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Politica

Abodi paragona Ucraina e Gaza, protesta della Russia e polemica politica in Italia

Le parole del ministro Abodi sull’invasione russa in Ucraina “più cruenta di Gaza” scatenano la protesta di Mosca e nuove polemiche in Italia sul ruolo dello sport nei conflitti.

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Le parole del ministro dello Sport Andrea Abodi hanno aperto un nuovo fronte diplomatico e politico. Intervenendo al Meeting di Rimini, Abodi ha definito l’invasione russa dell’Ucraina “molto più cruenta, molto più aggressiva, che ha inciso sulla sovranità di una nazione che doveva essere sostenuta e difesa”, aggiungendo che la guerra in Ucraina è “più cruenta di quanto sta accadendo a Gaza”.

La protesta della Russia

L’ambasciata russa in Italia ha reagito con una nota durissima, accusando Abodi di usare “due pesi e due misure”. In un post ufficiale ha stigmatizzato le sue parole: “Sarebbe auspicabile che le autorità italiane si astenessero dal formulare dichiarazioni che alterano il senso e il significato del compito loro affidato”. La rappresentanza diplomatica ha poi usato un detto russo per attaccare il ministro: “Ha iniziato alla grande, finendo miseramente”.

Il nodo politico e il ruolo dello sport

Il tema è quello dell’esclusione degli atleti israeliani dalle competizioni sportive internazionali, richiesta da alcune associazioni e movimenti pro-palestinesi. Abodi ha ribadito la sua contrarietà: “Lo sport deve unire, non dividere. Sarebbe un ulteriore passo indietro escludere Israele”.

La partita di qualificazione ai Mondiali di basket tra Italia e Israele, in programma il 14 settembre a Udine, resta confermata, nonostante le proteste e le richieste di annullamento avanzate da associazioni e da alcuni parlamentari.

Le reazioni in Italia

Le parole di Abodi hanno sollevato critiche anche sul fronte interno. Mauro Berruto, responsabile sport del Pd, ha commentato: “Trovo incommentabili le parole di Abodi. Se c’è una gara di cruenza e aggressività tra due tragedie immani, io non vi partecipo”. Per Berruto, la dichiarazione del ministro rivela una visione politica precisa: “Secondo la maggioranza, evidentemente la Palestina non merita lo status di Stato sovrano e il popolo palestinese non merita di essere difeso”.

La polemica rischia ora di amplificarsi, con lo sport che si conferma ancora una volta terreno di scontro politico e diplomatico.

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Politica

Metsola al Meeting di Rimini: “Europa al bivio, serve coraggio o saremo irrilevanti”

Al Meeting di Rimini Roberta Metsola avverte: “O l’Europa cambia o sarà irrilevante”. Replica a Draghi: “Non siamo spettatori, Kiev è libera grazie all’Unione”.

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Dal palco del Meeting di Rimini, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola ha condiviso l’allarme lanciato da Mario Draghi pochi giorni fa sulla fragilità dell’Unione: “La forza economica che è il soft power europeo non è più sufficiente: o cambiamo o siamo destinati all’irrilevanza”.

Allo stesso tempo, la leader maltese ha respinto il giudizio severo dell’ex premier italiano, che aveva accusato l’Europa di essere stata “spettatrice” nei negoziati di pace sull’Ucraina. “L’Unione europea non è mai stata spettatrice e non lo deve diventare mai. Se Kiev è ancora libera è grazie all’intervento europeo”, ha ribadito Metsola, rivendicando il ruolo attivo di Bruxelles.

“Serve coraggio per costruire un’Europa più forte”

Metsola ha quindi lanciato un appello a rafforzare l’integrazione comunitaria: “So bene che l’Europa non è completa, ma il suo destino dipende da tutti noi. Lottiamo per l’Europa. È il momento di avere coraggio, per costruire un’Unione più forte, unita, resiliente e in grado di difendersi e di essere leader mondiale”.

Gaza e Ucraina: “Non possiamo restare indifferenti”

Sul fronte internazionale, la presidente dell’Eurocamera ha ribadito la linea ferma con Mosca e al contempo ha definito “intollerabile” la situazione nella Striscia di Gaza. “Vogliamo che le uccisioni cessino, che gli ostaggi siano liberati. Non possiamo essere indifferenti. Ci sarà una posizione molto forte del Parlamento europeo”, ha garantito tra gli applausi del pubblico.

Dazi e alleanze globali

Metsola ha difeso anche l’intesa commerciale raggiunta con Donald Trump sui dazi, giudicandola “un passo avanti nelle relazioni transatlantiche”. “Non esiste nella storia un’alleanza più solida di quella tra Ue e Usa. Il Parlamento farà la sua parte nell’esame dell’accordo”, ha precisato.

La presidente ha infine sottolineato la necessità di guardare oltre l’Atlantico: “Stiamo lavorando per stabilire partnership più ampie, in Asia e America Latina. L’Europa non si è mai tirata indietro sul fronte della cooperazione mondiale”.

Un discorso che ha confermato la visione di un’Unione chiamata a scegliere tra immobilismo e leadership globale.

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Politica

Manovra 2026, scontro su Tfr, pensioni e fisco: partiti già al lavoro tra promesse e veti

Salari, pensioni, Tfr e fisco al centro del dibattito sulla manovra 2026. La maggioranza divisa tra nuove proposte e vecchie ricette, mentre le opposizioni avvertono: “Giù le mani dal Tfr”.

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Come ogni agosto, la politica italiana sale sulla giostra della manovra economica. Questa volta, però, la preparazione della legge di bilancio 2026 si intreccia con la campagna elettorale per le regionali, spingendo partiti e leader a moltiplicare promesse e annunci.

Sul tavolo ci sono pensioni, fisco, salari e soprattutto il Tfr, proposto da più parti come nuovo “tesoretto” da cui attingere risorse.

Pensioni, il piano Lega: rottamazione e ritiro a 64 anni

La Lega rilancia la rottamazione e punta a bloccare l’aumento dell’età pensionabile. L’obiettivo dichiarato è permettere l’uscita dal lavoro a 64 anni, correggendo il flop di Quota 103, crollata nel 2024 a poco meno di 37mila uscite, la metà rispetto al 2023.

Per il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon la chiave potrebbe essere il Tfr, trasferito all’Inps per garantire assegni più dignitosi e rispondere anche ai bisogni di long term care di una popolazione sempre più anziana.

Fratelli d’Italia: Tfr ai fondi pensione

Sul Tfr interviene anche Fratelli d’Italia. Walter Rizzetto, presidente della Commissione Lavoro della Camera, rilancia l’ipotesi del “semestre di silenzio assenso” per destinare parte del trattamento di fine rapporto ai fondi di previdenza complementare. Tra le proposte anche un aumento della deducibilità, oggi fissata a circa 5.160 euro annui.

Le opposizioni: “Il Tfr è dei lavoratori”

Il Partito Democratico boccia senza mezzi termini le ipotesi di governo. Arturo Scotto avverte: “Il Tfr è dei lavoratori, non di Durigon”. Per le opposizioni, la tentazione di trasformare questa riserva privata in leva per la manovra rappresenta un’ingerenza inaccettabile.

Forza Italia tra fisco e salari

Forza Italia punta invece sulla detassazione di straordinari, premi di produzione e lavoro festivo. “È un nostro cavallo di battaglia”, ricorda il responsabile economico Maurizio Casasco, rivendicando anche una proposta di legge per detassare i rinnovi contrattuali.

Sul fisco, il partito guarda meno alle cartelle e più all’Irpef, con l’obiettivo di alleggerire il peso sui redditi medio-bassi.

Banche nel mirino

C’è poi il nodo banche. La legge di bilancio 2025 ha già previsto il congelamento della deduzione delle Dta per gli anni 2025 e 2026, costringendo gli istituti a pagare più tasse nell’immediato, con la possibilità di recuperare gli importi tra il 2027 e il 2030.

Il settore teme, però, un “pizzicotto” più pesante e le indiscrezioni hanno già pesato sui titoli bancari a Piazza Affari, in un contesto aggravato dai timori di instabilità politica in Francia.

Attesa per Giorgetti e i dati di settembre

Il primo appuntamento pubblico del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è fissato per il 7 settembre a Cernobbio. Prima, il 5 settembre, arriveranno i dati sulle entrate di luglio, fondamentali per capire la reale disponibilità di risorse.

Solo allora sarà possibile delineare il perimetro concreto della manovra, che oggi resta sospesa tra annunci elettorali, proposte di parte e veti incrociati.

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Politica

Teatro San Carlo, scontro sulla nomina di Macciardi: attesa per la decisione del tribunale

Nuovo capitolo nella guerra al vertice del Teatro San Carlo: il Consiglio di indirizzo conferma Macciardi sovrintendente, ma il sindaco Manfredi contesta la legittimità della nomina.

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La crisi al vertice del Teatro San Carlo di Napoli è tutt’altro che conclusa. In attesa del pronunciamento del tribunale civile, previsto per domani, e di quello amministrativo, il Consiglio di indirizzo della Fondazione si è riunito oggi ribadendo la designazione di Fulvio Macciardi come nuovo sovrintendente.

Macciardi, 66 anni, violinista milanese e già alla guida per due mandati del Teatro Comunale di Bologna, era stato nominato il 4 agosto in una seduta contestata, che il sindaco Gaetano Manfredi aveva impugnato in sede civile e amministrativa.

La spaccatura nel Consiglio di indirizzo

A confermare Macciardi sono stati i due consiglieri del Mic, Marilù Faraone Mennella e Gianfranco Nicoletti, e il rappresentante della Regione, Riccardo Realfonzo. Una decisione che, nelle intenzioni dei tre, dovrebbe sterilizzare i possibili pronunciamenti contrari del tribunale e del Tar.

Secondo Manfredi, invece, il voto è “inaccettabile dal punto di vista giuridico e amministrativo”: “L’autonomia della Fondazione San Carlo è un valore irrinunciabile – ha dichiarato – ma va chiarita la legittimità della nomina. Le attività artistiche non corrono alcun rischio e posso rassicurare lavoratori e compagnie. Il San Carlo merita una guida autorevole e autonoma”.

Due fronti contrapposti

I consiglieri che hanno confermato Macciardi hanno espresso “viva soddisfazione” parlando di soluzione definitiva a una vicenda che rischiava di danneggiare l’immagine del Teatro. Hanno però criticato il presidente del Consiglio di indirizzo e il rappresentante della Città metropolitana per aver abbandonato la seduta senza proporre alternative di voto.

Manfredi, dal canto suo, non sembra intenzionato a deporre le armi, lasciando intendere che la battaglia giudiziaria e politica proseguirà.

Sit-in a sostegno di Macciardi

Mentre all’interno si teneva la riunione, all’esterno della Fondazione un gruppo di appassionati della lirica ha manifestato a favore della nomina di Macciardi.

Il Teatro San Carlo, simbolo della cultura musicale italiana, è senza sovrintendente dalla fine di marzo, quando si è concluso il mandato di Stéphane Lissner. Ora, con la nomina di Macciardi sostenuta dal Mic e dal centrodestra ma contestata dal sindaco, si attende il verdetto della giustizia per capire come si chiuderà uno scontro che sta scuotendo la governance della storica istituzione napoletana.

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