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Nuova proposta di cessate il fuoco a Gaza da Egitto e Qatar: ostaggi, ritiro israeliano e disarmo di Hamas

Egitto e Qatar, con Turchia, propongono a Hamas un cessate il fuoco che prevede fine della guerra, liberazione ostaggi e prigionieri, ritiro israeliano sotto supervisione internazionale.

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I mediatori di Egitto e Qatar, con il sostegno della Turchia, hanno presentato a Hamas una nuova proposta di cessate il fuoco a Gaza che includerebbe la fine della guerra e il rilascio di tutti gli ostaggi, sia vivi che morti. La notizia è stata diffusa da Sky News Arabia e ripresa da media israeliani.

Rilascio di prigionieri e ritiro dell’esercito israeliano

Il piano prevede la liberazione di prigionieri palestinesi e il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia “sotto la supervisione arabo-americana” fino al raggiungimento di un accordo sul disarmo di Hamas e sulla sua uscita dal governo di Gaza.

Congelamento delle attività militari di Hamas

Durante questa fase transitoria, la Turchia e altri mediatori garantirebbero che Hamas congeli tutte le operazioni militari, consentendo lo svolgimento di colloqui per giungere a una cessazione definitiva delle ostilità.

Passaggio finale agli Stati Uniti e a Israele

Se Hamas accetterà i termini, la proposta sarà trasmessa ai mediatori statunitensi per poi essere sottoposta al governo israeliano. Secondo Sky News Arabia, l’iniziativa è concepita per “togliere a Benyamin Netanyahu ogni scusa per occupare Gaza”.


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Esteri

Zelensky tra Trump, Putin e l’Europa: il futuro dell’Ucraina al summit di Washington

Zelensky si prepara al vertice di Washington con Trump tra ipotesi di cessione del Donbass, pressioni russe e timori europei. La popolarità interna scende al 58%.

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I problemi per Volodymyr Zelensky non finiscono mai. Il presidente ucraino, alla vigilia del vertice di domani a Washington con Donald Trump, deve bilanciare più fronti: evitare lo scontro diretto con il leader americano, rassicurare gli alleati europei sulla propria linea, convincere gli ucraini che non svenderà la patria e, allo stesso tempo, garantirsi le armi necessarie per continuare a combattere.

I rapporti con Trump

Il ricordo del duro scontro del 28 febbraio, che portò al blocco degli aiuti militari americani per due mesi e alla ritirata da Kursk, resta vivo. Da allora Zelensky ha scelto la via della flessibilità, come dimostrato anche nell’incontro in Vaticano durante i funerali di papa Francesco, quando riuscì a ricucire i rapporti con Trump. Ieri, dopo una telefonata di oltre un’ora e mezza con il presidente Usa, ha ribadito che Kiev e Washington «restano molto vicine».

Le aperture di Putin

Fonti della Casa Bianca parlano di una novità: Putin sarebbe disposto a discutere un accordo di pace, includendo la promessa di non attaccare altri Paesi europei. In cambio, però, chiede il ritiro ucraino dal Donbass, circa il 25% della regione ancora controllato da Kiev. Un arretramento che significherebbe accettare la rinuncia anche a parte di Zaporizhzhia e Kherson, pur senza ulteriori pretese totali come in passato. La Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, resta esclusa da ogni trattativa.

I dubbi di Kiev e le paure interne

Per Zelensky si tratterebbe dell’ennesimo bluff di Putin. Il presidente ucraino ne è convinto: Mosca non ha mai realmente riconosciuto l’indipendenza ucraina e continua a minarne la legittimità. Ma convincere Trump di questo resta la sfida più delicata. Intanto la stampa ucraina, come il Kyiv Independent, evidenzia i rischi di una pace al ribasso: “nessun cessate il fuoco, cessioni territoriali gravissime, vaghe garanzie di sicurezza”.

La sfida politica interna

La popolarità di Zelensky è scesa al 58% a luglio, complice lo scandalo sul tentativo di limitare le commissioni anticorruzione. Nonostante ciò, nei momenti più difficili il Paese si è sempre ricompattato intorno al suo leader. Oggi più che mai, il presidente ucraino sa che il consenso interno sarà decisivo per affrontare le pressioni esterne e giocarsi il futuro della nazione.

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Delusione a Kiev dopo il summit in Alaska: niente cessate il fuoco, Mosca continua ad avanzare

Il vertice in Alaska tra Trump e Putin lascia Kiev senza il cessate il fuoco atteso. Mosca rilancia con l’avanzata militare e gli ucraini reagiscono con rabbia e incredulità.

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L’alba a Kiev non ha portato buone notizie. Gli ucraini, che speravano in un segnale positivo dal vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin, si sono risvegliati con una certezza amara: nessun cessate il fuoco, nessuna tregua, soltanto l’ennesima conferma che la guerra andrà avanti.

Mosca ha chiarito la sua linea per voce di Dmitry Medvedev: i negoziati possono procedere anche senza precondizioni, mentre le operazioni militari continuano. Una posizione che ha gelato le speranze di Kiev e degli alleati europei, che avevano fissato la tregua come condizione minima per aprire un tavolo di pace.

Le reazioni di Kiev: “ripugnante e vergognoso”

Durissime le prime reazioni. Il Kyiv Independent ha definito il summit “ripugnante, vergognoso e inutile”. Molti politici ucraini hanno attaccato Trump, accusandolo di aver mostrato debolezza e di aver concesso a Putin simboli importanti come il tappeto rosso e l’auto presidenziale.

“Trump ha permesso a un criminale di guerra di sfilare come ospite d’onore”, ha denunciato Yaroslav Yurchyshyn del partito Holos.

Zelensky sotto pressione politica

Mentre il fronte politico si scaglia contro Washington e Mosca, c’è chi punta il dito anche contro Volodymyr Zelensky. Mykola Kniazhytskyi, esponente del partito dell’ex presidente Petro Poroshenko, ha ricordato che la Costituzione ucraina vieta al presidente di discutere qualsiasi cessione territoriale.

“Se Zelensky firmasse un simile accordo, sarebbe perseguibile penalmente e l’intesa annullata”, ha avvertito, alimentando un clima di tensione interna.

Avanzata russa e nuove battaglie

Sul campo intanto la guerra non si ferma. I vertici militari ucraini hanno confermato l’avanzata russa in settori ancora controllati da Kiev nel Donetsk e persino nella regione di Dnipro, non rivendicata ufficialmente da Mosca.

I russi hanno annunciato la conquista di due villaggi, Vorone nel Dnipropetrovsk e Kolodezi nel Donetsk. Violenti combattimenti si registrano anche a nord, nell’area di Kharkiv, dove un attacco con tank e blindati verso Kupyansk è stato respinto dall’esercito ucraino.

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Trump e Putin, vertice ad Anchorage: l’intesa passa dal Donbass, Zelensky pronto al confronto alla Casa Bianca

Dal vertice di Anchorage tra Trump e Putin non arriva il cessate il fuoco, ma un possibile accordo di pace che passa dalla cessione del Donbass. Zelensky vola a Washington per discutere il piano con il presidente USA.

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Il tanto atteso vertice di Anchorage tra Donald Trump e Vladimir Putin non ha portato a un cessate il fuoco immediato in Ucraina. L’ex presidente americano, tornato alla Casa Bianca, ha però lasciato intendere che una pace complessiva possa essere raggiunta a breve, ma a condizioni dure: la cessione del Donbass a Mosca.

Putin, durante il faccia a faccia di tre ore, avrebbe ribadito a Trump la capacità della Russia di conquistare l’intera regione se lo volesse. Il presidente americano, se da un lato ha escluso un accordo di tregua immediata, dall’altro ha proposto garanzie di sicurezza per Kiev che ricalcano il modello dell’articolo 5 della Nato, senza tuttavia l’ombrello dell’alleanza atlantica.


Zelensky verso Washington: dialogo difficile ma inevitabile

Volodymyr Zelensky si prepara a volare a Washington per discutere con Trump il piano emerso dal vertice di Anchorage. Il presidente ucraino resta contrario a cessioni territoriali, in particolare delle regioni di Donetsk e Lugansk, ma secondo indiscrezioni sarebbe disposto a trattare su un congelamento della linea di combattimento a Kherson e Zaporizhzhia.

Il bilaterale con Trump, al quale potrebbero partecipare anche alcuni leader europei, si preannuncia complesso. I rapporti fra i due restano tesi dopo lo scontro nello Studio Ovale di febbraio, quando Trump liquidò Zelensky con un “non hai le carte”. Ben diverso il trattamento riservato a Putin ad Anchorage, accolto con tutti gli onori di un ospite di riguardo.


Le richieste di Putin e la reazione europea

Oltre alla cessione del Donbass, Putin avrebbe chiesto che il russo diventi lingua ufficiale in Ucraina e che sia garantita la sicurezza della chiesa ortodossa. L’Europa, informata da Trump, ha ribadito la propria contrarietà a queste condizioni e il sostegno pieno a Kiev, pronta a introdurre nuove sanzioni contro Mosca.

Trump, invece, ha messo in pausa il capitolo sanzioni, preferendo “prendere tempo” per verificare se la sua intesa con Putin possa tradursi in un accordo reale.


Una pace a rischio trappola

Secondo diversi osservatori, lo zar avrebbe spinto Trump nella sua trappola diplomatica, trasformando Zelensky e l’Europa nei possibili capri espiatori di un accordo che, se firmato, rischierebbe di avvantaggiare soprattutto la Russia.

“Non c’è accordo finché non c’è l’accordo”, ha dichiarato Trump, scaricando di fatto sul presidente ucraino il peso di una scelta che potrebbe cambiare radicalmente gli equilibri della guerra e dell’Europa orientale.

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