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Dipendenti statali assenteisti, aumentano i licenziamenti e il ministro Bongiorno con le impronte digitali vuol fermare la truffa dei “furbetti del cartellino”

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La presenza documentata ai tornelli in grado di leggere le impronte digitali sarà una pratica quotidiana negli uffici pubblici agli inizi del 2019. I “furbetti del cartellino” non apprezzeranno, ovviamente. Chissà, troveranno forse comunque il modo di truffare lo Stato, ma per ora il futuro dovrebbe migliore su questo fronte negli uffici pubblici dove la pratica del cartellino timbrato dal collega è una truffa che si è verificata troppo spesso.

Gli ultimi dati forniti dall’Ispettorato per la Funzione pubblica, regione per regione, sui licenziamenti per assenteismo in Italia, dimostra che stanno aumentando: 3 nel 2016, 34 nel 2017, sono arrivati a 54 quest’anno, di cui 11 solo in Sardegna (con 18 dipendenti civili dell’ex Artiglieria, su 31 in organigramma, indagati a Nuoro per assenteismo). Nella classifica delle «maglie nere» del 2018 seguono, poi, Lazio e Sicilia con 8 licenziamenti a testa, quindi la Campania con sette. E si nota, inoltre, una discreta escalation anche per quanto riguarda i procedimenti avviati: 15 nel 2016, 90 l’anno scorso, 139 quest’anno.

Sono dati che mostrano un trend. La vita per i dipendenti pubblici infedeli è ora sotto attacco della legalità. Finalmente, dicono la maggioranza dei cosiddetti statali che ogni giorno fanno esattamente il loro dovere e spesso suppliscono alle assenza dei colleghi truffatori.
I controlli a tappeto svolti negli ultimi mesi dalla Guardia di Finanza su input del ministro della Pubblica Amministrazione mostrano che c’è ancora tanto da fare: 78 dei 139 procedimenti sono scattati dal mese di giugno, quando è partito il governo Conte.  Giulia Bongiorno, appena insediatasi fu chiara: “Per prima cosa devono lavorare tutti, poi li farò anche lavorare bene: perché il problema assenteismo che emerge è minimo rispetto all’effettivo”.

Già, sono numeri all’apparenza piccoli, quelli dell’assenteismo, per ora, rispetto ai più di tre milioni di dipendenti statali.  Lo dimostrano, senza dubbio, i controlli già effettuati, che hanno fatto venire alla luce fenomeni clamorosi, che andavano avanti almeno da 10 anni, grazie a un sistema di coperture reciproche e omertà, con molti uffici sguarniti fino al 50 per cento, in virtù (si fa per dire) della complicità esistente tra dirigenti e impiegati.

Un esempio? Pochi giorni fa, a Palermo, la Gdf ha scoperto 42 “furbetti” in una volta sola negli uffici dell’ assessorato regionale alla Salute. Più di un dipendente su cinque segnava le presenze senza badge. Ora, per tutti quelli colti in flagrante, secondo la legge Madia ancora in vigore (il Dl 116 del 2016) scatterà il procedimento disciplinare e al termine dei 30 giorni previsti, se le accuse risulteranno fondate, ci sarà il licenziamento.
La Bongiorno ha apprezzato da subito il sistema ereditato dalla legge Madia dei licenziamenti-lampo. E così pure lo strumento del whistleblowing , la possibilità cioè di segnalare anche in forma anonima alle autorità le condotte illecite scoperte nel proprio ambiente di lavoro. Così come il numero telefonico 117, sempre a disposizione, per denunciare «i furbetti» apertamente, senza celarsi cioè dietro l’ anonimato.
Ora, però, la Bongiorno vuole spingere ulteriormente sull’acceleratore: col “suo” decreto Concretezza, già varato dal Consiglio dei Ministri e ora all’esame del Parlamento (in settimana sarà al Senato), i cosiddetti “furbetti” dovranno fare sempre più attenzione. Il ministro ha già telefonato a tutti i dirigenti della P.A. che in questi mesi non si sono voltati dall’altra parte e hanno segnalato gli assenteisti. Pochi giorni fa è stata anche rinnovata la convenzione con la Gdf per un lavoro ancora più serrato, fatto di blitz sul campo e incroci di dati a monte delle singole amministrazioni. E arriviamo, infine, alle impronte digitali: “Le chiedevano a me in Parlamento quando andavo a votare per scongiurare il fenomeno dei «pianisti», visto che là funzionano ora io le voglio chiedere ai dipendenti pubblici…”, ragiona la Bongiorno in attesa del via libera del Parlamento.

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Regionali in Campania, De Luca resta l’ago della bilancia. Fico e Cirielli in volata finale verso il voto del 25 novembre

De Luca, pur fuori corsa per il terzo mandato, resta protagonista della politica campana. Fico guida il centrosinistra, ma Cirielli accorcia nei sondaggi. Meloni e Carfagna scaldano la campagna elettorale.

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Sebbene non possa correre per un terzo mandato, Vincenzo De Luca continua a essere un protagonista silenzioso ma ingombrante della campagna elettorale per le Regionali in Campania. La sua lista civica, A Testa Alta, secondo i sondaggi potrebbe superare persino quella del candidato presidente del centrosinistra, Roberto Fico, alimentando il timore che l’influenza politica del governatore uscente resti forte anche nella prossima amministrazione.

Le relazioni tese con il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che non ha mai nascosto la volontà di “voltare pagina”, rendono il quadro ancora più complesso. Manfredi, dal congresso dei giovani dem a Napoli, ha ribadito: “È finita una stagione politica, ora c’è un rinnovamento. Il futuro della Campania è con Roberto Fico”.


Piero De Luca rassicura: “Mio padre non sarà un governatore ombra”

A cercare di rasserenare gli animi ci ha pensato Piero De Luca, figlio del presidente uscente e segretario regionale del Partito Democratico. Dal palco del congresso dei Giovani Democratici ha smentito ogni ipotesi di regia occulta del padre:

“Non ci sarà un governatore ombra. Ci sarà un lavoro di squadra tra tutte le forze della coalizione progressista. Roberto Fico guiderà la Regione Campania verso obiettivi ancora più ambiziosi”.

Un messaggio chiaro a chi teme che l’ex sindaco di Salerno continui a esercitare un peso politico decisivo anche dopo il voto.


Fico in vantaggio ma Cirielli recupera, Meloni punta sulla “remuntada”

Il centrosinistra, forte degli ultimi sondaggi, guarda con ottimismo al 25 novembre. Ma nel centrodestra cresce la convinzione che Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e candidato della coalizione, stia riducendo il distacco da Fico.

La premier Giorgia Meloni crede nella rimonta: sarà in Campania venerdì prossimo per la chiusura della campagna al Palapartenope, e potrebbe tornare a pochi giorni dal voto per annunciare nuovi interventi del governo per Caivano e il Mezzogiorno.


Attacchi e tensioni: Carfagna e Gasparri all’assalto del “Campo largo”

Il clima si fa sempre più acceso. La segretaria di Noi Moderati, Mara Carfagna, ha definito il Campo largouna truffa ai danni degli elettori”, sottolineando come Pd e Movimento 5 Stelle “si siano combattuti e insultati per dieci anni”.

Duro anche Fulvio Martusciello di Forza Italia, che ha sfidato Fico: “Accetti un confronto con Cirielli: è il sale della democrazia. Nell’ultima settimana faremo il sorpasso”.

Il senatore Maurizio Gasparri ha poi ironizzato sul caso del presunto ormeggio abusivo a Nisida dell’ex presidente della Camera:

“Quella di Fico è una barca che fa acqua da tutte le parti. Non sarebbe in grado neanche di fare il bagnino”.


Fico replica: “Niente polemiche, continuiamo a lavorare”

Lapidaria la risposta del candidato del Campo largo: “Le offese lasciano il tempo che trovano. Non hanno argomenti. Noi continuiamo a lavorare pancia a terra”.

Con il voto ormai alle porte, la battaglia per Palazzo Santa Lucia entra nel vivo. De Luca, pur fuori dalla corsa, resta l’ago della bilancia di una Regione contesa tra la voglia di continuità e l’ambizione di un cambio di stagione politica.

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Napoli, vietata la trasferta dei tifosi a Bologna: tensione alta, ma attesi 5mila sostenitori azzurri residenti al Nord

Vietata la trasferta ai tifosi del Napoli residenti in Campania per la sfida contro il Bologna. Allerta massima per ordine pubblico, ma si attendono 5mila sostenitori azzurri residenti al Nord.

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Per la prima volta nella storia del Dall’Ara, è stato vietato l’accesso ai residenti in Campania. Il match di oggi tra Bologna e Napoli si giocherà senza la presenza dei gruppi organizzati del tifo azzurro, dopo il rigido provvedimento dell’Osservatorio del Viminale e delle questure.

Il comitato “Con te Napoli” e l’Associazione Italiana Napoli Club hanno tentato fino all’ultimo di ottenere una revoca, arrivando a diffidare formalmente il Ministero dell’Interno, ma senza esito. La linea del governo resta ferma: massimo rigore e restrizioni alle trasferte dei tifosi ritenuti “a rischio”.


Le ragioni del divieto e l’allerta sicurezza

Il provvedimento nasce da motivi di ordine pubblico. Negli ultimi anni, la rivalità tra le due tifoserie si è intensificata. In particolare, il 7 aprile scorso, un gruppo di ultrà napoletani fu fermato mentre si dirigeva verso i punti di ritrovo dei tifosi rossoblù: ne nacquero tafferugli e anche alcuni agenti rimasero feriti.

Per evitare nuovi episodi, la trasferta è stata vietata. La Digos ha confermato che i gruppi organizzati del Napoli non si muoveranno e non hanno programmato viaggi verso Bologna.

Nonostante ciò, la “febbre azzurra” non si ferma: si stimano circa 5mila tifosi napoletani residenti al Nord presenti sugli spalti, con il settore ospiti già esaurito da giorni e biglietti acquistati in diversi settori dello stadio da residenti in Emilia-Romagna e regioni limitrofe.


Controlli rafforzati e precedenti pericolosi

Le forze dell’ordine hanno predisposto un imponente piano di sicurezza. Pattugliamenti e controlli saranno attivi nelle stazioni di Napoli Centrale, Afragola e Bologna, così come lungo la tangenziale del capoluogo emiliano.

Il clima di allerta, d’altronde, non riguarda solo il calcio. Dopo gli scontri post Rieti-Pistoia nel basket e la morte dell’autista colpito da un bus lanciato da tifosi violenti, anche altri sport sono finiti sotto la lente del Viminale.

L’Osservatorio e il Casms (Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive) hanno esteso le restrizioni, e per garantire la sicurezza in eventi delicati — come avvenuto per Napoli-Eintracht — si è arrivati persino a ripristinare controlli di frontiera, misura rarissima per una partita di calcio.


Un clima difficile tra stadi e istituzioni

La tensione resta alta anche a livello istituzionale. A Bologna, come annunciato, non sarà presente il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, impegnato in città per appuntamenti istituzionali.

Sugli spalti ci sarà invece l’assessore Edoardo Cosenza, reduce da un convegno del Napoli Club Bologna dal titolo “Un calcio alla camorra”, a cui ha partecipato anche il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Borrelli.

Intanto, l’ordine pubblico guarda già avanti: le prossime sfide più delicate per il Napoli saranno contro Atalanta e Roma, con nuovi divieti già in vista. Da inizio stagione, sono già tre le trasferte vietate ai tifosi partenopei, segno di un’escalation che continua a preoccupare il Viminale.

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Gaza, oltre 69mila morti dall’inizio della guerra: Israele e Hamas si scambiano i corpi delle vittime

Sale a oltre 69mila il numero dei palestinesi uccisi nella guerra tra Israele e Hamas. Proseguono gli scambi di corpi durante il cessate il fuoco, mentre in Cisgiordania crescono gli attacchi dei coloni contro i contadini palestinesi.

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Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, sono ormai 69.169 i palestinesi morti dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. Il bilancio, aggiornato durante il cessate il fuoco in vigore dal 10 ottobre, è salito con il ritrovamento di nuovi corpi sotto le macerie e con l’identificazione di numerose vittime ancora senza nome.

Negli ultimi giorni, Israele ha restituito 15 salme palestinesi a Gaza, mentre Hamas ha riconsegnato il corpo di Lior Rudaeff, ostaggio israeliano di origine argentina, ucciso nei mesi scorsi.

Lo scambio dei corpi è parte dell’accordo di tregua, che mira a concludere il conflitto più sanguinoso mai avvenuto tra Israele e il movimento islamista palestinese, iniziato il 7 ottobre 2023 con l’attacco di Hamas nel sud di Israele, che provocò circa 1.200 morti e il sequestro di 251 ostaggi.


“Speravo di trovarlo”: i familiari in cerca dei dispersi

Negli ospedali di Gaza continuano ad arrivare corpi, spesso in stato di decomposizione, che vengono identificati con estrema difficoltà.
“Non abbiamo abbastanza risorse né DNA per il confronto con le famiglie”, ha spiegato Ahmed Dheir, direttore di medicina legale dell’ospedale Nasser di Khan Younis.
Molti resti non identificati vengono sepolti in gruppi, mentre centinaia di famiglie continuano a cercare i propri cari.

“Chiudilo, non è lui”, ha sussurrato una madre, dopo aver guardato in una delle barelle refrigerate. “Non ho perso la speranza. Sto ancora aspettando mio figlio.”


Crescono gli attacchi dei coloni israeliani in Cisgiordania

Mentre il cessate il fuoco sembra reggere a Gaza, la violenza si sposta in Cisgiordania. Durante la stagione della raccolta delle olive, coloni israeliani hanno attaccato contadini palestinesi, giornalisti e volontari internazionali nelle aree di Beita e Burin.
Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, almeno 15 persone sono rimaste ferite, tra cui due reporter di Reuters.

L’Ufficio umanitario dell’ONU ha denunciato che ottobre è stato il mese più violento dal 2006, con oltre 260 aggressioni registrate contro palestinesi e le loro proprietà.

“Ho visto cinque coloni colpire una giornalista con mazze e pietre”, ha raccontato Jonathan Pollak, attivista israeliano ferito alla testa.

Le autorità militari israeliane hanno ammesso di aver “disperso un confronto tra civili israeliani e palestinesi”, ma secondo le ONG israeliane, gli arresti per le violenze dei coloni sono “rarissimi”, con meno del 4% dei casi perseguiti penalmente.


Una tregua fragile, un bilancio insostenibile

Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, 241 palestinesi sono comunque morti in attacchi o incidenti legati al conflitto.
Il bilancio complessivo – oltre 69mila vittime e migliaia di dispersi – fa di questa guerra la più devastante nella storia di Gaza.
Tra macerie, scambi di corpi e violenze dei coloni, la pace resta lontana e la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto.

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