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Elena Di Maio: fango contro la famiglia per colpire lui, manco ai peggiori camorristi

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Quello che segue è un post pubblicato su Fb da Elena Di Maio, cugina di Luigi Di Maio spiega la sequela di feroci attacchi cui è stata sottoposta la famiglia del ministro e capo del M5S per attaccarlo. Nelle parole di questa signora c’è molta fermezza e anche grande pacatezza. 

 

Sto pensando al nostro Luigi, a mio cugino Antonio e alla sua cara e bella famiglia. Non ho scritto in questi giorni perché tutti siamo rimasti a dir poco scioccati da quanto è successo, da quello letto e soprattutto visto. Credo che nemmeno il più incallito camorrista si sia visto un drone che girava di fronte casa eppure è successo a noi…una famiglia tranquilla, perbene e unita. Non potendo attaccare l’onestà, la trasparenza e il coraggio di un giovane Ministro che restituisce soldi, che lavora incessantemente per trovare soluzioni per tutti e non per pochi, che si fa in quattro pur di mantenere gli impegni presi con i suoi elettori…..ecco partire la macchina del fango contro la sua famiglia pur di screditarlo, di appannarlo, di fiaccarne lo spirito. Proprio perché siamo una famiglia unita ci siamo sentiti tutti attaccati personalmente. La mia solidarietà va ad Antonio che ho visto sempre lavorare e spesso lottare per mantenere in piedi una piccola azienda. Avrà fatto degli errori? Forse sì, come tutti noi ne facciamo nella nostra vita e nella professione anche quando siamo in buona fede.
Ma…e qui monta la mia rabbia…essendo fatti ed episodi risalenti ad anni addietro quando Luigi non era ancora nato oppure era un ragazzino, perché si vuole per forza tirarlo in ballo e dargli delle responsabilità che non poteva avere dato la sua età?
E allora mi faccio delle domande che trascendono anche i fatti successi: che società siamo? Che società è quella che vuole vedere e gode a vedere che tutti siamo colpevoli… che ritiene non possa esistere ancora qualcuno che lotta per i suoi ideali, che lotta e si sacrifica per una società migliore. No, ci fa molto più comodo credere che siamo tutti uguali, tutti corrotti o corruttibili e così ci sentiamo la coscienza a posto.
Luigi viene attaccato perché è una persona pulita, trasparente che ottiene delle cose senza scendere a compromessi e che è arrivato ad un gradino alto senza essere raccomandato (che orrore) e per la nostra società queste persone non possono esistere, ci danno fastidio, mettono a nudo le nostre mediocrità e i nostri fallimenti. Se si combatte Luigi, si combatte quella parte “pulita” di noi, quella che insegniamo ai piccoli pur sapendo che nella vita non potranno mai realizzare.
Luigi e altri come lui stanno cercando, invece, di metterla in atto questa parte bella e pulita …non possiamo e non dobbiamo tarpare le ali a chi ci vuole provare ma sostenerlo e aiutarlo.
Ops.. ho scritto troppo.. ma continuerei all’infinito. Quando fu eletto Luigi e diventò vice presidente della Camera io scrissi:”Siamo tutti fieri e orgogliosi di te!” Oggi non solo lo ribadisco ma lo grido ancora più forte
“FORZA LUIGI, SIAMO FIERI E ORGOGLIOSI DI TE, TI SIAMO VICINO E TI SOSTENIAMO! SEI UN GRANDE!”
Elena Di Maio, zia di Luigi Di Maio, cugina di Antonio Di Maio

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Giffone (RC), i Carabinieri scoprono e distruggono la quinta piantagione di marijuana in pochi giorni

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Continuano le operazioni di contrasto alla coltivazione illegale di marijuana nel comune aspromontano di Giffone. I Carabinieri della Compagnia di Taurianova, supportati dallo squadrone eliportato “Cacciatori di Calabria”, hanno scoperto e distrutto un’altra vasta piantagione di marijuana nascosta in una zona boschiva e impervia. Questa è la quinta piantagione individuata nel giro di pochi giorni.

Durante l’ultimo intervento, i militari hanno rinvenuto oltre 2500 piante di marijuana, alcune delle quali superavano i due metri di altezza e si trovavano già in uno stato avanzato di crescita, pronte per essere raccolte. Sul posto, è stato sorpreso un giovane di 21 anni, residente a Giffone, mentre controllava lo stato di maturazione delle piante e gestiva un sofisticato sistema di irrigazione.

L’operazione ha impedito la produzione di oltre 70 mila dosi di marijuana, che avrebbero avuto un valore di mercato di circa 600.000 euro. Grazie all’intervento tempestivo dei Carabinieri, le piante sono state estirpate e sequestrate, prevenendo così l’immissione sul mercato illegale degli stupefacenti.

Attualmente, il procedimento è nella fase delle indagini preliminari. La responsabilità del giovane arrestato sarà valutata nel corso del successivo processo, in base alla fondatezza delle accuse mosse a suo carico. Non si escludono ulteriori sviluppi investigativi e probatori, anche in favore della persona indagata.

L’impegno dei Carabinieri nel contrastare la coltivazione e il traffico di droga continua a dare risultati significativi. La scoperta e la distruzione di queste piantagioni rappresentano un importante passo avanti nella lotta contro il mercato illegale degli stupefacenti, contribuendo a proteggere la salute pubblica e la sicurezza della comunità.

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Magnate asiatico Kwong, mai pagato o conosciuto Boraso

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Il magnate singaporiano Ching Chiat Kwong si chiama ‘fuori’ dalle accuse che lo inseriscono nell’inchiesta di Venezia, sostenendo di non aver “mai pagato, ne’ conosciuto” l’assessore Renato Boraso, in carcere per corruzione. Kwong, indagato dai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, ha fatto conoscere la sua posizione attraverso il proprio difensore, l’avvocato Guido Simonetti. Nelle carte dell’accusa il miliardario asiatico è chiamato in causa – per l’acquisto dei due palazzi veneziani Donà e Papadopoli, e per la trattativa sui ‘Pili’ – assieme a Luois Lotti, suo plenipotenziario in Italia, e Claudio Vanin, imprenditore prima con loro in affari, ora ingaggiato in una dura lotta legale con Lotti.. A Venezia c’è intanto attesa per capire quali saranno le mosse del sindaco Luigi Brugnaro, a sua volta indagato, che pressato dei partiti della sua maggioranza – in particolare Fdi – ha deciso di anticipare al 2 agosto (prima era il 9 settembre) la data del chiarimento in Consiglio Comunale. Brugnaro continua a lavorare, e non ha intenzione di presentarsi dimissionario.

E se può essere suggestivo accostarvi oggi le dimissioni di Giovanni Toti, suo ex compagno di avventura in ‘Coraggio Italia’, da ambienti vicini a Ca’ Farsetti si fa notare come le due vicende siano “completamente diverse”. Brugnaro è indagato per concorso in corruzione con i due dirigenti dell’ufficio di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini. Quando scoppiò l’inchiesta il Procuratore Bruno Cherchi aveva sottolineato che l’iscrizione del sindaco nel registro era stata fatta solo “a sua tutela”. I chiarimenti veri, tuttavia, non saranno possibili fino a quando i nomi di peso finiti nell’inchiesta non decideranno di presentarsi davanti ai magistrati. Oggi intanto ha provato a chiarire la propria posizione l’uomo d’affari singaporiano “Ching Chiat Kwong – ha dichiarato l’avvocato Simonetti – “non ha mai disposto né effettuato (neppure tramite persone terze) il pagamento di una somma nei confronti dell’assessore Renato Boraso”.

Inoltre “non ha mai neppure conosciuto l’assessore Renato Boraso”. E sulle due operazioni portate a termine da Kwong a Venezia, viene sottolineato che i due edifici citati nell’inchiesta, palazzo Donà e palazzo Papadopoli, “sono stati acquistati attraverso una procedura ad evidenza pubblica e a prezzi in linea (se non superiori) al loro valore di mercato”. Nelle carte dell’inchiesta, l’accusa sottolinea tuttavia che proprio per far abbassare il valore di acquisto di palazzo Papadopoli, da 14 mln a 10,7 mln, Boraso avrebbe ricevuto da Kwong “”per il tramite dei suo collaboratori”, la somma di 73.200 euro, attraverso due fatture da 30.000 euro più Iva, emesse da una società dell’assessore, la Stella Consuting, per una consulenza “in realtà mai conferita, ne’ eseguita”. Quanto all’affare, poi sfumato, dei Pili, l’avvocato di Kwong evidenzia “come la trattativai non si sia in alcun modo mai concretizzata, fermandosi ad uno stadio del tutto embrionale”.

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‘Sgomberate la Vela’, l’ordinanza del 2015 mai eseguita

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Un’ordinanza datata ottobre 2015 metteva in guardia dal pericolo crolli: la Vela Celeste va sgomberata, il succo di una relazione del Comune di Napoli messa nero su bianco. La firma in calce è quella del sindaco dell’epoca, Luigi de Magistris. Un sos che non troverà mai seguito e di cui oggi la città piange le conseguenze dopo il crollo del ballatoio-passerella che lunedì sera ha determinato la morte di tre persone e il ferimento di altre dodici. Dunque, non solo il documento datato 2016 che denunciava la mancata manutenzione dei ballatoi della Vela Celeste di Scampia con relativo rischio crollo, dal passato emerge anche un’altra carta che chiama in causa l’immobilismo delle istituzioni. Perché quell’ordinanza di sgombero coatto non è mai stata presa in considerazione?

E perché si è preferito agire con degli accorgimenti che sanno di palliativo piuttosto che affrontare di petto l’emergenza segnalata da quel documento pubblicato sull’albo pretorio del Comune? Domande in attesa di risposta e sulle quali la procura di Napoli – che ha aperto un’indagine contro ignoti per crollo colposo e omicidio colposo – intende fare chiarezza. L’ordinanza firmata de Magistris – è quanto emerge – era dettata dalla necessità di tutelare l’incolumità di 159 famiglie per un totale di 600 persone residenti nella Vela Celeste. Alla base del provvedimento c’era la relazione di un dirigente comunale che delineava un quadro di pericolo allarmante. Anche la politica chiede di fare chiarezza.

A partire dalla segretaria del Pd Elly Schlein che ne ha parlato al festival di Giffoni: “È un tragedia drammatica – ha detto -. Abbiamo immediatamente espresso tutta la nostra vicinanza alle persone, alle famiglie, al quartiere colpito. C’è da fare luce su quello che è accaduto perché non può succedere una cosa del genere”. Fare luce è quello che intende fare la Procura di Napoli che ha disposto l’ampliamento dell’area sottoposta a sequestro, dal terzo piano fino al piano terra. Le verifiche stanno riguardando anche le posizioni dei residenti nella Vela “incriminata” che, in gran parte, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, risulterebbero abusivi. E intanto si sta rivelando più difficoltosa del previsto l’acquisizione della copiosa documentazione amministrativa sulla Vela Celeste. Si tratta in particolare degli atti relativi al progetto di riqualificazione ReStart e alla manutenzione del complesso di edilizia popolare con relative negligenze che oramai sono date per scontate. Fondamentali saranno per gli inquirenti le risultanze del lavoro affidato al perito, un ingegnere strutturista forense. Conferito, infine, l’incarico per gli esami autoptici sui corpi delle tre vittime.

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