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Economia

Accordo storico Ue-Usa sui dazi: tariffa base al 15% e intesa tra Trump e von der Leyen

Ue e Usa raggiungono un’intesa commerciale con tariffa base al 15%. Von der Leyen e Trump esprimono soddisfazione per un accordo definito potente e storico.

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“Ce l’abbiamo fatta, è l’accordo più importante di sempre”. Tra le colline della Scozia Sud-Occidentale si è chiusa, almeno per il momento, la partita sui dazi di Unione e Europea e Stati Uniti. Si è conclusa dopo un incontro durato meno di un’ora, partito con un Donald Trump accigliato e una Ursula von der Leyen dal volto poche volte così tirato. E si è chiusa con la conferma della tariffa base che, nei giorni scorsi, era stata concordata dagli sherpa: il 15%. La presidente della Commissione è volata al resort Trump Turnberry accompagnata dal caponegoziatore Maros Sefcovic e dal team tecnico che per lunghi mesi ha provato ad ammorbidire le posizioni americane. Von der Leyen è arrivata al Golf Club sull’estuario del Clyde nel pomeriggio.

Trump aveva appeno finito di giocare “con suo filgio Eric e alcuni amici”, riferiva la portavoce della Casa Bianca. Appena prima di iniziare il vertice, sia Trump che von der Leyen hanno ribadito che la partita era ancora in bilico. “Abbiamo il 50% di possibilità” di chiuderla, hanno frenato entrambi. Ma era soprattutto tattica. La sostanza dell’intesa, di fatto, era già pronta. Si trattava di capire come venderla senza troppe perdite d’immagine e dando al presidente americano la possibilità di rivenderla a suo modo. Anche il format dell’intesa è stato fortemente trumpiano. I due leader hanno fatto un punto stampa con i cronisti europei e americani prima dell’inizio del vertice. Un’ora dopo, l’accordo è stato comunicato da Trump e von der Leyen solo al pool di giornalisti al seguito del primo.

“L’Ue effettuerà 600 miliardi di investimenti negli Usa e ci acquisterà 750 miliardi di energia”, ha esultato il tycoon che, prima dell’incontro, si era prodotto nell’ennesimo attacco all’Europa sul terreno preferito: l’immigrazione e il Green Deal. Washington ha ottenuto che il settore farmaceutico sia fuori dall’accordo e, di fatto, ha ottenuto quel riequilibrio delle relazioni commerciali che ha chiesto con veemenza sin dall’inizio del suo mandato. “Voglio ringraziare personalmente Trump, è un grande negoziatore ma anche un “dealmaker”, gli ha concesso von der Leyen. “Ursula ha fatto un grande lavoro per l’Ue, non per noi”, era stata la provocazione di Trump nelle prime battute del vertice. Per l’Europa, ha assicurato von der Leyen, il bicchiere è mezzo pieno.

“Non dimentichiamo da dove siamo partiti”, ha spiegato la presidente ricordando che il settore dell’auto è stato incluso nella tariffa del 15% e rimarcando che l’accordo apre le porte del mercato americano alle imprese del Vecchio Continente. Il 15%, ha spiegato, riguarderà anche i semiconduttori e il farmaceutico, sebbene su questo ultimo punto Trump non abbia detto la stessa cosa. Non solo. Sui cosiddetti “prodotti strategici” la tariffa sarà dello 0%, ha ricordato la numero del Palais Berlaymont. Che riesca a convincere tutti e 27 leader europei non è assolutamente scontato. Ma, al momento, la Commissione non prevede misure di ristoro per i settori più colpiti. Di contro von der Leyen ha spiegato di voler accelerare sulle intese commerciali in cantiere, il Mercosur in primis ma anche le partnerhsip con il Sud-Est Asiatico e l’Estremo Oriente. Ma il punto più importante, ha sottolineato, è che l’intesa “ridarà stabilità” in un momento in cui l’Europa cominciava a sentire il prolungarsi dell’incertezza della seconda era trumpiana.

Che tra Washington e Bruxelles tutto sia finito con il patto scozzese è un qualcosa su cui in pochi sono convinti in Europa. Certo Berlino ha applaudito l’accordo sostenendo che “è stata evitata una escalation inutile”. Una escalation che di certo non voleva neppure Giorgia Meloni che sembra soddisfatta, riservandosi di “vedere i dettagli”. Ma ci sono dei punti oscuri. Punti che terranno impegnati gli sherpa nelle prossime settimane visto che un testo ufficiale dell’intesa ancora non è stato diffuso. Tra i tasti più dolenti, per l’Ue, certamente figura quello dell’acciaio e dell’alluminio. “Non cambierà nulla”, quindi resteranno al 50%, ha chiuso Trump nel punto stampa. Ma a Bruxelles assicurano che la partita non è ancora chiusa. Solo che andrà condotta una volta spenti i riflettori.

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Accordo Dazi Usa-Ue, dal 15% ai 600 miliardi investiti: ecco l’intesa in punti

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La roulette dei dazi si è fermata sul 15. Dopo settimane di trattative febbrili, bozze cestinate e botta e risposta da una sponda all’altra dell’Atlantico, la pallina ha smesso di correre: Bruxelles e Washington hanno trovato l’intesa su una tariffa del 15% per le importazioni europee oltreoceano. Abbastanza per allontanare – almeno per ora – lo spettro di una nuova stagione di ritorsioni. A sigillare il patto di Turnberry, annunciato da Ursula von der Leyen e Donald Trump dopo un bilaterale di circa un’ora, sono stati il commissario Ue Maros Sefcovic e il tandem americano formato da Howard Lutnick e Jamieson Greer, determinati a mettere al riparo un interscambio da 1.400 miliardi di euro l’anno che spazia dalle Volkswagen al Cognac e al burro Kerrygold in partenza per l’America, ai Boeing 747 e al bourbon diretti verso l’Europa.

Con tutti gli occhi puntati sui Big Five: automotive, aerospazio, farmaceutica, beni di lusso e meccanica avanzata, i cinque assi industriali su cui si è misurata la tenuta della diplomazia. Sulla scia dell’accordo firmato dal Giappone – ma con il 5% in più rispetto all’intesa raggiunta da Londra e triplicando la media pre-Trump del 4,8% – l’intesa europea lascia sul tavolo del tycoon anche una dote consistente di investimenti da incanalare negli Stati Uniti. Ecco i punti principali:

* TASSO DI RIFERIMENTO – Il cuore dell’intesa è l’aliquota doganale del 15%. Lo schema include la clausola della ‘nazione più favorita’ (Mfn) – garanzia di parità e non discriminazione nel quadro della World Trade Organization – che stabilisce la tariffa media reciproca del 4,8% nel commercio transatlantico, valida nel pre-Trump.

* ACCIAIO E ALLUMINIO – Nessuna concessione per i metalli industriali: i dazi Usa del 50% restano in vigore. Un pugno duro già visto nel 2018, quando il tycoon applicò tariffe rispettivamente del 25 e 10% ai comparti, provocando una reazione a catena: le contromisure continentali per 2,8 miliardi di euro colpirono prodotti simbolici come bourbon, Levi’s e Harley-Davidson.

* AUTO – Andrà meglio all’automotive sostenuto dal pressing costante delle ammiraglie tedesche. Il settore, inclusa la filiera della componentistica, strappa un allentamento del dazio al 27,5%, con l’armonizzazione alla soglia del 15%. Una tariffa ancora robusta, ma che ridà ossigeno a uno dei comparti più strategici per l’export continentale.

* AGROALIMENTARE – L’aliquota flat si estende anche alla filiera agricola assorbendo i dazi preesistenti: in alcuni casi – come per i prodotti lattiero-caseari e l’olio extravergine d’oliva tricolore – si arriva a un impatto nullo. Diverso il destino del vino che, salvo un’esenzione ancora da confermare, rischia un incremento dei dazi rispetto all’attuale soglia del 2,5%.

* FARMACI E CHIP – Anche il comparto sanitario – farmaci, vaccini e dispositivi essenziali – e i semiconduttori si ferma a quota 15, senza tuttavia essere al riparo. Trump si è già detto intenzionato a introdurre dazi progressivi sui due settori a partire da agosto e, per i pharma, non ha escluso l’ipotesi di arrivare alla cifra monstre del 200%.

* ESENZIONI – A festeggiare i dazi zero sono alcuni dei settori più sensibili e ad alta intensità tecnologica: aerei civili, robotica avanzata e macchinari industriali. In particolare, l’industria aerospaziale – storicamente segnata dal contenzioso tra il colosso franco-europeo Airbus e l’americana Boeing – beneficia di un tacito accordo di non belligeranza. Anche liquori e alcool potrebbero essere risparmiati.

* CONTROPARTITE UE – Bruxelles riconoscerà alcuni standard tecnici statunitensi nell’automotive. Spazi di flessibilità, seppur calibrati, si estenderanno a tech, IA e criptovalute. Sul piatto Usa anche il rafforzamento dell’impegno europeo negli acquisti di armamenti a stelle e strisce – già delineato nell’intesa sul 5% in ambito Nato -, accompagnato da 600 miliardi di dollari di investimenti oltreoceano e 750 miliardi in forniture energetiche americane, gnl in testa, nei prossimi tre anni.

* CONTRO-DAZI ADDIO – Nei prossimi giorni, con un voto dei 27, saranno accantonati i due pacchetti di contromisure da 92 miliardi di euro pronti a scattare il 7 agosto.

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CK Hutchison, primario investitore cinese per porti Panama

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CK Hutchison ha annunciato di valutare l’invito a un “importante investitore strategico” cinese a unirsi al consorzio a guida Usa che sta negoziando la vendita delle sue attività portuali globali al di fuori della Cina, comprese quelle del Canale di Panama. La conglomerata di Hong Kong, in un file di Borsa, ha riferito che “è ancora in trattative con il consorzio al fine di invitare un importante investitore strategico cinese a unirsi in una posizione significativa”. Secondo Il Wsj, Cosco, il colosso mandarino della navigazione, si sta preparando ad entrare nel consorzio richiedendo diritti di veto o poteri equivalenti.

– CK Hutchison, i cui titoli segnano un rialzo di oltre l’1% alla Borsa di Hong Kong, ha aggiunto che saranno necessarie modifiche alla composizione del consorzio e alla struttura dell’accordo affinché l’accordo “possa essere approvato da tutte le autorità competenti”. Nel gruppo di investitori Usa, Gianluigi Aponte, patron di Msc, stava emergendo come il principale player nell’acquisto dei 43 porti di CK Hutchison, conglomerata del magnate ultranovantenne di Hong Kong Li Ka-shing.

 

A marzo, CK Hutchison ha annunciato la cessione delle sue attività portuali globali al di fuori della Cina, inclusi i due strategici porti alle estremità del Canale di Panama, al gruppo guidato dal colosso BlackRock con un accordo preliminare valutato 23 miliardi di dollari totali. La vendita era stata vista come una vittoria politica per il presidente Usa Donald Trump, che aveva promesso di “riprendere” il Canale di Panama dal presunto controllo cinese, scatenando l’ira di Pechino. Poco più di una settimana fa, il Wall Street Journal ha riferito che la Cina stava spingendo per poter entrare nell’operazione attraverso il colosso statale Cosco nel ruolo di “socio e partner con pari poteri”, mettendo in guardia i principali attori dell’operazione che avrebbe bloccato la vendita se ci fossero state resistenze.

L’autorità mandarina di regolamentazione del mercato cinese, già a marzo, ha dichiarato di aver aperto una procedura di esame dell’accordo, gettando un’ombra sinistra sulla possibilità di chiusura dell’intesa. CK Hutchison ha inoltre precisato che il “periodo di trattative esclusive” menzionato nell’annuncio di marzo era scaduto, ma che le discussioni sono destinate a proseguire proprio in funzione della modifica del consorzio con l’investitore cinese non meglio specificato. Il gruppo di Hong KOng ha affermato di voler “concedere il tempo necessario affinché tali discussioni raggiungano” un accordo praticabile, assicurando che “non procederà con alcuna transazione che non abbia l’approvazione di tutte le autorità competenti”.

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Economia

Incontro Trump-von der Leyen in Scozia: dazi, Ucraina e proteste al centro del vertice

A Turnberry si svolge il primo incontro tra Donald Trump e Ursula von der Leyen: sul tavolo dazi, Ucraina e Medio Oriente. Proteste in Scozia e clima teso.

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Nel suggestivo scenario del Golf Club di Turnberry, in Scozia, Donald Trump e Ursula von der Leyen si preparano al loro primo bilaterale da quando il tycoon è tornato alla Casa Bianca. L’incontro, inizialmente concepito come una discussione tecnica sui dazi commerciali, ha assunto nel giro di poche ore un valore politico ben più ampio, coinvolgendo anche temi delicatissimi come l’Ucraina, Gaza e il futuro delle relazioni transatlantiche.

Il nodo dei dazi e la posta in gioco per l’automotive europeo

Il cuore del vertice resta l’accordo sui dazi, che da mesi vede Europa e Stati Uniti contrapposti. L’intesa sembra ormai a portata di mano, con un’ipotesi di compromesso intorno a un’aliquota del 15%, decisamente più sostenibile rispetto al 27,5% imposto da Washington dopo il cosiddetto Liberation Day. Per il settore dell’automotive europeo, si tratterebbe di una boccata d’ossigeno, mentre per molti prodotti agroalimentari la cifra coinciderebbe con l’attuale regime.

Il vertice potrebbe non concludersi con una firma ufficiale: il via libera politico, se confermato, consentirebbe di passare la palla ai team tecnici. Il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, accompagnerà la presidente della Commissione per finalizzare i dettagli.

Divergenze su Ucraina, Gaza e difesa europea

Trump ha già preannunciato che non parlerà solo di tariffe: “All’Europa dico due cose. Fermate i mulini a vento. E sull’immigrazione, è meglio che vi diate una regolata”. Dichiarazioni provocatorie che fanno da contraltare alla linea di von der Leyen, che ribadirà il sostegno a Kiev, la necessità di una soluzione a due Stati in Medio Oriente e il rispetto del principio del libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico.

Non mancherà il tema della difesa comune, con von der Leyen pronta a ricordare a Trump l’impegno assunto dagli Stati membri della NATO: spendere il 5% del PIL per la difesa entro il 2035.

Protocolli blindati e proteste scozzesi

L’incontro, blindato da 1,4 milioni di sterline di misure di sicurezza, si svolge in un clima acceso. Le piazze scozzesi si sono riempite di manifestanti anti-Trump, con striscioni come “La Scozia odia Trump” e appelli del collettivo Stop Trump Coalition. Il quotidiano The National ha definito il presidente americano “il pregiudicato statunitense”, a conferma di un clima ostile che non si placa nemmeno davanti a possibili accordi diplomatici.

Intanto Trump si è concesso una partita a golf con il figlio e l’ambasciatore americano a Londra, Warren Stephens, proprio sui green affacciati sull’estuario del Clyde.

Un’intesa possibile, un clima teso

Dietro i sorrisi di circostanza e le strette di mano, restano le profonde divergenze tra Bruxelles e Washington. Se l’accordo sui dazi verrà formalizzato, sarà un segnale importante per l’economia globale, ma non basterà a sanare le fratture politiche e culturali che il ritorno di Trump ha riacceso tra l’America e l’Europa.

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