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Cinema

Lina Wertmuller, omaggio al Senato aspettando l’Oscar

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“E un’emozione e un onore, che devo dire, mi fa molto piacere”. Con queste poche parole, accompagnate da un gran sorriso, Lina Wertmuller, nell’aula del Senato, ringrazia per il premio “Genio ed Eccellenza Italiana nel Mondo” ricevuto durante il sesto appuntamento di Senato&Cultura. A consegnarlo alla cineasta, che il 27 ottobre ricevera’ a Los Angeles dall’Academy l’Oscar alla carriera, e’ la presidente di Palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati. “Ritengo per tutti noi, per il Senato della Repubblica, un privilegio poter oggi consegnare a Lina Wertmueller questo premio – ha spiegato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che ha anche dedicato un ricordo a Ugo Gregoretti, scomparso ieri -. Attiva in tutti gli ambiti artistici, ha saputo negli anni coniugare l’impegno cinematografico con il teatro, la musica, l’opera lirica, la televisione, la radio. Una donna straordinaria, un’artista straordinaria che ci ha fatto ridere e sorridere, piangere e pensare, sempre con quell’originalita’ e quella fantasia che ne hanno caratterizzato l’intera produzione culturale”.

La regista, elegante in un completo nero e con gli immancabili occhiali bianchi, al suo ingresso in aula e’ stata accolta da un’ovazione. Sono intervenuti per rendergli omaggio Riccardo Scamarcio, Lina Sastri (che ha cantato, per la cineasta, Voce ‘e notte, nella versione riarrangiata da Ennio Morricone), Francesca Archibugi, Cristina Comencini, Liliana Cavani. Inoltre gli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia hanno realizzato in suo onore una coreografia sulle note di Morricone e hanno recitato alcuni brani da due suoi capolavori, Pasqualino Settebellezze, che ha ottenuto 4 nomination all’Oscar, tra le quali la prima mai attribuita a una donna per la regia, e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto. “Grazie per l’opportunita’ di omaggiare Lina Wertmuller, che forse meglio di chiunque altro ha raccontato, attraverso il paradosso, l’umanita’ degli italiani – ha detto Scamarcio -. Io l’ho conosciuta a 19 anni al Centro sperimentale ed e’ stata una mia insegnante. Per me era un mito. Lei ci faceva lezione alla fine della giornata, e io, facendo il vago, mi facevo trovare per caso vicino alla sua macchina. Le avevo detto, anche se non era vero, che abitavo vicino Piazza del Popolo, perche’ sapevo che li’ abitava lei, cosi’ Lina spesso mi offriva un passaggio. Grazie a questo piccolo sotterfugio ho avuto l’opportunita’ di parlarle, di ascoltare i suoi aneddoti. Mi dispiace se ho mentito – aggiunge sorridendo – ma quei passaggi sono stati fondamentali anche per decidere come impostare la mia carriera. Grazie, Lina, ti voglio bene, sei grande”. Per Francesca Archibugi “Lina e’ talmente unica che non influisce su nessuno, nel senso che e’ inimitabile. Fa dei film molto personali che riescono a essere popolari e questo e’ qualcosa di molto raro”. Lina Wertmuller “ha rappresentato l’Italia piu’ di me con le sue storie e i suoi personaggi – dice l’altra regista pioniera nel cinema italiano, Liliana Cavani, che e’ andata ad abbracciare la festeggiata di oggi dopo la foto di gruppo finale -. Io non so nemmeno dove si comincia nel fare commedia. Le sue invece sono fatte con grande intelligenza e senso psicologico. I suoi film hanno sempre un significato sociale, ma sanno anche divertire molto, sono spettacolo. Lina in questo e’ la migliore”. Cristina Comencini, unica cineasta italiana, insieme alla Wertmuller, ad avere ottenuto una candidatura all’Oscar per la migliore regia, ricorda che “in un panorama in cui c’erano solo due registe donne, Lina faceva questo mestiere con grandissima liberta’, raccontando quello che voleva come voleva. Con lei e con interpreti come Giannini e Mariangela Melato, una donna e un’attrice straordinaria, Lina ha fatto muovere la commedia, con lei si e’ rinnovata. E giustamente e’ arrivata in America e in tutto il mondo. Chapeau, Lina, chapeau”.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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