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Effetto Conte e Di Maio di lotta: 7 punti in più solo ad agosto per il M5S, tracollo per Salvini e la Lega

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La crisi agostana ci restituisce un quadro politico diverso rispetto a quello dell’ascesa prorompente della Lega di lotta e di Governo di Salvini. I due ex alleati di governo, Lega  e M5S  manifestano gli scostamenti più rilevanti rispetto alle intenzioni di voto rilevate a metà luglio. A registrare questo scossone è un sondaggio Ipsos,  l’azienda più innovativa nel settore delle ricerche di mercato e della sondaggistica per i suoi metodi.
La Lega scende di quasi 5 punti rispetto ad allora. Oggi infatti è accreditata del 31,8% dei consensi, a metà luglio veleggiava intorno al 36%. Un calo netto, ma non è una débâcle. Soprattutto se lo si paragona al drammatico crollo di fiducia in Salvini. Il leader della Lega, grazie all’effetto Papeete è passato in poche settimane da un indice del 51 al 36, con una perdita secca di 15 punti.

Insomma, il Capitano non convince più. E lascia margini di dubbio rispetto alle modalità della crisi anche presso i suoi elettori. Quasi il 40%  dei leghisti è critico, come abbiamo visto mercoledì scorso. Ma il calo di consenso per il partito, per quanto consistente, è più contenuto.
Il Movimento 5 Stelle segna una crescita di consenso molto importante, passando dal 17,4% di metà luglio al 24,2% di oggi. Sono diversi gli elementi che sembrano convergere a spiegare questo balzo. In primo luogo c’è l’effetto Conte: il presidente dimissionato da Salvini e reincaricato da Mattarella era passato indenne dalle fasi convulse della crisi, con una fiducia quasi immutata e una valutazione lusinghiera dell’operato in quelle contingenze. Gli italiani, di ogni estrazione e ogni colore politico hanno apprezzato la nettezza e la fermezza di Conte anche nella gestione della fase più critica della mozione di sfiducia. La sua demolizione della credibilità di Matteo Salvini, seduto accanto a lui al Senato, è stato uno dei momenti in cui ha acquisito molto consesso.

Conte è visto oramai come un esponente del M5S. E dunque capitalizza consensi per questa forza politica. In secondo luogo, il Movimento si è sganciato da Salvini e ha ripreso un proprio profilo autonomo e basato su alcuni valori che sembravano quanto meno appannati. Questo ha prodotto un rientro degli elettori critici, spesso di sinistra e centrosinistra che se ne erano distaccati. Se il governo si formerà e durerà, non è detto che Conte e i 5 Stelle non riescano a diventare quella forza centrista (e centrale) dello schieramento che oggi sembra mancare.
Il Pd recupera qualche decimale, passando dal 21,6 al 22,3 e tornando in linea con il voto europeo. La scelta di convergere sul governo con il M5S  è stata assai sofferta dal gruppo dirigente e dagli stessi elettori Pd orientati su altra opzione ovvero0 le elezioni.
Tra le altre forze politiche in Parlamento si registra un calo ulteriore di Forza Italia dall’ 8,2% al 6%, soglia ormai di allarme che sta facendo cambiare linea a Silvio Berlusconi orami sempre più sganciato da Salvini che ha provato ad accoltellarlo alle spalle con l’uso di Toti. La formazione risente poi anche del ruolo secondario nella crisi e della difficoltà a trovare un posizionamento preciso nell’area di centrodestra, dominata dal sovranismo. Fratelli d’Italia cresce ancora e si colloca al 7,8% rispetto al 6% del mese scorso, sorpassando FI. Qui incide da un lato la presenza di Giorgia Meloni nell’arena mediatica e l’ arrivo di elettori scontenti di Salvini. Infine Leu, organica al potenziale nuovo governo, cresce a sua volta di poco meno di un punto.
La crisi ha quindi in parte cambiato gli equilibri. In un sistema proporzionale l’esecutivo non è indicato dalla volontà popolare, proprio perché quando nessuno ha la forza di vincere le maggioranze sono variabili e, soprattutto, decise dai partiti mediante alleanze, come nella Prima Repubblica.
Ieri la maggioranza – assoluta – era gialloverde (53% a luglio), oggi la maggioranza – relativa – è della nuova compagine governativa che si affaccia sulla scena (la somma delle tre forze è stimata al 49%).
Sonogli effetti di una legge proporzionale per induzione, che in tanti fingono di non capire e si affannano a far credere che viviamo e votiamo con una sistema maggioritario. Ed è paradossale osservare svariati parlamentari che hanno votato il Rosatellum stracciarsi le vesti di fronte alla maggioranza gialloverde di ieri o a quella giallorossa.
Delle due, l’una: o non hanno capito cosa stavano votando o stanno prendendo in giro gli elettori.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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