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Affare metanizzazione e rapporti tra mafia casalese e Cpl Concordia, il pentito Nicola Schiavone fa il “pappagallo” del pentito Iovine. Ma da anni non succede niente

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C’è un altro pentito eccellente che sta parlando di appalti, camorra, politica nel casertano e nel Sud Italia. Nicola Schiavone ai magistrati dell’antimafia di Napoli sta raccontando il patto scellerato Camorra/Imprenditoria/Politica raccontato in decine di inchieste da Giuseppe D’Avanzo, indimenticato giornalista de La Repubblica, quando si faceva giornalismo di inchiesta.

E quel che dice Nicola Schiavone è importante, anche perchè è il figlio di Francesco Schiavone alias Sandokan, da 17 anni al 41 bis, padrino e padrone della cosca mafiosa per molto tempo. Nicola Schiavone parla di metanizzazione, di un presunto patto tra la cosca mafiosa dei Casalesi e il colosso del sistema cooperativistico rosso, la Cpl Concordia.

Il pentito. Antonio Iovine ha già raccontato tre anni fa le stesse cose ai pm ma non è successo niente

Non dice nulla di più, nulla di diverso rispetto a quanto già riferito da Antonio Iovine, altro boss dei casalesi pentitosi. Aggiunge certamente altri fatti, altre circostanze, ma il sistema che descrive non è diverso da quello che la procura antimafia non conosce già. “L’assegnazione dei lavori era talmente consolidata che non c’era più bisogno del nostro gruppo”. Sui lavori di metanizzazione dell’agro aversano, c’era un accordo non scritto con la Cpl Concordia che aveva portato, nel corso degli anni, ad un meccanismo di assegnazione dei lavori da parte della cooperativa quasi automatico. C’era, a leggere gli interrogatori di Nicola Schiavone depositati in uno dei tanti processi che lo vedono protagonista, quasi un automatismo. In ogni comune dove c’erano da eseguire i lavori di metanizzazione che erano stati assegnati dalla Cpl Concordia, lo schema era automaticamente sempre lo stesso. La ditta che eseguiva i lavori in subappalto la sceglieva il clan che ne traeva profitto. Dall’appalto delle opere oltre ai soldi per la cosca c’era la parte da concedere alla politica locale. Niente di originale, cose già dette da Iovine, già scritte. Nicola Schiavone sostiene che “non è cambiato nulla nella gestione dei lavori con Cpl Concordia”. E non sempre queste dichiarazioni di collaboratori di giustizia hanno poi dato sostanza a condanne. Nell’interrogatorio sostenuto il 18 settembre scorso davanti al pm Maurizio Giordano, il figlio del padrino parla a lungo della metanizzazione, iniziativa partita più di vent’anni fa, nel 1997, quando l’opera doveva essere realizzata da un’ altra società. E qui Schiavone spiega come ogni gruppo camorristico federato ai casalesi si sceglieva “l’imprenditore di riferimento”.

Nicola Schiavone. Da poco è collaboratore di giustizia e sta ripetendo accuse già fatte da Iovine

Schiavone che pure racconta i presunti rapporti tra clan e Cooperativa Cpl Concordia, riferisce di questi rapporti e dei presunti business per averli appresi da Antonio Iovine. In cambio di tranquillità, serenità la Cpl Concordia avrebbe offerto negli anni la disponibilità ad assumere persone e ad accettare l’ indicazione da parte del clan circa gli imprenditori da incaricare. Ma di tutto questo Schiavone ne parla per sentito dire in quanto lui non avrebbe mai avuto alcun rapporto diretto con chicchessia della Cpl. Anzi, Schiavone spiega che il padre aveva voluto che fosse Iovine a “coltivare i rapporti” con la coop. E così fu, almeno così sostiene Iovine.

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‘Nuova ondata di raid in Iran, distrutto aeroporto Tabriz’

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L’esercito israeliano ha lanciato un’altra ondata di attacchi in Iran. Secondo quanto si apprende da fonti militari, l’aeronautica ha distrutto l’aeroporto di Tabriz, in Iran nord-occidentale.

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Maria Rosaria Boccia indagata per falso e truffa sulla laurea: lei replica e annuncia querele

La Procura di Napoli indaga Maria Rosaria Boccia per falso e plagio sulla tesi di laurea. L’imprenditrice replica: “Persecuzione mediatica, querelo tutti”.

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La Procura di Napoli ha iscritto l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di falso, truffa e falsa attribuzione di valori altrui. Al centro dell’inchiesta, l’autenticità della sua laurea in Economia e Management e il presunto plagio della tesi finale. L’indagine, riportata oggi da “Il Mattino” e “la Repubblica”, si basa su un esposto presentato dall’università telematica Pegaso, dove Boccia si è laureata nel 2021 con 91/110.

Accertamenti in tre università

I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Napoli hanno eseguito acquisizioni documentali presso gli atenei Parthenope, Pegaso e Luiss. In particolare, all’atto dell’iscrizione alla Pegaso, Boccia avrebbe presentato un’autocertificazione non firmata per il riconoscimento di alcuni esami sostenuti in precedenza alla Parthenope. La denuncia dell’università riguarda inoltre il presunto plagio di una tesi presentata da una studentessa della Luiss nel 2019: entrambi gli elaborati sarebbero risultati sovrapponibili secondo un software antiplagio, in seguito a un servizio televisivo andato in onda il 9 settembre 2024 su Rete 4.

Le accuse: documentazione irregolare e tesi sospetta

Secondo le verifiche interne, Pegaso avrebbe accolto l’autocertificazione della Boccia senza accertare con l’ateneo di provenienza l’effettivo superamento degli esami. Contestualmente, l’elaborato finale della laurea è stato ritenuto troppo simile a quello già discusso da un’altra studentessa della Luiss, dal titolo “Il Sistema Sanitario Nazionale: luci e ombre di un’eccellenza italiana stretta dai vincoli della finanza pubblica”.

Boccia si difende: “Persecuzione mediatica”

L’imprenditrice ha replicato annunciando querele contro testate e giornalisti: «Sono vittima di una persecuzione mediatica. Hanno diffuso notizie false e manipolate su di me». Boccia denuncia inoltre un “silenzio assordante” su un’indagine per stalking che vedrebbe coinvolto l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, a cui la donna è stata legata da una collaborazione. «Come mai la stampa si accanisce contro di me mentre tace su un’inchiesta tuttora aperta su Sangiuliano?», si chiede.

Ha annunciato esposti all’Ordine dei Giornalisti e alle procure competenti, accusando i media di agire «non per libertà di stampa ma per complicità». «Vedremo se questa volta qualcuno avrà il coraggio di raccontare anche quello che è stato tenuto nascosto», conclude.


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Sanità siciliana, dieci misure cautelari per appalti truccati e corruzione

Svelato un sistema criminale tra pubblici dirigenti, imprenditori e lobbisti: “Una sanità malata di corruzione”.

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Un comitato d’affari criminale avrebbe gestito per anni gli appalti della sanità siciliana, pilotando gare per un valore complessivo di 130 milioni di euro. È quanto emerge dall’inchiesta condotta dalla Procura di Palermo, che ha ottenuto dal Gip l’emissione di dieci misure cautelari nei confronti di dirigenti pubblici, imprenditori, lobbisti e collaboratori, legati da rapporti di contiguità con esponenti politici di rilievo.

Secondo gli inquirenti, la sanità pubblica in Sicilia sarebbe “affetta da una corruzione sistemica”, come definito nel provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta dei pm coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia. Le indagini sono state condotte dalle Fiamme Gialle del comando provinciale di Palermo, già protagoniste di una maxi inchiesta degli anni scorsi sempre sullo stesso filone.

Gare truccate e bandi su misura per le imprese “amiche”

Dall’inchiesta emergono condotte gravissime: capitolati d’appalto costruiti ad hoc su indicazioni degli imprenditori interessati, bande annullate se ritenute non favorevoli e documentazione riservata consegnata in anticipo dai dirigenti pubblici ai loro referenti privati.

A questo si aggiungono tentativi di influenzare la composizione delle commissioni aggiudicatrici, nominando membri considerati “affidabili”, e un sistema ben collaudato di tangenti legate al valore delle commesse, spesso mascherate da finti contratti di consulenza o assunzioni di familiari.

Le accuse e le misure cautelari

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e frode fiscale legata all’uso di fatture per operazioni inesistenti.

Le misure cautelari emesse vanno dagli arresti domiciliari, agli obblighi di dimora, fino ai provvedimenti interdittivie all’obbligo di firma presso le forze dell’ordine. La normativa attuale ha previsto anche interrogatori preventivi obbligatori per tutti gli indagati.

Un sistema criminale che minaccia il diritto alla salute

Questa inchiesta riaccende i riflettori su un settore fondamentale, quello della sanità pubblica, da troppo tempo vulnerabile a logiche clientelari e corrotte. Un sistema che, secondo la Procura, mina non solo la trasparenza della spesa pubblica, ma anche la qualità dell’assistenza sanitaria e la fiducia dei cittadini nello Stato.

Figura chiave dell’ultimo capitolo dell’indagine della procura di Palermo sulle gare truccate nella sanità siciliana è Antonino Maria Sciacchitano detto “Ninni”, commercialista, componente del collegio sindacale dell’ospedale Civico e dell’Asp di Palermo, consulente dell’Asp di Caltanissetta per le problematiche contabili, presidente di valutazione dei manager della sanità pubblica, Proprio presso il suo studio, nelle settimane scorse, nel corso di una perquisizione, sono stati trovati 44 mila euro in contanti oltre a 3mila euro scoperti durante una perquisizione personale. Altri personaggi importanti dell’indagine sono l’imprenditore Giovanni Cino, vicinissimo a Sciacchitano, e il faccendiere campano Catello Cacace.

A Sciacchitano e Cacace il gip ha dato i domiciliari. Cino ha l’obbligo di dimora. Secondo gli inquirenti, le gare sarebbero state gestite illecitamente da una struttura piramidale che al suo apice vedeva proprio Sciacchitano, per l’accusa” in grado di coagulare intorno a sé faccendieri, funzionari pubblici e imprenditori scelti perchè in grado di assicurare la miglior sintesi possibile fra istanze dell’imprenditoria e velleità di carrierismo e arricchimento illecito di pubblici dipendenti infedeli”. Sciacchitano era affiancato da Giovanni Cino e Catello Cacace che lo aiutavano nella cura delle relazioni create e alimentate con i funzionari pubblici e sul versante delle imprese, “per strutturare intese fra aziende in grado di creare realtà economiche tanto solide da poter partecipare ai bandi garantendo la credibilità e i requisiti economico-patrimoniali necessari”, dicono gli inquirenti.

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