Ci sono molti personaggi più o meno in giacca, cravatta, colletti bianchi e coscienze sporche che sulla monnezza della Campania hanno costruito carriere (in ogni ambito professionale) che quando non sono silenti ripetono come pappagalli cose già scritte, anzi scritte da altri. Parlano di cose che non hanno mai visto, perchè non hanno mai visto una discarica, uno Stir, un inceneritore, non hanno mai respirato i fumi o inalato le diossine di quei roghi criminali che stanno uccidendo centinaia di persone tra Napoli e Caserta. Di questi personaggi, su alcuni dei quali vi (ci) eravamo fatti una opinione sbagliata, ce ne occuperemo a tempo debito. E vi spiegheremo in quali affari si sono inseriti grazie alla monnezza.
Ovviamente quando parleremo di loro non diremo ad capocchiam che scrivono libri o vanno in tv a parlare di rifiuti pur senza capirci un granchè. No, diremo quali contratti hanno chiuso, quali incarichi hanno postulato e ricevuto e quali risorse hanno ottenuto per occuparsi di emergenza rifiuti o di altri affarucci a latere. A noi, oggi, interessa parlare dei roghi, dell’ennesimo incendio di un impianto che è un tassello importante nella filiera industriale dei rifiuti in Campania: lo Stir di Santa Maria Capua Vetere. Una manina criminale ha appiccato il fuoco dentro un capannone dove c’erano centinaia di tonnellate di monnezza già differenziata. Erano rifiuti facili da bruciare, dunque. Il guaio è che dovevano essere imballati, trasportati all’inceneritore di Acerra e bruciati dentro una delle tre linee di incenerimento. Ad Acerra ci sono i filtri dei fumi, la combustione è più o meno controllata, l’impatto sull’ambiente è certamente minimo rispetto ai fumi e alle diossine che liberano roghi come quello dello Stir di Santa Maria Capua Vetere, della fabbrica Lea di Marcianise e di altri impianti industriali che si occupano di monnezza in Campania.
Impianti che uno dietro l’altro negli ultimi tre mesi sono andati a fuoco. Guarda che combinazione. Non capire che c’è una regia criminale dietro significa davvero essere partecipi dello scempio che stiamo subendo. Sugli ultimi roghi tra Napoli e Caserta c’è, per fortuna, una inchiesta a carico di ignoti che è appena agli inizi, nelle mani della Procura Distrettuale Antimafia. Siamo in una fase conoscitiva, di acquisizione di documentazione, relazioni tecniche di periti e dei vigili del fuoco, immagini dei circuiti di videosorveglianza delle zone dove sono andati a fuoco gli impianti industriali. Siamo in buone mani, con i magistrati in genere e con quelli dell’Antimafia non si può scherzare. Hanno fatto tanto contro il fenomeno mafioso del business della monnezza. A breve faremo un check su questa indagine.
L’ultimo rogo, purtroppo, è ancora in corso, e ci vorranno giorni prima che venga spento e che l’area venga bonificata dai rifiuti combusti. Ci vorranno poi settimane per (ri)mettere a disposizione dello Stir di Santa Maria Capua Vetere quel deposito enorme. Ciò significa che ci saranno ripercussioni serie sulla qualità del servizio di smaltimento rifiuti in Campania e sulla quantità di rifiuti che saranno smaltiti. L’obiettivo è creare a tavolino una nuova emergenza rifiuti in Campania. Perchè quando c’è emergenza rifiuti arrivano i soldi, non si seguono le regole degli appalti, si fanno lavorare le solite aziende che solitamente con i soliti metodi si occuperanno di trasporti di monnezza eccedente fuori regione, contratti da chiudere con discariche fuori regione e altre cose che sappiamo e che diremo. Oramai siamo sull’orlo di una grave emergenza rifiuti. Mancano altri due o tre piccoli interventi della manina criminale (che arriverà nelle prossime settimane, sotto le feste di Natale) per chiudere il cerchio. Basta un altro Stir che va a fuoco, un’altra azienda privata che è dentro la filiera dei rifiuti che brucia e un piccolo incidente ad una linea di incenerimento di Acerra che il sistema va in Tilt. A quel punto comincerà la grande abbuffata della camorra della monnezza.
Intanto che una di queste cose o tutte queste cose accadano (perchè la storia si ripete, diceva il grande filosofo napoletano Vico), quello che sta accadendo a Santa Maria Capua Vetere è un grande disastro ambientale. Vi sono timori anche per il carcere che è di fronte, la nube tossica si è finora spostata in un’altra direzione ma i venti cambiano con il passare delle ore. “Ciò che sta accadendo è una grande tragedia. Con responsabilità chiare: la classe politica della provincia di Caserta. Tutta. Tutti coloro che hanno gestito il potere e non hanno mai voluto, e ancora oggi non vogliono, che il ciclo dei rifiuti sia moderno e funzionale, non più gestito dalle organizzazioni criminali. La vecchia politica è complice degli interessi sporchi, la nuova invece è completamente incapace. I nuovi parlamentari a me sembrano come quei camerieri che girano a vuoto tra i tavoli del ristorante perché non capiscono che cosa gli hanno ordinato e che cosa devono portare a tavola. Cioè girano a vuoto, come tante marionette”. Queste parole sono di Antonello Velardi, sindaco di Marcianise del Pd (ma non importa il partito) che si sta battendo come un leone contro la camorra dei rifiuti.
Con qualche errore di valutazione (chi non lavora non sbaglia mai), ma con una generosità che sarebbe degna di migliore causa. Ecco, lo specchio della gravità della situazione, della cappa camorristica che si è stesa (forse è sempre stata stesa) sull’affare monnezza, è proprio nell’immagine che ci restituisce di sè questo sindaco. Antonello Velardi è solo, solo come un cane. Dei suoi allarmi, delle sue denunce di camorria sulla monnezza, sugli incendi, sull’acqua, sugli appalti, non se ne fotte nessuno. Sì, certo ogni tanto qualche foto a Roma con questo o quel ministro, qualche promessa di impegno, qualche dichiarazione roboante, ma sono solo chiacchiere.
Antonello Velardi lo sa (è un eccellente giornalista prestato alla politica), ha dimostrato di essere un buon sindaco, peccato che nella Repubblica italiana non vogliono buoni amministratori pubblici ma sindaci buoni. Sindaci che se ne stanno buoni. Zitti, in silenzio. Ma con Velardi hanno sbagliato, se lo conosciamo bene.
Infatti, anche per il rogo di Santa Maria Capua Vetere, Velardi non dorme la notte perchè “ho una grande rabbia dentro” scrive. “È l’ennesima tragedia per la mia terra, anche per la mia Marcianise che conta ancora i danni dell’incendio allo stabilimento Lea: doloso quello e doloso questo. Nessuno ci dirà un giorno chi ha appiccato il fuoco, nessuno ci spiegherà che cosa bisognava fare per prevenire questa tragedia. Ci racconteremo chiacchiere tra noi”. Amen. Nulla altro si può aggiungere a questo epitaffio di un sindaco che amministra un territorio enorme nel cuore della cosiddetta terra dei fuochi. Una terra che a sentire il cosiddetto Governatore Vincenzo De Luca, esiste solo nelle chiacchiere di qualche giornalista.
L’orsetta Nina, trovata a maggio da sola nei pressi di Pizzone (Isernia) è stata trasferita in un ambiente più simile alle condizioni naturali in cui dovrà vivere una volta libera. Lo ha reso noto il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con un post sui canali social. “Nina era stata trovata nei pressi di Pizzone (Isernia) all’inizio di maggio – si legge nel post – allevata con l’obiettivo di essere reintrodotta in natura non appena le condizioni lo permetteranno. Sabato scorso, i tecnici del Parco, biologi e veterinari, hanno provveduto a trasferire Nina in una nuova struttura.
L’orsetta ha completato con successo lo svezzamento, seguendo il protocollo sviluppato con il supporto di esperti internazionali, sia europei sia nordamericani. Ora può vivere in un ambiente più adatto alle sue esigenze attuali, molto più simile a ciò che incontrerà una volta tornata libera. Si tratta di un ampio recinto immerso nella natura, dove potrà continuare a crescere e prendere peso”. Nel post si ricorda anche che il nome dato all’orsetta “è stato selezionato dopo il concorso lanciato in occasione della seconda edizione della giornata dedicata all’orsa Amarena. Abbiamo deciso di accogliere la proposta degli studenti dell’Istituto Comprensivo “Gesuè” di San Felice a Cancello (Caserta), che hanno suggerito proprio il nome Nina”.
Non un agguato pianificato, ma un delitto “maldestro”, frutto di “errori” e di una personalità narcisistica incapace di sopportare il crollo della propria immagine. È questa la linea della difesa di Alessandro Impagnatiello, l’ex barista dell’Armani Café condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, assassinata a Senago il 27 maggio 2023.
Mercoledì si apre il processo d’appello davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Milano. L’avvocata Giulia Geradini, che difende l’imputato, chiederà di riformare la sentenza di primo grado, sostenendo che l’omicidio non fu premeditato ma la conseguenza tragica di una relazione doppia che Impagnatiello “avrebbe voluto interrompere”, ma che non è riuscito a gestire, sopraffatto dalla necessità di preservare un’immagine pubblica costruita con cura.
Le richieste della difesa: escludere le aggravanti
La difesa punta a escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, non riconosciute dal gip Angela Laura Minerva già nella convalida del fermo, e chiederà il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se accolte, queste richieste potrebbero ridurre la condanna a 30 anni.
Secondo l’avvocata, non ci sarebbe “alcuna prova” di un omicidio studiato nei dettagli: la dinamica sarebbe invece “grossolana e maldestra”, come dimostrerebbe il modo in cui Impagnatiello ha cercato di disfarsi del cadavere — bruciandolo con alcol e benzina — e di simulare la scomparsa della 29enne per quattro giorni, spostandone il corpo tra il box, la cantina e l’auto prima di abbandonarlo in un’intercapedine.
L’accusa: 37 coltellate e un corpo dato alle fiamme
La ricostruzione fatta dalla Corte in primo grado parla di 37 coltellate inferte tra le 19.05 e le 19.30 del 27 maggio. Un gesto di violenza estrema, seguito dal tentativo di cancellare ogni traccia, mentre il corpo della giovane, scopertasi poco prima tradita da una collega del compagno, veniva occultato per giorni.
A sostenere l’accusa in aula sarà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri, che si opporrà alla richiesta della difesa e chiederà la conferma dell’ergastolo.
Arrestato il presunto autore degli attentati incendiari avvenuti a febbraio scorso nelle sedi della compagnia carabinieri di Castel Gandolfo e del commissariato di polizia di Albano Laziale, vicino Roma. I carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Frascati, del ROS, e gli agenti della Digos di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Velletri su richiesta della Procura, nei confronti di un 34enne di origine egiziana, regolare sul territorio nazionale e con precedenti di polizia. E’ accusato di strage politica, ovvero commessa allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato. Il movente sarebbe legato a un rancore profondo e persistente nei confronti delle forze dell’ordine locali, maturato nell’ambito di vicende personali.