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Covid, bilancio drammatico: 150.000 morti. E ora si va verso il richiamo annuale del vaccino

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Mentre la quarta ondata pandemica si conferma in fase discendente, il numero dei decessi continua a mantenersi alto ed oggi, a poco piu’ di due anni dall’inizio della pandemia, l’Italia ha superato i 150mila morti per Covid: sono 150.221, secondo i dati del ministero della Salute. Allo stesso tempo, continua a calare il numero di nuovi casi ed anche il tasso di occupazione dei reparti ospedalieri mantiene un trend in diminuzione. Dati in miglioramento, questi ultimi, ai quali si contrappone pero’ un elemento di forte preoccupazione: sono ancora oltre 7 milioni gli italiani non ancora vaccinati neppure con la prima dose. Resta, quindi, il monito degli esperti alla prudenza, mentre l’Aifa annuncia che e’ molto probabile un richiamo annuale della vaccinazione anti-SarsCoV2. I dati del bollettino quotidiano indicano che sono 11.923.631 gli italiani che hanno contratto il virus e gli attualmente positivi sono 1.813.274, in calo di 61.351 nelle ultime 24 ore. I dimessi e i guariti sono invece 9.960.136 con un incremento di 137.221 rispetto a ieri.

Nelle ultime 24 ore, sono stati 75.861 i nuovi contagi (ieri 81.367) e si registrano ancora 325 vittime, ma in calo rispetto alle 384 di ieri. Il tasso di positivita’ e’ stabile all’11,1%, e scendono i ricoveri sempre nelle 24 ore: sono 1.322 i pazienti in intensiva, 28 in meno di ieri, mentre i ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono 17.354 (-578). Un trend che si conferma anche su base settimanale. Il monitoraggio della Fondazione Gimbe rileva infatti come dal 2 all’8 febbraio i nuovi casi di Covid vedano, per la seconda settimana consecutiva, una netta flessione registrando un -27,9%. Un calo dovuto, “in parte alla minore circolazione del virus e in parte alla riduzione dei tamponi” che, nello stesso arco di tempo, sono calati del 15,5%. Continua anche il lento calo del tasso di occupazione degli ospedali: nella stessa settimana c’e’ stata una riduzione del 7,7% dei ricoveri in reparto e dell’11,2% nelle intensive. Ma non accennano a calare, appunto, i decessi, che sono stati 2.587 (+0,2%), di cui 251 riferiti a periodi precedenti. Anche i dati dell’Agenzia Nazionale dei servizi sanitari regionali (Agenas), aggiornati al 9 febbraio, evidenziano un trend stabile o in calo: si conferma al 14% la percentuale di posti letto in intensiva occupati da pazienti Covid, mentre cala al 27% (-1% in 24 ore) l’occupazione dei reparti di area medica. A questo quadro in miglioramento, fatta eccezione per l’ancora alta mortalita’, si contrappone tuttavia uno stallo delle vaccinazioni.

A health worker prepares a dose of the AstraZeneca COVID-19 vaccine at a coronavirus disease (COVID-19) vaccination centre in Naples, southern Italy.

Al 9 febbraio, l’85,4% della popolazione, sottolinea Gimbe, ha ricevuto almeno una dose di vaccino e l’82% ha completato il ciclo vaccinale, ma 7,1 milioni di persone non hanno ancora ricevuto nemmeno una somministrazione. Si e’ inoltre registrato un -35,2% di vaccinazioni rispetto alla settimana precedente nella fascia 5-11 anni ed un -41,6% tra gli over50. E in 10 giorni, segnala il report settimanale dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Universita’ Cattolica di Roma, le somministrazioni dei vaccini si sono attestate a 350.000 al giorno, in forte calo. Preoccupa anche il dato reso noto dalla Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, secondo cui solo il 51% delle partorienti e’ vaccinato anche se scende il numero dei parti di donne positive al virus: sono stati il 10% negli ultimi 7 giorni negli 8 ospedali sentinella rispetto al 26% di una settimana fa. Resta quindi la necessita’ di implementare ulteriormente le vaccinazioni, ma la campagna vaccinale potrebbe presto assumere una nuova connotazione, come ha spiegato il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) Nicola Magrini.

Il quarto vaccino, ha indicato, “non sara’ una quarta dose ma un richiamo, speriamo annuale”. L’efficacia dei vaccini “e’ andata anche meglio del previsto e la comunita’ scientifica ne ha concordemente visto lo straordinario beneficio ovunque”, ha rilevato, annunciando inoltre che il nuovo vaccino Novavax arrivera’ in Italia il 24 febbraio e rappresentera’ un’opzione per 1-2 mln di persone che sembrano preferirlo perche’ di formulazione classica, su base proteica, come l’antinfluenzale.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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