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Esteri

Assalto al Capitol, 18 anni al capo dell’ultradestra

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Per Donald Trump, il capo della milizia di estrema destra ‘Oath Keepers’ Stewart Rhodes è un patriota trattato ingiustamente. Per la giustizia americana invece questo 58enne con una laurea a Yale e un passato nell’esercito è un eversore terrorista che merita 18 anni di carcere: è la condanna che gli è stata inflitta oggi nella capitale per aver guidato il suo gruppo all’assalto armato del Capitol il 6 gennaio 2021 nel tentativo di bloccare la certificazione della vittoria di Joe Biden mantenendo al potere Donald Trump. I pubblici ministeri avevano chiesto una pena ancora più dura: 25 anni di galera. L’accusa è quella di cospirazione sediziosa, per la quale non si vedeva una condanna dal 1995, quando un gruppo di militanti islamici fu condannato per un piano di attentati esplosivi a New York.

Si tratta della pena più alta comminata finora in oltre 1.000 casi legati all’attacco al Campidoglio e della prima con l’aggravante del terrorismo interno, che finora era stata respinta in alcuni processi precedenti. Una condanna esemplare, e un precedente per quelle che attendono nei prossimi giorni altri dirigenti degli Oath Keepers e dei Proud Boys, un’altra organizzazione paramilitare di destra protagonista dell’assalto al parlamento: tutti già ritenuti colpevoli dello stesso reato. La bastonata è anche un cattivo presagio per il tycoon, ancora sotto inchiesta da parte del procuratore speciale Jack Smith per il suo ruolo nella vicenda, dopo aver aizzato i suoi fan a marciare sul Campidoglio con la bugia delle elezioni truccate. Non a caso uno degli avvocati dell’imputato ha sostenuto che altre persone come Trump sono più responsabili per il caos e la violenza di quel giorno.

“Sono un prigioniero politico”, ha rivendicato in aula Rhodes, con il solito occhio bendato e la tuta arancione da carcerato, paragondosi al dissidente sovietico Aleksandr Solzhenitsyn e al protagonista de Il Processo di Kafka. Ma la replica del giudice Amit Mehta non ha lasciato spazio a repliche: “Lei rappresenta una minaccia e un pericolo persistenti a questo Paese, alla repubblica e al tessuto sociale della nostra democrazia”, lo ha redarguito, dicendogli che è stato perseguito non per le sue idee politiche ma perchè si era “preparato a prendere le armi e a fomentare una rivoluzione” semplicemente perchè non gradiva l’esito delle elezioni. “Lei non è un prigioniero politico, lei è qui a causa delle sue azioni”, lo ha ammonito, demolendo la narrativa del tycoon e dei suoi seguaci. I procuratori avevano motivato la loro richiesta di una pena a 25 anni col fatto che Rhodes provava da oltre 10 anni ad attaccare il governo e non ha mostrato alcun pentimento per le sue azioni. Secondo l’accusa inoltre solo una condanna pesante poteva servire come deterrente contro una violenza politica in costante aumento negli Usa. “Se non messo a freno, questo impulso minaccia la nostra democrazia”, avevano messo in guardia.

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Verso Consiglio Nato-Ucraina per rafforzare rapporti

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Che fare con l’Ucraina? Il dilemma sta sul tavolone del Consiglio Atlantico, diviso su quanto in là spingersi nell’aprire all’ingresso di Kiev nella Nato. Volodymyr Zelensky, ospite d’onore del summit dei leader alleati di Vilnius, ha fatto capire di non essere disposto a presentarsi solo per la fotografia di rito ma di attendersi passi concreti. Una parte dell’est Europa spinge per assicurare all’Ucraina un chiaro cronoprogramma, gli Usa e la Germania invece guidano il campo dei cauti, con Londra impegnata in una mediazione.

Ecco dunque spuntare l’ipotesi di creare il Consiglio Nato-Ucraina come opzione di compromesso per rafforzare i legami in vista di una futura (reale) adesione all’Alleanza. Si parte da una constatazione. Nessuno, tantomeno Kiev, reputa realistico lo scenario di aprire i protocolli di accesso a guerra in corso. Dunque si tratta d’immaginare il futuro andando però oltre – è la posizione dei ‘falchi’ – il linguaggio già usato a Bucarest nel 2008, ovvero promesse senza fatti concreti. Diversi alleati lo reputano un approccio prematuro: prima deve finire il conflitto e poi, a bocce ferme, si stabilirà il da farsi. Anche perché – spiega una fonte diplomatica – al momento non si può prevedere “che piega prenderà”, quando sarà, l’atteso negoziato di pace tra Ucraina e Russia ed è meglio lasciare “la lavagna pulita”.

Kiev, è il ragionamento, procederà con la controffensiva, proverà a strappare più territorio possibile alle forze occupanti di Mosca, e il Cremlino a quel punto, a seconda di come si svilupperanno le cose sul campo di battaglia, prenderà in considerazione “varie opzioni negoziali”. Ma un’altra linea di pensiero sottolinea come l’Ucraina, al di là del Cremlino, sta diventando la nazione “meglio armata d’Europa” con un esercito – e una società civile – induriti dal fuoco della battaglia. È dunque nell’interesse dell’Occidente “legare saldamente Kiev alle proprie istituzioni” e accompagnarne lo sviluppo democratico. L’opzione del Consiglio Nato-Ucraina è vista come il vero ‘derivable’ del summit di Vilnius – ovvero risultato concreto, nel gergo diplomatico – e per Kiev si tratterebbe di un “upgrade” rispetto all’attuale Commissione. Non sono solo parole.

Il Consiglio permetterebbe all’Ucraina di prendere parte in modo molto più stretto ai lavori dell’Alleanza e di essere partecipe del suo sviluppo e indirizzo. Dunque una prima integrazione politica, che accompagni il piano di assistenza militare pluriennale in via di approvazione, chiamato a rendere “pienamente interoperabili” le forze armate ucraine con quelle Nato. Questa opzione sanerebbe allo stesso tempo un paradosso. Al momento, infatti, il formato della Commissione Nato-Ucraina resta a un gradino inferiore del Consiglio Nato-Russia, che per quanto inattivo per ovvie ragioni non è mai stato formalmente ripudiato da nessuna delle due parti.

“È quantomeno curioso – sottolinea un’altra fonte – che l’Alleanza mantenga questo strumento con la Russia e non l’accordi all’Ucraina, dopo tutto quello che è successo e il sostegno militare-politico senza precedenti che ha ricevuto”. A Oslo la prossima settimana i ministri degli Esteri alleati saranno chiamati a limare le posizioni e a convergere verso il compromesso: la strada dalla Norvegia alla Lituania s’è fatta ormai breve.

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Scagionate in Usa 12 persone accusate di stregoneria 400 anni fa

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 Il Connecticut ha scagionato dodici persone, nove donne e due uomini, condannate per stregoneria quasi 400 anni fa, di cui undici impiccate dopo un processo farsa. Lo riportano i media americani. L’assemblea dello Stato Usa ha adottato una risoluzione che proclama la loro innocenza e denuncia le condanne come un “errore giudiziario”. La decisione arriva alla vigilia del 376esimo anniversario della prima impiccagione per stregoneria quella di Alice Young, nel New England. Centinaia di persone, per lo più donne, furono accusate di stregoneria in quello e in altri Stati nel XVII secolo, in particolare durante i famosi processi di Salem, Massachusetts, tra il 1692 e il 1693.

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Centinaia di tedeschi devono lasciare la Russia, ritorsione per le espulsioni dalla Germania

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Centinaia di dipendenti pubblici tedeschi che lavorano nei settori dell’istruzione e della cultura dovranno lasciare la Russia in seguito a una richiesta di Mosca, ha dichiarato all’Afp una fonte del governo tedesco. Il personale diplomatico e e i dipendenti di istituzioni pubbliche come l’organizzazione culturale Goethe Institute e la scuola tedesca di Mosca dovranno lasciar la Russia entro l’inizio di giugno. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, lo spionaggio russo in Germania è cresciuto a un ritmo raramente eguagliato negli ultimi anni, secondo i servizi di sicurezza tedeschi.

A metà aprile, la Germania ha espulso un certo numero di diplomatici russi “per ridurre la presenza dei servizi di intelligence”, provocando la reazione di Mosca che ha espulso una ventina di dipendenti dell’ambasciata tedesca. Nella primavera del 2022, la Germania aveva già espulso circa 40 diplomatici russi che Berlino riteneva rappresentassero una minaccia per la sua sicurezza. Lo scorso ottobre, il capo dell’agenzia tedesca per la sicurezza informatica, Arne Schoenbohm, è stato licenziato dopo che le notizie hanno rivelato la sua vicinanza a una società di consulenza per la sicurezza informatica che si ritiene abbia contatti con i servizi segreti russi. Un mese dopo, un ufficiale della riserva tedesca è stato condannato a una pena detentiva sospesa di un anno e nove mesi per aver spiato per la Russia.

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