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Cinema

Cannes premia la follia di Titane e la Francia

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A mettere d’accordo tutti in questa edizione ‘in mascherina’ della 74/ma edizione del Festival di Cannes senza troppi picchi e’ stato un film inaspettato come TITANE della trasgressiva e cultrice del corpo Julia Ducournau. Un premio che in un colpo solo premia una regista e la Francia. Un horror-thriller infernale che non guarda in faccia a nessun tabu’, con dentro la figura dell’ermafrodito, il sesso con le macchine, gli steroidi e una gravidanza piena di olio motore con tanto di musica sacra in sottofondo. E non finisce qui, in questa edizione che ha visto il piu’ confuso dei presidenti di giuria, Spike Lee, pronto ad anticipare la Palma d’oro: alla Francia va anche il premio della giuria con ANNETTE di Leos Carax, opera-rock alla Pete Townshend, con protagonisti Henry (Adam Driver), stand-up comedian, e Ann (Marion Cotillard) cantante classica dall’animo puro. Era impossibile immaginare poi che il film dell’iraniano di Asgar Farhadi, A HERO, non fosse entrato nel Palmares. Ancora una volta una storia di persone semplici, indifese, alle prese questa volta con prigione, una borsa piena di soldi e’ la mutevolezza dell’opinione pubblica. Al film, che sara’ distribuito in Italia da Lucky Red, e’ andato il Grand Prix, il secondo premio per importanza. Un premio condiviso con COMPARTMENT NO.6 del finlandese Juho Kuosmanen. Un’altra opera difficile e adattamento del romanzo di Rosa Liksom. Lo scompartimento del titolo e’ quello di un treno della Transiberiana diretto a Ulan Bator negli anni ’80. Dentro due protagonisti anti-glamour: una donna intellettuale omosessuale che studia i petroglifi e un minatore rozzo e ubriaco. Miglior attrice e’ risultata invece la norvegese Renate Reinsve protagonista di THE WORST PERSON IN THE WORLD del regista danese Joachim Trier, film che si muove su tanti piani e altrettanti teatrini, ben dodici come ricorda il titolo.

Partenza in commedia e poi arriva l’ombra lunga della morte. NITRAM, film straordinario dell’australiano Justin Kurzel, che racconta, con un impianto shakespeariano, la tragica strage di Porth Arthur, si porta a casa un premio non da poco: quello andato all’attore Caleb Landry Jones (nei panni del pluriomicida Martin Bryant). Bellezza formale, un auto d’epoca (una Saab 900), teatro ed estetica giapponese hanno regalato invece a DRIVE MY CAR di Ryūsuke Hamaguchi il premio per la migliore sceneggiatura. Il film e’ l’adattamento del racconto omonimo di Haruki Murakami. Il premio della giuria, infine, va MEMORIA del tailandese Apichatpong Weerasethakul con protagonista Tilda Swinton nei panni di una coltivatrice di orchidee. Film metafisico, antropologico, animista e, questa volta, con un pizzico di fantascienza. Anche qui il premio raddoppia e, nella tradizione di questo festival sempre attento alla politica, fa vincere anche AHED’S KNEE di Nadav Lapid con il suo atto d’accusa contro il governo israeliano e la sua politica culturale. Di scena, per il regista da sempre vicino all’Hadash, l’ex partito comunista israeliano, una storia autobiografica, ovvero quella di un cineasta molto appassionato che si ritrova in viaggio. Arrivato nello sperduto villaggio viene accolto dalla vicedirettrice delle biblioteche israeliane. Con lei intraprende un appassionato dibattito in cui il regista mostra provocatoriamente il formulario (“di sottomissione”, cosi’ lo chiama) da riempire per avere il sostegno dello Stato, un modulo in cui sono bene accetti solo i film che danno una bella immagine del Paese e del suo popolo o che trattano di certi argomenti.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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