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Cronache

Ci sono militari, carabinieri, marinai e poliziotti che indossano una divisa perchè hanno pagato per truccare il concorso: tutti gli arrestati, tutte le accuse e gli atti giudiziari che parlano

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Se ce ne fosse uno sarebbe di una gravità inaudita. E invece sappiamo che ce ne sono tanti. Troppi uomini e donne che indossano una divisa, che percepiscono uno stipendio, che lavorano in Corpi e Forze Armate o organizzazioni civili dello Stato che non ne sono degni perchè sono riusciti a guadagnare quel posto imbrogliando. Sì, hanno usato i loro soldi per aiutare una organizzazione criminale a truccare i concorsi per l’accesso all’Arma dei Carabinieri, alla Polizia di Stato, alle Capitaniere di Porto, alla Guardia di Finanza, all’Esercito. Le centinaia di migliaia di uomini e donne che lavorano in queste istituzioni e ci sono arrivati con onestà e servono il Paese con onestà sono le vittime di queste notizie che sporcano tutto e tutti. Un sordido mercimonio di posti di lavoro dove si dovrebbe accedere per concorso. Le istituzioni che abbiamo citato non solo non ci azzeccano nulla con le accuse ma sono le prime parti lese in questa vicenda che ha dell’inquietante. Perché è venuto il momento di smetterla anche solo di pensarlo che “in fondo si è sempre fatto così”. Se è così, vuol dire che questo Paese è marcio nella spina dorsale. Ma siccome sappiamo che questo è un Paese serio, che vuole e può cambiare (la politica contingente non c’entra nulla, c’entrano gli italiani) è venuto il momento di indignarsi. Questa ed altre inchieste, in cui si sospetta o si trovano prove che dimostrano imbrogli per accedere ad un posto di lavoro senza averne titoli, meriti, requisiti morali e culturali, devono avere il massimo risalto pubblico (pur rispettando la privacy degli indagati e il principio di innocenza fino all’ultimo grado di giudizio), così come devono essere seguiti i processi che ne conseguono. Qui la raccomandazione non c’entra nulla. Qui siamo alla patologia più grave del sistema. Se persino i meccanismi di reclutamento del personale dello Stato sono guastati da un mercimonio, diventa tutto indifendibile. È per questo che vi proponiamo i nomi di questa inchiesta che si vedono contestare accuse gravissime. Così come vi invitiamo a leggere non le chiacchiere del cronista o le sue opinioni personali o le sue indulgenze o le sue eccessive intemperanze. No, quelle che potete leggere, nei limiti che ci consentono le leggi, sono le accuse del giudice. Ribadendo ancora una volta che le persone oggi indagate e domani anche imputate le considereremo sempre innocenti, fino in Cassazione. Ma se riconosciuti colpevoli, certi imputati, in questi processi, meritano condanne esemplari. Solo così lo Stato può dirsi una cosa seria. Quelli che leggete sono gli atti del Tribunale di Napoli. Quelle accuse che hanno portato in carcere e ai domiciliari 15 persone e per altri due l’obbligo di firma.

 

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Cronache

Precipita in vano ascensore in clinica a Roma, è grave

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Incidente in una clinica nel quartiere Parioli a Roma. Un uomo è precipitato nel vano ascensore per due piani. Da una prima ricostruzione, sembra abbia aperto la porta dell’ascensore al piano terra nella clinica Parioli, ma la cabina non c’era ed è precipitato fino al piano -2. Sul posto polizia, vigili del fuoco e 118. E’ stato trasportato in codice rosso al policlinico Umberto I con fratture alle gambe.

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Cronache

Santanchè, la ministra va a processo a Milano con l’accusa di falso in bilancio

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La ministra del Turismo Daniela Santanchè, con altre persone, è stata rinviata a giudizio dalla gup Anna Magelli per false comunicazioni sociali in merito al caso Visibilia, una delle società del gruppo da lei fondato e dal quale ha dismesso le cariche. Quello che si aprirà a Milano è il primo processo che la senatrice dovrà affrontare in qualità di imprenditrice. Il suo avvocato,  Nicolò Pelanda,  spiega che la Santanchè “confidava in un esito diverso, ma un po’ ce lo aspettavamo, per questo la decisione ci lascia l’amaro in bocca”.

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Sfuggì all’arresto a novembre, ‘scissionista’ preso a Barcellona

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Era sfuggito all’arresto lo scorso 12 novembre, Antonio Pompilio, 48 anni, arrestato la scorsa notte dai Carabinieri dei Nucleo Investigativo di Napoli, con la collaborazione della D.C.S.A., del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia, di Europol e del Raggruppamento Operativo Speciale. Pompilio è stato rintracciato dalle forze dell’ordine a Barcellona (Spagna) e la notifica del provvedimento emesso dal gip di Napoli è avvenuta con il supporto in fase esecutiva del personale dell’Udyco – Policia National di Madrid. In quell’indagine la direzione distrettuale antimafia di Napoli ha contestato a, vario titolo, a 33 indagati, i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata dall’essere composta da più di dieci persone, dalla disponibilità di armi e dall’aver favorito il clan camorristico “Amato-Pagano”, i cosiddetti scissionisti, che opera tra Scampia, a Napoli, nei comuni del Napoletano di Melito e Mugnano e che ha la sua base logistica a Gricignano d’Aversa (Caserta).

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