei anni, per questa “Odissea per il futuro” iniziata nel 2017 e destinata a toccare cinquanta Paesi e più di cento porti sfruttando solo la forza di vento, sole e mare. È una barca ecologica al cento per cento. La prima a utilizzare l’idrogeno prodotto a bordo grazie a un sistema di elettrolisi. Un progetto da cinque milioni e mezzo di euro, per sperimentare tutte le potenzialità delle nuove tecnologie, cercando nuove soluzioni energetiche grazie alla partnership con Toyota, che proprio a Venezia ha annunciato l’ arrivo sul mercato italiano il prossimo anno della prima vettura ad idrogeno al mondo prodotta in serie, Mirai, che in giapponese vuol dire, non a caso, futuro.

Energy Observer. Il catamarano a emissioni zero in giro per il mondo


L’ Energy Observer ha un  equipaggio francese – quattro ingegneri e quattro tecnici – che nella tappa veneziana ha allestito una sorta di villaggio didattico per mostrare come si produce energia pulita senza emissioni di CO2, dalla macchinetta del caffè alla doccia: il pannello al centro del salottino sottocoperta monitora la situazione di ogni parte dell’imbarcazione, e i marinai-ingegneri non perdono d’occhio per un’ istante lo stato delle fuel cell, le pile a combustibile che ne rappresentano il cuore artificiale più sofisticato. Il grande scafo lungo 30 metri e largo quasi 13 è ricavato dal refitting di una barca a vela degli anni ’70: una seconda giovinezza per “Enza New Zeland”, il leggendario catamarano che nel 1994 si aggiudicò anche uno dei riconoscimenti più ambiti da tutti i velisti, il Trofeo Jules Verne, circumnavigando il globo in poco più di 74 giorni. Al timone c’erano Robin Knox-Johnston e l’ ambientalista neozelandese del Team New Zeland Sir Peter Blake, ucciso nel 2001 sul delta del Rio durante una spedizione sui mutamenti climatici in Amazzonia per conto delle Nazioni Unite.
Il catamarano sfrutta l’energia solare con 170 metri quadrati di pannelli in gran parte double-face per accumulare energia da entrambi i lati, ed eolica tramite due pale verticali, in abbinamento a due motori elettrici da 21 kw alimentati da energia generata dalle fuel cell.
L’ acqua viene demineralizzata, privata di sali e ioni, e poi viene separato via elettrolisi l’ ossigeno dall’idrogeno; con la compressione di quest’ultimo avviene poi lo stoccaggio in serbatoi che possono essere usati per alimentare pile a combustibile capaci di generare calore ed energia per la propulsione elettrica. Proprio grazie all’idrogeno viene ridotto l’utilizzo di batterie tradizionali, alleggerendo notevolmente lo scafo: l’ Energy Observer arriva così a pesare 28 tonnellate, una decina in meno rispetto ad imbarcazioni analoghe a propulsione elettrica.
Un gioiello di tecnologia che dalla partenza a Saint-Malo la scorsa estate ha già percorso più di 7.600 miglia, e fra qualche mese tenterà la traversata dell’ Atlantico con l’ obiettivo di arrivare a Tokyo per le Olimpiadi del 2020.

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L’Onu lancia l’allarme acqua, rischio crisi imminente

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 L’acqua, “linfa vitale” dell’umanità, è sempre più a rischio nel mondo a causa dell’eccesivo sviluppo e del consumo “vampirico”. A lanciare l’allarme è l’Onu in un rapporto in cui mette l’evidenza come la carenza di acqua sta peggiorando con l’imminente rischio di una crisi globale. Il mondo sta “ciecamente camminando su una strada pericolosa con l’insostenibile uso di acqua, l’inquinamento e il surriscaldamento climatico che stanno drenando la linfa vitale dell’umanità”, afferma il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Il rapporto dell’Onu arriva in occasione della conferenza sull’acqua che si aprirà nelle prossime ore alle Nazioni Unite. Secondo il rapporto circa due miliardi di persone non hanno l’accesso ad acqua potabile sicura mentre 3,6 miliardi non lo hanno a servizi sanitari affidabili. “La scarsità di acqua sta diventando endemica”, si legge nel rapporto nel quale si osserva come l’uso di acqua sia aumentato a livello globale di circa l’1% ogni anno negli ultimi 40 anni e dovrebbe mantenere tassi di crescita simili fino al 2050.

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Associazione salute Ue per Nutriscore, l’Italia fa muro

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Non c’è pace per l’Italia e la dieta mediterranea sul fronte del Nutriscore. A tornare alla carica chiedendo alla Commissione Ue l’adozione urgente dell’etichetta a semaforo proprio quando la questione sembrava destinata a slittare a data da destinarsi è stata l’Associazione europea per la salute pubblica Eupha, organizzazione Ue a cui aderiscono 85 membri di 47 Paesi. Secondo l’Eupha, il Nutriscorse “è l’unico sistema”, tra i quattro presi in considerazione in sede europea, a rispondere ai criteri necessari per avere il maggiore “potenziale” per ridurre sul lungo termine le malattie dovute a una non corretta alimentazione. “Anche se nessun sistema può essere definito perfetto da tutti i soggetti interessati – si legge in un documento diffuso a titolo personale dall’Eupha – la sua adozione da parte di un numero crescente di Paesi membri fa del Nutriscore l’unica opzione praticabile per una tempestiva implementazione nell’Ue di un’etichetta nutrizionale sulle confezioni degli alimenti”.

Immediata e netta la reazione del governo. Alimentazione sana “non significa affidarsi al Nutriscore” che “è un’etichettatura condizionante basata su algoritmi matematici che pretendono di codificare l’alimentazione partendo da analisi criticabili”, ha osservato il ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare e foreste Francesco Lollobrigida. E il sottosegretario Luigi D’Eramo, ha rincarato la dose sottolineando che la richiesta dell’Eupha “è lontana dai principi democratici alla base dell’Ue. Sorprende – ha detto D’Eramo – che venga bocciato il Nutrinform, che ha l’obiettivo di informare i consumatori, e promosso invece il Nutriscore che, come è scritto anche nel documento, è volto a orientarne le scelte. L’Eupha boccia il Nutrinform, noi bocciamo questa presa di posizione sia nel merito che nel metodo. Ribadiamo – ha aggiunto il sottosegretario – la ferma contrarietà a un sistema fuorviante che penalizza prodotti di eccellenza e legati ai territori. Continuiamo a preferire il Nutrinform e la dieta mediterranea”. Sulla stessa linea la delegazione leghista all’Europarlamento che in una nota parla di “attacco contro l’Italia” e di un “tentativo debole di sostenere un sistema sbagliato”.

“La battaglia della Lega è più viva che mai, serve fare fronte comune per difendere le nostre produzioni e le nostre eccellenze, facendo asse tra Roma e Bruxelles e con il governo, coinvolgendo anche il mondo associativo e riaffermando gli impegni più volte sottoscritti in Italia rispetto all’interesse nazionale. Se Bruxelles pensa di imporci dall’alto l’ennesima eurofollia, si sbaglia di grosso”.

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Più rinnovabili e meno Cina, nuovo piano industriale Ue

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Un’Europa Clean Tech e più slegata dalla Cina: in un corposo pacchetto di proposte legislative l’Ue ridisegna ancora una volta se stessa e rilancia, in chiave tutta industriale, il concetto di Green Deal. Il Net-Zero Industry Act e il Raw Materials Act si presentano come due piani complementari che puntano, da un lato alla produzione di tecnologie pulite e, dall’altro ad evitare, sulle materie prime strategiche cinesi, gli stessi errori fatti sul gas russo. Il Net Zero Act sarà oggetto di discussione al summit dei leader della prossima settimana. Ed è tutt’altro che scontato che sia ben accolto da tutti. L’inclusione del nucleare o meno tra le tecnologie strategiche, ad esempio, ha già diviso, e a lungo, la Commissione. Che alla fine è giunta ad un compromesso: il nucleare è rimasto fuori dalle tecnologie strategiche ma, quello di quarta generazione che produce scarti minimi, è rientrato nel piano come oggetto di sostegni mirati.

Il macro-obiettivo del Net-Zero Act è produrre ‘in-house’ entro il 2030 almeno il 40% della tecnologia pulita necessaria alla svolta verde. A questo fine l’Ue è pronta ad una serie di agevolazioni per tutti quei progetti che includano, innanzitutto, 8 tecnologie definite strategiche: dall’eolico al fotovoltaico, dal biogas all’elettrico. Permessi più facili, agevolazioni fiscali, sandbox regolamentari dove testare le nuove tecnologie in ambienti ad hoc sono tra i principali strumenti che Bruxelles metterà a disposizione. Il testo, tuttavia, mantiene una certa vaghezza sullo strumento numero uno: i finanziamenti. Certo, c’è il nuovo regime temporaneo di aiuti di Stato varato proprio con gli stessi obiettivi. C’è la banca dell’idrogeno, lanciata assieme al piano. E ci sono i programmi europei già in funzione, dal Recovery a InvestEu fino al Fondo Innovazione. Ma non basta. Lo sostengono gli industriali europei. Presto, potrebbero sostenerlo anche diverse capitali dell’Unione, Roma inclusa. Tutte aggrappate ad una frase contenuta nel piano: “una risposta più strutturale alle esigenze di investimento sarà fornita dal Fondo europeo di sovranità”.

Il Raw Material Act ha, invece, per oggetto un elenco di materie prime critiche la cui domanda è in costante crescita ma che, in futuro, potrebbero scarseggiare. Nichel, tungsteno, magnesio, elementi delle terre rare, litio sono solo alcuni esempi. Il piano è che, entro il 2030 l’Ue non usi oltre il 65% di materie critiche provenienti da un singolo Paese terzo. E, sebbene non sia scritto, si tratta della Cina. Tra gli obiettivi c’è anche quello di estrarre in Ue, entro lo stesso anno, almeno il 10% delle materie critiche utilizzate. “Oggi finisce l’ingenuità e si passa all’azione”, ha scandito il commissario al Mercato Interno Thierry Breton presentandosi ai cronisti con Frans Timmermans. E il vice presidente dell’esecutivo Ue si è anche soffermato sull’attacco alla direttiva sulle case green arrivato da Giorgia Meloni.”Ho letto sulla stampa italiana cose sbagliate, c’è bisogno di spiegare. E’ nell’interesse di Roma andare avanti”, ha sottolineato Timmermans dicendosi inoltre fiducioso in un accordo con la Germania per sbloccare l’altro dossier incandescente di questi giorni, lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Ma le parole dell’olandese hanno subito innescato la brusca reazione di Fdi e Lega. “Abbiamo le idee molto chiare. Timmermans confonde la realtà con i suoi desideri, si rassegni e si goda gli ultimi mesi da commissario”, è stata la loro replica. E la sensazione è che il botta e risposta sia tutt’altro che finito.

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