Le borse di Dior escono da un opificio clandestino cinese di Opera, nel milanese, a un prezzo di “53 euro” e vengono rivendute al “dettaglio a 2.600 euro”. Ecco quanto vale, secondo la Procura di Milano, il delta accumulato grazie a sfruttamento dei lavoratori, dormitori abusivi per gli operai, igiene “sotto minimo etico”, frodi fiscali-contributive lungo la filiera e dispositivi di sicurezza spenti o manomessi. È per questi motivi che i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione lunedì a un decreto di amministrazione giudiziaria emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano nei confronti di Manufactures Dior, il ramo fabbricazione di articoli da viaggio, borse e pelletteria del marchio dell’alta moda da 709 dipendenti, controllato dal gruppo francese LVMH, con hub produttivi a Scandicci (Firenze) e Fosso (Venezia).
Non c’è due senza tre. Così, a finire nel mirino dei pubblici ministeri Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, dopo i casi identici nel settore del fashion di gamma di Alviero Martini spa e Armani Operations, è Dior. La società e il management non ci sono fra i 5 indagati a vario titolo per caporalato, abusi edilizi e frode fiscale con uso di fatture per operazioni inesistenti, ma il collegio Pendino-Cucciniello-Spagnolo Vigorita li ritiene incapaci “di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”. Per un anno la società sarà affidata al dottor Giuseppe Farchione con il compito di predisporre un “modello organizzativo” in grado di prevenire e arginare i “reati”.
I militari del Nil, a partire da marzo 2024, hanno accertato l’esistenza di almeno 4 opifici nella provincia di Milano, a Monza e in Brianza in cui sono stati identificati 32 lavoratori irregolari, di cui 7 in nero e 2 clandestini che lavorano in “condizioni di sfruttamento” con paghe “sotto soglia”, “orario di lavoro non conforme” e “ambienti di lavoro insalubri”, oltre a “gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro”. Sono state elevate multe per 138mila euro e sanzioni amministrative per 68.500 euro. Per 4 aziende è stata disposta la sospensione dell’attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e lavoro nero. “E’ stata riscontrata la rimozione dei dispositivi di sicurezza”, annotano gli inquirenti. L’obiettivo è aumentare la “capacità produttiva dell’operatore a discapito della propria incolumità” e di “un elevato rischio di infortunio”. Gli operai sarebbero stati “preparati a dichiarare” il falso “in caso di controlli”.
Come il 40enne cinese, senza permesso di soggiorno, che il 9 aprile 2024, durante un’ispezione alla New Leather Italy srls – materialmente l’unico vero produttore di un’infinita catena manifatturiera – si è dato “alla fuga” scavalcando “il muro di recinzione”. Identificato poco dopo, racconta di non ricevere alcuna”retribuzione”. Il “cognato”, riconosciuto come “datore di lavoro”, gli “consegna qualcosa”. Lavora “all’occorrenza” senza un “vero e proprio orario” e invece di uno stipendio riceve “vitto e alloggio”. Dior sarebbe inconsapevole di tutto ciò ma, 24 ore dopo l’ispezione, convoca una propria “appaltatrice” e la obbliga a firmare un “codice di condotta”. Per gli investigatori è “verosimile” che la multinazionale sia stata avvertita. Altri operai, interrogati, riferiscono di trovarsi nei dormitori abusivi per “effettuare un colloquio di lavoro”.
Di essere lì nella “camera da letto” di una “amica”. Mai una “spiegazione plausibile” e versioni “in contrasto” con quelle rese dai dipendenti delle società intermediarie. Del resto, solo descrivere i rapporti contrattuali e di fornitura che portano alla produzione di una borsa di Dior è un labirinto. La società AZ Operations riceve in subappalto le “lavorazioni del prodotto Dior” dalla Davide Albertario srl. Lavorazioni che poi vengono svolte nell’opificio New Leather Italy con l’obiettivo della “compressione dei costi” attraverso “manodopera irregolare” e “ambienti di lavoro sotto il minimo etico”. La AZ è un “mero bacino di lavoratori” che, appena “assunti”, vengono impiegati con lo strumento del “distacco” presso la committente (Davide Albertario srl). Il distacco permette di lasciare gli “oneri retributivi, contributivi e assicurativi” in capo alla prima società, “abbattendo i costi del lavoro” della Albertario che, a sua volta, esternalizza alla “società ombra” (New Leather Italy) parte della produzione a “costi di gran lunga inferiori”. La AZ, infine, per “simulare” una “produzione” di fatto inesistente (non esiste nemmeno una “sede produttiva”) emette fatture false nei confronti della Albertario.