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Economia

Decreto Dignità, il Pd si spacca sull’aumento delle indennità di licenziamento e Di Maio li accusa di essere contro i lavoratori

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Non vogliono l’aumento delle indennità per i licenziamenti illegittimi. Chi, gli industriali? No, il Pd. Con un emendamento a firma Stefano Lepri, Deborah Serracchiani, Carla Cantone, Chiara Gribaudo (responsabile Lavoro in segreteria), Marco Lacarra al decreto dignità, i Dem chiedono di sopprimere l’aumento dell’indennità di licenziamento che le imprese devono pagare a chi viene licenziato individualmente e in maniera illegittima. Nel testo del ministro Di Maio, il risarcimento minimo passa da 4 a 6 mensilità e quello massimo da 24 a 36.

Luigi Di Maio. Il ministro accusa le lobby dell’azzardo che voglio cambiare il decreto Dignità

“È grave che il Pd presenti un emendamento soppressivo di questa normativa che era quello che la Commissione Lavoro della Camera aveva approvato contro il parere del governo su proposta mia, dunque del Pd. Un partito di sinistra non può strizzare l’occhio alle imprese e contemporaneamente mettere un dito nell’ occhio ai lavoratori” ha spiegato Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel governo Prodi, sindacalista Cgil di lungo corso, sinistra Pd. A dare man forte a Damiano arriva Luigi Di Maio, autore del decreti Dignità, vice premier e ministro dello Sviluppo Economico: “Incomprensibile che un partito ‘di sinistra’ si schieri contro il riconoscimento di maggiori diritti a chi lavora”. Molto più duri di Di Maio alcuni parlamentari dei 5 Stelle, che accusa il Pd ormai di essere “dalla parte dei padroni” mentre il Movimento sarà “sempre dalla parte dei lavoratori”. Con “Renzi o senza Renzi”, aggiunge uno dei relatore al provvedimento, Davide Tripiedi, “ormai è il partito della demolizione dei diritti dei lavoratori”.
Mentre attacca a testa bassa, Di Maio ha in testa pure un sondaggio di Nando Pagnoncelli uscito ieri sul Corriere della Sera, secondo il quale il 30% degli intervistati pensa che il Jobs act vada smantellato del tutto e un altro 43% che vada corretto, anche se non smantellato.
Un bacino di voti a cui attingere. Tanto più che il 56% degli elettori del Pd si dichiara favorevole proprio all aumento degli indennizzi che a questo punto il partito sconfessa. La risposta di Martina è articolata: “Caro Luigi Di Maio, i tuoi giochi sulle indennità di licenziamento sono propaganda. Il Pd difende senza pasticci le tutele crescenti, che anche voi non abolite”, scrive su Twitter. E poi fa riferimento a un emendamento che alza l’indennità ai lavoratori anche in caso di conciliazione.

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Per i crediti del Superbonus veicolo privato e Btp

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Un veicolo finanziario in grado acquistare e rivendere i crediti incagliati, ridando liquidità al sistema e sbloccando un’empasse che da mesi tiene in scacco imprese e cittadini. Ma anche ‘scambio’ con i Btp. E’ questa la doppia soluzione che dovrebbe contribuire a smaltire la montagna di 19 miliardi di crediti bloccati del superbonus. Il veicolo vedrebbe impegnate le grandi società pubbliche, con Enel X in testa, che offrono così la propria mano tesa al governo. Che intanto con un lavoro di moral suasion su banche e istituzioni, ha incassato la promessa a far ripartire le acquisizioni dei crediti.

“Abbiamo sensibilizzato le istituzioni e le banche. Le banche e le Poste hanno annunciato che ricominceranno, in un quadro di maggiori certezze che abbiamo dato sotto il profilo giuridico, ad acquistare questi crediti”, ha spiegato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, annunciando anche l’arrivo del veicolo: “E’ in corso l’elaborazione di un sistema, una specie di piattaforma, che dovrebbe in qualche modo permettere di smaltire tutto l’arretrato”. Escluso invece il ricorso agli F24, su cui il governo chiude: il loro utilizzo “genererebbe sostanziali e rilevantissimi problemi di cassa”, spiega il sottosegretario Federico Freni. Piuttosto a banche, intermediari finanziari e assicurazioni che hanno esaurito la propria capienza fiscale sarà offerta la possibilità di utilizzare i crediti al fine di sottoscrivere emissioni di Btp poliennali da 10 anni per smaltire fino al 10% dei crediti scontati annualmente.

La misura vale per gli interventi effettuati fino al 2022 e il primo utilizzo, si precisa, può essere effettuato in relazione alle emissioni effettuate dal primo gennaio 2028. L’ipotesi del veicolo era nell’aria da giorni, ma si attendeva prima di capire come si sarebbe sviluppato il lavoro in Parlamento. Una volta visto che gli emendamenti avevano preso la strada giusta, si è potuti uscire allo scoperto. La soluzione strutturale per i crediti edilizi incagliati “esiste”, assicura Enel X: è “un veicolo finanziario” con uno schema che la società ha “già testato con alcuni partner finanziari su volumi limitati”. “Siamo quasi pronti, è questione di poco e potremo dare un decisivo impulso allo sblocco dei decreti incagliati”, assicura il ceo Francesco Venturini. Tra le altre modifiche, la commissione Finanze ha dato il via libera alla proroga al 30 settembre del termine alle villette, che entro il 30 settembre scorso avevano effettuato almeno il 30% dei lavori, per concludere la spesa e portarla in detrazione beneficiando del 110%. Per salvare le cessioni del 2022, inoltre, arriva la possibilità per chi non ha concluso il contratto di cessione entro il 31 marzo di effettuare la comunicazione all’Agenzia delle Entrate con la ‘remissione in bonis’: ovvero, entro il 30 novembre, pagando una sanzione di 250 euro.

Cessione e sconto in fattura restano per l’eliminazione delle barriere architettoniche e anche per gli istituti per le case popolari (Iacp), le onlus e il terzo settore, e per i lavori su immobili colpiti da eventi sismici e anche per l’alluvione delle Marche. Si allarga poi ulteriormente, anche a tutti i cessionari che acquistano crediti da una banca, lo scudo dalla responsabilità in solido per chi acquista i crediti del superbonus. Per banche e imprese che hanno acquistato crediti c’è poi l’estensione della fruizione da 4 a 10 anni. Ma dopo la polemica per lo “stralcio” di una misura analoga, pensata soprattutto per aiutare i redditi più bassi, è stata concessa la possibilità di spalmare in 10 anni la detrazione anche per i contribuenti che non hanno sufficiente capacità fiscale. “Penso sia una cosa giusta per i cittadini e che non comporti problemi per la finanza pubblica. Quindi – ha spiegato Giorgetti – perché no? Anzi assolutamente sì”.

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Gedi, offerta di banca Finint per testate Nord-Est

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Il Gruppo Gedi ha ricevuto da banca Finint, nelle vesti di promotore e sottoscrittore diretto, un’offerta finalizzata all’acquisto delle testate il Corriere delle Alpi, il Mattino di Padova, il Messaggero Veneto, la Nuova di Venezia e Mestre, Il Piccolo, la Tribuna di Treviso e Nordest Economia. Le parti entreranno ora in negoziazioni in esclusiva – spiega Gedi – per consentire lo svolgimento della due diligence e, parallelamente, procederanno alla predisposizione e discussione dei documenti contrattuali che disciplineranno l’operazione. La stipula dell’accordo, condizionata al buon esito delle trattative, è prevista entro il mese di giugno.

“L’accordo diverrà definitivo – spiega Gedi – al soddisfacimento delle usuali condizioni sospensive per operazioni di questa natura e delle procedure previste dalle vigenti disposizioni”. Gedi Gruppo Editoriale è il primo gruppo di informazione quotidiana in Italia, leader nella carta stampata e nel digitale con testate quali La Repubblica, La Stampa, vari giornali locali e altre testate periodiche. Gedi è anche uno dei principali poli radiofonici nazionali, che include un brand di assoluta eccellenza come Radio Deejay, oltre a Radio Capital e Radio m2o. Con OnePodcast Gedi è inoltre il principale produttore italiano di contenuti digitali audio e opera anche nel settore pubblicitario multipiattaforma, tramite la A. Manzoni & C.

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Brt va in amministrazione giudiziaria per caporalato

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Se gli addetti alle consegne si facevano male durante il lavoro si evitava “di chiamare l’ambulanza e l’infortunato” veniva “portato in ospedale da una persona di fiducia”. E’ solo uno dei dettagli che emergono dai verbali dei lavoratori che sarebbero stati “sfruttati” da Brt, storica azienda italiana, la ex Bartolini, attiva nelle spedizioni. Un colosso della logistica, leader del settore, che dopo indagini già in corso su una presunta maxi frode fiscale e per caporalato, oggi è finito in amministrazione giudiziaria, decisa dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia. Un amministratore giudiziario “per un anno” dovrà affiancare il management societario e così è stato deciso, sempre a seguito degli accertamenti del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, coordinati dal pm Paolo Storari, anche per Geodis, società dello stesso settore.

Sia Brt che Geodis, controllate da due diversi gruppi francesi, erano state già oggetto di sequestri, per un totale di circa 126 milioni di euro nei mesi scorsi, per la gestione, ritenuta illecita, dei cosiddetti “serbatoi di manodopera”, ossia lavoratori messi a disposizione, senza tutele, da società intermediarie e cooperative per le due grandi aziende. Indagini sui settori del trasporto e del facchinaggio e che hanno già portato il pm Storari a disporre sequestri e ottenere provvedimenti analoghi su altre imprese. Le verifiche da parte della Procura solo sul fronte di Brt riguardano “controlli di transumanza”, ovvero il passaggio da una cooperativa all’altra in rapporti con l’azienda, su quasi 3mila fornitori di manodopera per una “forza lavoro” in totale di “26.105 autisti”. Nel provvedimento dei giudici (Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita) vengono riassunte le dichiarazioni di decine di lavoratori: non avevano diritto a “visite mediche”, né a “corsi di formazione” e dovevano contribuire a volte per comprarsi anche il “furgone”.

Passavano da una “cooperativa all’altra”, si legge, perdendo “ogni diritto di carattere economico”, come gli scatti di anzianità. Non venivano pagati durante le “ferie” e niente “tredicesima”. Il versamento “dello stipendio”, hanno raccontato, veniva qualificato “come ‘trasferta Italia’ in modo da evitare il pagamento dei contributi”. In alcuni casi venivano pagati solo “a cottimo”. Ed era, poi, una persona chiamata “caporale dei caporali”, scrivono i giudici, a scegliere i capi delle varie cooperative su “base etnica”. Un “sistema” almeno decennale, scrive il Tribunale, che “ha consentito a Brt di risparmiare a tutto detrimento dei lavoratori e dell’Erario” 100milioni di euro all’anno. “Quella attuata da Brt – ha messo a verbale una sindacalista, che ha detto di aver subito anche un tentativo di corruzione – deve essere considerata una chiara forma di intermediazione e interposizione di manodopera, poiché (…) tutti gli autisti delle società fornitrici di Brt, anche i cosiddetti finti padroncini o ibridi (…) dipendono direttamente da Brt”.

Il teste ha riferito che “si assiste a un forma di sfruttamento di questa tipologia atipica di lavoratori”, che ci sono “corrieri che lavorano da più di vent’anni presso le filiali Brt, seppure questa circostanza non sia mai stata certificata” e che devono accettare “turni massacranti”. La “maggior parte – si legge nel verbale – non sono di nazionalità italiana” e sono “soggetti in difficoltà economica”. Agli atti anche l’interrogatorio reso dall’ad di Brt Costantino Dalmazio Manti (tra gli indagati assieme al presidente Giorgio Bartolini), il 6 marzo, dal quale risulta aver “ammesso di aver ricevuto denaro dal 2016 al 2022 da alcuni fornitori della Brt” per farli lavorare. Secondo le indagini, potrebbe aver ricevuto quasi un milione di euro. Sempre a verbale le dichiarazioni di un “consulente giuslavorista della Brt” che ha parlato del “meccanismo di gestione degli appalti in Brt” e pure di “200mila euro” incassati “dal Manti” e poi “girati alla moglie”.

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