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Cronache

Il sacerdote che aspetta un figlio scappa da Ischia assediato dai giornalisti, cerca lavoro al Nord

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Ricercato, assediato, corteggiato, blandito dai media nazionali e internazionali che per curiosità e anche morbosità vorrebbero raccontare la sua storia di prete che ha tradito Gesù per andare a letto con la bella parrocchiana, dalla quale aspetta un figlio, finora ha tenuto fede al giuramento fatto al suo vescovo: restare in silenzio, non mettere in piazza quello che è successo, non raccontare i suoi “peccati”. Don Gianfranco Del Neso, il bel sacerdote dell’isola d’Ischia, amato e rispettato nella chiesa isolana, dal giorno dell’annuncio della sua sospensione dal ministerio sacerdotale sembra essere stato inghiottito nel nulla. Preferisce tenere un profilo basso. Aspetta che il clamore della vicenda scemi, i giornalisti che lo assediano si allontanino, che torni in primo piano non la morbosità di conoscere i protagonisti (lui e la parrocchiana) ma il rispetto per il bambino che deve nascere. In fondo quello che è accaduto – quale che sia il giudizio di ognuno di noi sulla vicenda – e quello che accadrà a breve è una cosa bella: una nascita, una nuova vita che viene al mondo.

Gianfranco Del Neso non ha lasciato l’isola d’Ischia quando la notizia è diventata pubblica. Per alcuni giorni è rimasto letteralmente sepolto nella sua casa di Campagnano. Si è isolato dal mondo. Ha spento tv, staccato il telefono di casa, riposto in un cassetto lo smartphone, messo da parte il pc. Difeso dalla famiglia e dai suoi amici più cari, quelli che gli vogliono bene a prescindere e non lo giudicano. Preghiere, pensieri, sentimenti e umani risentimenti hanno scandito le giornate di Gianfranco Del Neso dopo la sua confessione al vescovo Pietro Lagnese. L’unico suo chiodo fisso è tutelare la privacy della sua compagna. È lei, questa donna, che sta subendo lo stress dell’intera vicenda in un momento particolare come la gravidanza. Tutelare lei significa rispettare anche i suoi anziani genitori e i suoi familiari che vivono nel borgo di Campagnano, dove sono persone perbene e rispettate, imprenditori nel settore della ristorazione. Anche la loro vita è stata travolta da questo ciclone mediatico che ha investito non solo la Chiesa ma l’intero piccolo borgo di Ischia assediato per giorni da giornalisti e curiosi. La confessione di don Gianfranco, raccolta e rilanciata dal vescovo di Ischia, Pietro Lagnese, protagonista domenica mattina di un’apparizione a sorpresa nella parrocchia di Santa Maria Madre della Chiesa, nella frazione di Fiaiano, Comune di Barano, per celebrare la Messa e annunciare personalmente la novità ai fedeli, ha avuto come l’effetto di uno choc su centinaia di fedeli.  

Gianfranco del Neso. Nella sua veste di parroco di Ischia

Alcuni fedeli ancora oggi sono commossi, in lacrime per amore o per rabbia per una serenità perduta. A giorni dovrebbe arrivare una lettera, un saluto, una sorta di commiato proprio da parte dell’ex parroco. Gianfranco  ha lasciato l’isola proprio questa mattina. Ha preso un traghetto nottetempo per Napoli. Da lì in treno verso nord, per costruirsi una vita fuori dalla Campania, lontano da Ischia. Era un idraulico prima che la vocazione lo portasse nelle braccia di Dio.

Quattro anni Gianfranco fu ordinato sacerdote.Una vocazione in età adulta che fu però assecondata. Adesso, nella città del nord dove è andato e dove ci sono amici e familiari,  tornerà a fare quello che era il suo mestiere:  costruire impianti idraulici ed elettrici. Ascoltare l’acqua che scorre, capire perchè un tubo non funziona, un rubinetto si rompe, la corrente non passa, un cavo da riparare. Lavori manuali, diverso da quello che faceva in chiesa: ascoltare le anime in pena dei suoi concittadini, aiutarli a sperare, a superare momenti difficili con l’aiuto di Dio. Ora è lui ad avere bisogno dell’aiuto di Dio. A trovare un lavoro per assicurare un futuro a sé stesso, alla compagna e soprattutto al bambino (di cui ancora non si conosce il sesso) che nascerà. La scelta di abbandonare l’isola non è una fuga, non è la fine del suo rapport con la sua terra. No, è solo un modo per ricominciare. Gianfranco ha ricominciato una nuova vita a trent’anni quando ha scelto di diventare sacerdote. Adesso, alla vigilia dei 45 (da compiere tra un mese, a novembre) è pronto a ricominciarne una terza vita. La sua storia, la sua scelta, una scelta di vita potrebbe aiutare tante persone. Tanti sacerdoti, ma non solo, che potrebbero avere il coraggio di buttare via quel velo di ipocrisia dietro il quale si celano tante scelte di circostanza o di convenienza. Una storia difficile nella quale, almeno per ora, tutti cercano di proteggere la futura mamma (e la sua famiglia) che fino ad ora è riuscita a stare lontano dai riflettori. Una mamma che deve lottare con la nausea della gravidanza oltre che con gli occhi e le parole di chi vorrebbe colpirla con giudizi e pregiudizi. Gianfranco è sempre stato un ribelle. Un prete in controtendenza. Da sempre ha combattuto contro i poteri costituiti e lottato contro le gerarchie. Un ribelle, insomma. Adesso si ritrova a gestire una gioia, quella di diventare papà, quella legata ad una vita che nascerà, offuscata da qualche giudizio di troppo. L’amore di Dio (per chi crede) non abbandona Gianfranco e la sua compagna. Quella di Gianfranco non è unscelta di coraggio ma di amore nei confronti della compagna e della vita che nascerà. Ed il vescovo, a cui è stata comunicata la notizia personalmente da Gianfranco, solo due giorni dopo che l’hanno appresa i diretti interessati, non ha potuto che sospendere “dall’esercizio del ministero sacerdotale” don Gianfranco “fortemente addolorato per l’accaduto”, pur riconoscendo “l’onestà di don Gianfranco nell’aver condiviso con lui la fatica nel rimanere fedele all’impegno del celibato”. Noi con Gianfranco ci abbiamo parlato, e siccome ci ha convinto che la sua scelta è dettata solo dall’amore per il bambino che nascerà, preferiamo mantenere la promessa di lasciarlo in pace e di aiutarlo a rispettare il silenzio che si è imposto. La sua storia, la storia di Gianfranco Del Neso è una storia minima, semplice. Gianfranco Del Neso non è il bello e tormentato Padre Ralph de Bricassart di “Uccelli di rovo”. Lui è un prete vero che ha peccato (quanti lo fanno?) ma ha avuto l’onestà di rivelarlo perchè vuole che quel bambino nasca. Molti di noi non saremmo qui ad esercitarci su ogni morbosità che pensiamo possa nascondersi dietro la storia di questo sacerdote sospeso se lui avesse scelto l’aborto per la sua compagna e rifiutato una vita che nasce.  

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Cronache

Quattro ergastoli, tutta la famiglia ha ucciso Saman

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Nessuno ha mai confessato l’omicidio, si sono accusati a vicenda, ma per i giudici di appello tutta la famiglia è responsabile di aver ucciso Saman Abbas. Quattro anni dopo la morte della ragazza pachistana di Novellara, ribaltando in buona parte la sentenza di primo grado e accogliendo l’impostazione dell’accusa, la Corte di Bologna ha confermato l’ergastolo per i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, ha inflitto l’ergastolo anche ai due cugini, Noman Ulhak e Ikram Ijaz, che erano stati assolti e scarcerati dopo la prima decisione, e ha alzato a 22 anni la condanna per lo zio Danish Hasnain, che ha fatto trovare il cadavere.

Sono state riconosciute anche le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, escluse dalla sentenza di Reggio Emilia. Dopo circa tre ore di camera di consiglio il collegio dell’assise di appello ha letto il dispositivo in un’aula gremita di giornalisti, fotografi e cameraman, una lettura accolta in silenzio. Poco prima, una decina di donne, avvocatesse di parte civile, semplici cittadine, l’ex sindaca di Novellara Elena Carletti, avevano esposto un cartello scritto in lingua urdu: “Se domani tocca a me voglio essere l’ultima”. È un segnale con cui la società civile tenta di farsi in qualche modo famiglia per una ragazza abbandonata da tutti i suoi. Da viva e da morta. La storia di Saman inizia a Mandi Bahauddin, in Pakistan, il 18 dicembre 2022.

Arrivata nel 2016 a Novellara, ha trovato la sua fine vicino alla casa dove viveva la famiglia e da cui voleva fuggire. Si faceva chiamare Italiangirl sui social, non accettava le regole e le tradizioni delle sue origini, voleva farsi una vita sua, vivere liberamente, non sposare un parente in patria in un matrimonio combinato. È diventata un simbolo, suo malgrado. Ribelle inconsapevole, l’ha definita il procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci, nella requisitoria di primo grado. Voleva girare senza velo, senza restrizioni, frequentare chi desiderava. Sogni interrotti per sempre in una notte di primavera, tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, quando è stata assassinata, probabilmente strozzata, nel vialetto davanti a casa e sepolta in una buca profonda tre metri, dentro un casolare diroccato, a poche centinaia di metri dall’abitazione familiare. Qui è stata trovata, dopo essere stata cercata in lungo e in largo, in un giorno grigio di autunno inoltrato, a novembre di un anno dopo.

A dire dove era stata deposta, è stato lo zio Danish Hasnain, l’uomo indicato dal fratello di Saman come l’esecutore materiale del delitto, ma che a più riprese ha affermato la propria innocenza per l’omicidio. Danish era stato fermato in Francia, dove era fuggito, a settembre 2021. Prima di lui era stato preso il cugino Ikram Ijaz, sempre nel paese transalpino, mentre l’ultimo dei tre ad essere preso era stato Noman Ulhaq, il secondo cugino della vittima, in Spagna. Poco prima del ritrovamento del cadavere è stato arrestato in Pakistan il padre, Shabbar Abbas, l’ultima è stata la madre, a maggio 2024. Entrambi sono stati estradati, con provvedimenti storici: mai era successo che il Paese asiatico consegnasse i propri cittadini accusati dall’autorità giudiziaria italiana.

Shabbar è arrivato nel corso del processo di primo grado, Nazia alla fine di agosto 2024, quando era già stata condannata all’ergastolo. In aula hanno pianto, hanno negato in tutti i modi di aver ucciso la figlia. Hanno accusato gli altri, hanno smentito le dichiarazioni del loro altro figlio, il fratello minore di Saman che per l’accusa era un testimone chiave. Anche se la sostituta pg Silvia Marzocchi ha sostenuto che il quadro indiziario era già sufficientemente forte, pure senza le sue parole. Il giovane ha preferito non assistere alle ultime udienze. Nazia, la madre di Saman, è invece rimasta a lungo seduta a capo chino, ascoltando la traduzione dell’interprete. Poche reazioni dagli altri due imputati detenuti, padre e zio. I due cugini sono usciti rapidamente dall’aula Bachelet e poi sono rimasti fuori dal palazzo, insieme ai loro avvocati. Sono e rimangono, per il momento, a piede libero.

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Il Generale Marco Minicucci nominato Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri

La nomina ufficiale arriva dal Consiglio dei Ministri: guiderà l’Arma accanto al Comandante Teo Luzi.

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Il Consiglio dei Ministri ha ufficializzato la nomina del Generale di Corpo d’Armata Marco Minicucci a nuovo Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. Una scelta di altissimo profilo che premia una carriera lunga e prestigiosa nelle fila dell’Arma.

Minicucci, attualmente Comandante Interregionale Carabinieri “Ogaden”, subentra in una posizione chiave, destinata a supportare direttamente il Comandante Generale Salvatore Luongo nella gestione dell’organizzazione e delle strategie operative dell’Arma.

La nomina arriva in un momento delicato per il Paese, in cui la sicurezza interna, la lotta alla criminalità organizzata e la tutela del territorio richiedono una guida autorevole e di comprovata esperienza. Il Generale Minicucci, con un curriculum di incarichi operativi e direzionali di alto livello, rappresenta una figura di assoluta garanzia istituzionale.

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Sciolto per camorra il Comune di Caserta, scontro politico e ricorso annunciato: tutto così ‘semplice’?

Il Consiglio dei ministri accerta condizionamenti mafiosi. Il sindaco Carlo Marino annuncia il ricorso al TAR: “Atto abnorme e politicamente mirato”.

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Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha deliberato lo scioglimento del Comune di Caserta per condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Una misura durissima, che colpisce uno dei capoluoghi di provincia più significativi della Campania. La stessa decisione è stata adottata per i comuni di Aprilia (Lazio), Badolato e Casabona (Calabria), tutti coinvolti in analoghe indagini per infiltrazioni mafiose.

Il commento di Fratelli d’Italia: “Ferita gravissima, serve una svolta”

Il primo commento arriva da Marco Cerreto, deputato campano di Fratelli d’Italia, che ha definito la notizia “una ferita gravissima per la città, la politica e il tessuto produttivo di Caserta”.
Cerreto ha criticato l’amministrazione a guida PD, accusandola di non aver preso provvedimenti per tempo:
“Mi chiedo come sia possibile che nessuno si sia accorto di nulla. Ora il centrodestra ha il dovere di costruire una proposta credibile per garantire un buon governo”.
Fratelli d’Italia, ha aggiunto, garantirà massimo supporto al commissario prefettizio che sarà nominato per gestire la transizione.

La replica del sindaco Marino: “Atto abnorme e lesivo della città”

Durissima la reazione del sindaco di Caserta, Carlo Marino, che ha parlato di un “atto politico e amministrativamente abnorme”, annunciando l’intenzione di presentare ricorso al TAR del Lazio.
“Faremo immediatamente accesso agli atti. È un atto contro la città, con una tempistica particolare che una città capoluogo non merita”, ha dichiarato.
Il primo cittadino ha sottolineato come il provvedimento sia “istituzionalmente non rispettoso” e che sarà contrastato nelle sedi legali competenti.

Attesa per la nomina del commissario e il futuro della città

Ora si attende la nomina del commissario straordinario che guiderà il Comune di Caserta in questa fase delicata. Lo scioglimento, infatti, comporta la sospensione dell’amministrazione eletta e l’insediamento di una gestione commissariale per un periodo di 18 mesi, eventualmente prorogabile.
Si apre una fase politica e istituzionale complessa, con risvolti giudiziari e un forte impatto sull’immagine e sulla vita amministrativa della città.

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