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Biden rientra nell’Unesco per frenare la Cina sull’AI

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Gli Stati Uniti hanno deciso di rientrare nell’Unesco mettendo così fine ad una disputa iniziata nel 2011, quando il maggior contributore dell’organizzazione smise di elargire fondi in polemica con l’ingresso della Palestina, ed esasperata da Donald Trump nel 2018 con l’uscita di Washington dall’agenzia dell’Onu. Il ritorno a Parigi è stato fortemente voluto dal presidente Joe Biden sin dall’inizio del suo mandato soprattutto per evitare che la Cina, in assenza del contraltare americano, possa dilagare in settori delicati come la regolamentazione delle nuove tecnologie. “È un forte atto di fiducia nell’Unesco e nel multilateralismo”, ha dichiarato la direttrice generale Audrey Azoulay comunicando ai rappresentanti degli Stati membri la richiesta di Washington che, se approvata, sarà effettiva dal mese prossimo.

Gli Stati Uniti hanno anche informato l’organizzazione che pagheranno i contributi arretrati per un totale di oltre 600 milioni di dollari. D’altra parte, fino al 2011 gli Usa contribuivano al 22% del budget dell’Unesco, ovvero circa 75 milioni di dollari. Lo scorso dicembre, il Congresso controllato dai democratici aveva spianato la strada con la legge di bilancio che destinava al finanziamento dell’organizzazione ben 150 milioni di dollari. In una lettera ad Azoulay, il vice segretario americano al management e alle risorse, Richard Verma, ha espresso la “gratitudine” di Washington per il lavoro svolto sino a oggi, soprattutto per aver “spostato l’attenzione dalle questioni politicizzate” ad altri “temi significativi”. In realtà, il motivo principale del ritorno degli Stati Uniti nell’agenzia dell’Onu lo ha spiegato il segretario di Stato Antony Blinken lo scorso marzo sottolineando che l’assenza Usa stava lasciando campo libero alla Cina su questioni delicate come l’intelligenza artificiale.

“Credo fermamente che dovremmo tornare all’Unesco, non come un regalo all’agenzia ma perché le cose che stanno accadendo lì contano davvero”, aveva dichiarato Blinken durante un’audizione alla commissione del Senato presentando la legge sul budget. “A Parigi si lavora su regole, norme e standard per l’intelligenza artificiale. Dobbiamo esserci”, aveva detto il segretario di Stato. Pechino da parte sua ha fatto sapere che non si opporrà al ritorno degli Stati Uniti. “L’Unesco ha bisogno che tutti i suoi Stati membri uniscano le loro forze per adempiere alle sue missioni”, ha dichiarato l’ambasciatore presso l’Agenzia a Parigi Yang Jin. “Siamo pronti a lavorare con tutti gli Stati membri, compresi gli Stati Uniti”, ha sottolineato, rimarcando che il ritiro di Washington ha avuto un “impatto negativo” sull’organizzazione. Gli Stati Uniti si erano già ritirati dall’Unesco nel 1984 per quasi 20 anni, fino all’ottobre 2003. Ora la richiesta di Washington sarà presentata alla Conferenza generale degli Stati membri per l’approvazione finale.

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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