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A Roma intesa bipartisan, ‘da governo più soldi per il tpl’

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 La mozione ottiene l’unanimità: tutti d’accordo in Assemblea Capitolina a chiedere al governo più soldi per i trasporti pubblici di Roma e Lazio. Gli stanziamenti per far marciare bus, tram e metropolitane “sono fermi da anni e sono fortemente insufficienti i fondi per la Capitale” spiega il Pd il cui documento è stato votato anche dall’opposizione. Obiettivo: aprire un tavolo tecnico di confronto con il Governo e la Regione Lazio. Parlano i numeri: il Lazio è la Regione più svantaggiata perché riceve dal Fondo nazionale trasporti “solo il 42% del suo fabbisogno”. Ma sebbene Roma, aggiunge la capogruppo dem Valeria Baglio, “sostiene da sola costi per 430 milioni” in cambio “riceve molto meno di altre grandi città”. Ogni romano, hanno calcolato, ottiene a testa dallo Stato 85 euro; ogni milanese ben 191, e questo “nonostante Atac movimenti ogni anno 880 milioni di passeggeri, come nessun’altra città in Italia”. “Qui non si chiede un trattamento di favore per Roma, ma che sia trattata almeno alla pari di Milano” dice il segretario romano Enzo Foschi: Roma, enorme e con una rete stradale sterminata, afferma, è “trattata un po’ a pesci in faccia. Non è un tema di destra o sinistra ma di tutti”.

Il Forum Mobilità del Pd Roma avvierà presto una campagna di sensibilizzazione rivolta alla città, ma anche in Regione sono pronti a portare alla Pisana un atto analogo “per l’apertura di un tavolo tecnico di confronto con il governo per la rimodulazione dei criteri del Fondo superando le iniquità nella ripartizione” dicono il capogruppo Pd Mario Ciarla con i consiglieri Michela Califano e Massimiliano Valeriani. Da parte delle opposizioni è arrivato il sì, ma con dei distinguo: “Sappiamo – ha detto in Aula Francesco Carpano di Azione – che storicamente la politica romana e laziale ha delle responsabilità nel non esserci riuscita fino adesso”. Virginia Raggi, ex sindaca M5s, ha voluto sottolineare come finora “tutti i governi, di tutti i colori politici, hanno sempre considerato la Capitale la cenerentola d’Italia”. Anche Francesca Leoncini di Iv ha dichiarato il voto a favore, “ma non posso sentire che a Roma il tpl non funziona per mancanza di fondi: se ogni giorno si ferma un tram non può essere solo quello. La gestione di Atac di Gualtieri è disastrosa, e non basteranno i fondi se non cambierà la linea della partecipata”. L’idea comunque è quella di fare pressing tutti insieme su Palazzo Chigi, dove siede una premier romana che si immagina sensibile alle esigenze della sua città, specie se le istanze sono portate anche dagli esponenti della sua maggioranza.

Ma anche perché Roma è anche la Capitale del Paese, “l’unica Capitale al mondo” però, sottolinea l’assessore ai Trasporti Eugenio Patanè, “a non avere una legislazione speciale, nonostante abbia funzioni non solo locali: ospita organismi internazionali e circa 1.800 manifestazioni all’anno che comportano spese molto superiori alle altre città”. L’unanimità dunque “è un’ottima notizia perché è necessario un impegno trasversale”. Sui trasporti, ma anche sul tema più generale della riforma dei poteri. In Campidoglio si lavora anche su questo: il 18 gennaio, giovedì prossimo, l’Assemblea si riunirà per una seduta dedicata alla Riforma per Roma Capitale. Ci sarà il sindaco Roberto Gualtieri, ma sono attesi anche parlamentari delle varie forze politiche. Anche qui c’è stata intesa in capigruppo sulla calendarizzazione proposta dalla presidente Svetlana Celli: “Roma – dice Celli – deve avere poteri e risorse adeguate alla pari delle grandi capitali internazionali. Nella passata legislatura era stata raggiunta una convergenza politica in Parlamento. Un percorso che deve riprendere anche con l’attuale Governo”.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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