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Politica

Boccia e Braga capigruppo Pd, Schlein stringe su squadra

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I capigruppo eletti per acclamazione danno l’immagine di un Pd che avanza compatto. In realtà, gli approdi di Francesco Boccia alla guida dei senatori e di Chiara Braga a quella dei deputati sono il risultato di una navigazione che ha dovuto fare i conti anche con tratti di mare mosso. Comunque, i primi due passi sono andati: Stefano Bonaccini presidente del partito, come lo stesso governatore dell’Emilia Romagna auspicava, Boccia e Braga capigruppo, come da indicazione della segretaria Elly Schlein. Ora c’è da fare la direzione. Ci vorrà qualche giorno, forse arriverà la prossima settimana. Se non ci saranno scossoni, sarà rappresentativa delle varie anime Pd.

“Stiamo lavorando a un assetto complessivo ed equilibrato, rispettoso del pluralismo e dell’esito delle primarie – ha detto Schlein alle assemblee prima dei senatori e poi dei deputati, per le elezioni dei capigruppo – .Per questa ragione ci stiamo sentendo spesso in queste ore anche con Stefano Bonaccini. Entro pochi giorni ho intenzione di chiudere gli assetti e tornare a costruire insieme alla nostra comunità democratica proposte politiche alternative alle destre e a parlare dei temi che riguardano la vita delle persone”. Il mandato è chiaro: “Il gruppo parlamentare è il cuore dell’attività politica – ha spiegato Boccia – la segretaria Elly Schlein ha dato una indicazione: accordo permanente fra attività del partito e attività parlamentari. Il partito avrà come punto di riferimento costante l’ascolto della piazza, della protesta, dei mille luoghi del lavoro, del paese”. Braga ha citato Giacomo Matteotti: “Fu assassinato dal fascismo negli anni più bui della nostra nazione perché si opponeva alla brutalità del regime e della violenza fascista con la forza delle sue idee, certo, ma anche con la qualità del suo operato parlamentare qui in questo palazzo”. Il voto sui capigruppo è stato unanime, ma la strada per arrivarci ha lasciato qualche strascico.

“Ritengo che questo passaggio abbia avuto elementi di forzatura politica sia nell’interpretazione del risultato congressuale che nel rapporto con l’autonomia dei gruppi parlamentari”, ha detto il deputato Lorenzo Guerini. Critica anche la capogruppo uscente al Senato, Simona Malpezzi: “Comprendo la necessità della segretaria di fare delle scelte, ma avrei preferito che la discussione avvenisse prima tra di noi che sui giornali”. La ex capogruppo a Montecitorio, Debora Serracchiani, ha avvertito: “L’autonomia dei gruppi va tutelata e salvaguardata sempre anche perché rende più forte il partito”.

La trattativa si sposta. Non è un segreto che una parte della minoranza puntasse almeno a un capogruppo. Ora che non l’ha ottenuto, fra i sostenitori di Bonaccini si allarga la schiera di chi si aspetta una sorta di compensazione con le scelte per la segreteria. Fra i fedeli di Schlein, sono dati per certi in squadra i parlamentari Marco Furfaro, che potrebbe fare il vicesegretario, Marco Sarracino, Alessandro Zan, Antonio Misiani e un esponente di Articolo Uno. E poi l’ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi. Per la minoranza, si parla del senatore Alessandro Alfieri e di Davide Baruffi, sottosegretario regionale emiliano e braccio destro del governatore nelle trattive con l’area Schlein. E anche della vicepresidente del Parlamento europeo, Pina Picierno. La segretaria mira a risolvere in fretta la questione degli assetti, per potersi dedicare interamente alla linea del partito.

“Schlein ha indicato una strada alternativa – ha detto Boccia – .Quando parla di difesa del pianeta, di sviluppo sostenibile, economia circolare, salario minimo, di diritti civili e sociali che vanno insieme, sta indicando un’altra idea di società e tutto questo ha un punto fermo: l’Europa. Intorno a questo marcheremo la distanza fra noi e la destra guidata da Meloni” che “sta alimentando la rabbia, gli scontri, le divisioni nella società, le paure, e non sta dando ricette per le soluzioni”. Prossime uscite della segretaria, giovedì in Friuli Venezia Giulia, dove domenica si aprono le urne per la Regione e in diversi comuni.

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Politica

Offese a Kyenge, Calderoli condannato a 7 mesi

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Il ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi, con pena sospesa e non menzione nel casellario giudiziario, in Tribunale a Bergamo nel nuovo processo per la vicenda delle offese all’allora ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge, che il 13 luglio 2013 definì “orango” alla festa della Lega di Treviglio (Bergamo) durante un comizio. L’accusa era diffamazione aggravata dalla matrice razziale. Kyenge non si era costituita parte civile. La Cassazione aveva annullato le precedenti condanne in primo e secondo grado. A dicembre il reato andrà in prescrizione.

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Politica

Stop ai controlli sul Pnrr,tensione Corte conti-governo

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Nessun passo indietro, ma la promessa di trovare un nuovo “modello” di relazioni, “nel rispetto delle competenze”. E per elaborare, insieme, un “codice dei controlli”, che fissi una volta per tutte le regole. Nel giorno in cui ufficialmente cambia i poteri della Corte dei Conti sul Pnrr, escludendo il “controllo concomitante” per i progetti legati al Piano, il governo incontra i magistrati contabili per spiegare la ratio dell’intervento e cercare di chiudere uno scontro istituzionale che si è trascinato per giorni. Proprio mentre il presidente della Corte, Guido Carlino, siede di fronte a Raffaele Fitto e al sottosegretario Alfredo Mantovano a Palazzo Chigi, alla Camera le commissioni votano l’emendamento della discordia, che esclude il Pnrr dal check in corso d’opera dei magistrati contabili e che, in aggiunta, proroga di un altro anno, fino a giugno 2024, lo scudo alla responsabilità erariale, bocciato ripetutamente dalla Corte.

“Il controllo concomitante può accelerare le opere” anche del Pnrr, aveva spiegato poco prima Carlino alla commissioni congiunte Affari costituzionali e Lavoro, difendendo la bontà dell’azione della Corte a supporto delle attività delle amministrazioni. Una azione preventiva utile anche a non incorrere in errori, bocciature successive e pure nel rischio di essere perseguiti per danno erariale. Ma sul Pnrr alla Corte è affidato “il controllo ex post”, ha precisato Fitto in Aula, cercando al contempo di smorzare la polemica e di assicurare che non era in corso alcuno “scontro” tra poteri. Lo stesso ragionamento che il titolare del Piano ha esposto anche ai giudici a Palazzo Chigi, affiancato da Mantovano. Il risultato di un’ora e mezza di confronto è un messaggio, veicolato da Palazzo Chigi, di pace fatta. Di condivisione della necessità di una “leale collaborazione” assieme a quella di stringere i bulloni di una interlocuzione che, evidentemente, in queste settimane ha subito qualche intoppo. La promessa è di rivedersi già la prossima settimana per aprire un tavolo per la “revisione della disciplina della responsabilità erariale, del meccanismo di controllo concomitante e dell’adozione di un codice dei controlli”.

Bisogna poi impostare “un modello di relazione e scambio di informazioni più intenso e puntuale”. La volontà, insomma, è quella di gettare acqua sul fuoco di uno scontro stigmatizzato duramente dalle opposizioni, che invano hanno cercato la via della non ammissibilità dell’emendamento del governo al decreto Pa. Criticata duramente, in particolare dai Dem, anche la scelta di votare proprio mentre era in corso l’incontro a Palazzo Chigi. Il governo è pronto a mettere mano anche allo scudo erariale per dare “stabilità” alla disciplina, ferma restando la proroga attuata pur avendo “preso atto della contrarietà della Corte”. Si tratta di una norma “transitoria” in attesa della riforma in materia di responsabilità amministrativa e contabile”, ha assicurato sempre Fitto, ribadendo che l’intenzione dell’esecutivo è quella di accelerare sull’attuazione del Pnrr.

Nel frattempo è anche già stata avviata “dal 18 maggio”, come precisa via Twitter, l’interlocuzione con Bruxelles sul nuovo capitolo legato al RepowerEu, che avrà due linee di intervento sostanziali, sulle “infrastrutture energetiche” e sugli “incentivi per dare una risposta per l’efficientamento energetico per famiglie e imprese”. “Siamo pronti a collaborare”, ha assicurato da Torino il commissario europeo Paolo Gentiloni. Precisando però, interpellato sulla scelta dell’esecutivo italiano rispetto alla Corte dei Conti, che non spetta all’Europa il controllo di “fenomeni di frode, di corruzione, di doppia spesa dei diversi fondi”.

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Economia

L’ultima di Visco, ora si apre il nodo successione a Bankitalia

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Poche parole ‘a braccio’ di ringraziamento ai colleghi di 50 anni di lavoro nella Banca, una relazione senza sconti su quei temi e proposte che non condivide ma con toni pacati e un lungo applauso finale. Le ultime considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco si svolgono, nel salone dei partecipanti di Palazzo Koch, come da tradizione dopo la parentesi del Covid: platea gremita di banchieri, industriali, autorità e sindacalisti. In prima fila gli alti vertici della banca e l’ex premier e numero uno di Via Nazionale e della Bce Mario Draghi. Assente, come d’abitudine, il governo che da ora fino a novembre, quando scadrà il secondo mandato del governatore, dovrà trovare il nome del sostituto. Una casella ‘pesante’ nel puzzle delle nomine che molti indicano verrà occupata da Fabio Panetta, ora nel board della Bce ma con un lungo e inappuntabile curriculum in Banca d’Italia.

A Via Nazionale è arrivato fino alla carica di direttore generale prima di essere chiamato a Francoforte a inizio 2020. Altre soluzioni, quella interna con l’attuale dg della banca Luigi Federico Signorini o di un outsider esterno riscuotono quotazioni inferiori negli ambienti finanziari e della maggioranza parlamentare. L’iter della nomina tuttavia vede un ruolo non notarile del Presidente della Repubblica al quale, secondo la legge, spetta il decreto di nomina su “proposta del presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia”. Va poi ricordato come la banca sia parte dell’Eurosistema Bce che non deflette sulle caratteristiche di autonomia e indipendenza. Per il momento Visco incassa le parole di elogio dei diversi attori della scena finanziaria. Per Gros Pietro “il governatore è un grande economista, un bravissimo economista” mentre il presidente di Unciredit Pier Carlo Padoan (che occupava la carica di ministro dell’economia ai tempi delle crisi bancarie con Visco governatore), “”il paese deve essere grato a Ignazio Visco” per ” il suo contributo personale a quello che ha fatto la Banca d’Italia in questi anni”.

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