Del Veneto si inizierà a parlare solamente quando si capirà la finestra per andare al voto. Mentre la Lega continua a insistere sulla necessità di rivedere le regole sui mandati, nel partito di Giorgia Meloni si predica cautela. La successione a Luca Zaia, archiviata di fatto con l’ultima sentenza della Corte Costituzionale sulla legge campana per il terzo mandato, è il nodo più delicato della prossima tornata di elezioni regionali. Quello che può mettere in seria difficoltà la coalizione, con la Liga veneta in subbuglio e Fratelli d’Italia che avrebbe l’ambizione a conquistare la guida di una regione del Nord.
I leghisti restano in pressing per mantenere tutte le posizioni attuali, come continua a dire il segretario lombardo e presidente dei senatori leghisti Massimiliano Romeo, consapevole che sul piatto finirà inevitabilmente la Lombardia, anche se si vota nel 2028. Per questo intanto si prende tempo, almeno fino a quando si capirà se davvero sia possibile fare slittare l’appuntamento elettorale veneto a primavera 2026. Sul punto sono in conflitto norme nazionali e regionali, e sono in corso da settimane approfondimenti.
I tecnici, stando ai bene informati, propenderebbero per la prevalenza delle scadenze indicate dalla legge nazionale, che fissa in 5 anni la durata delle cariche elettive regionali, ma le parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sulla possibilità di un voto a primavera sono state lette come una apertura da chi vorrebbe consentire a Zaia di tagliare il nastro delle Olimpiadi Milano-Cortina. Nell’incertezza nulla si muove, almeno ufficialmente. Ma sottotraccia i ragionamenti tra alleati vanno avanti, anche se “i nomi li decideranno Meloni, Salvini e Tajani”, dicono dai principali partiti della coalizione. E i tre, per l’appunto, ancora non avrebbero affrontato la questione.
Una delle ipotesi che sta crescendo nelle ultime settimane è che alla fine Meloni molli la presa e lasci il Veneto all’alleato, fatto salvo però un forte riequilibrio della giunta in favore di Fratelli d’Italia. Una partita ancora tutta da giocare ma che i veneti sperano non si faccia molto più in là di maggio, perché, è il ragionamento, se si presenta un nome nuovo bisogna dargli almeno il tempo per farsi conoscere, per fare la campagna elettorale. D’altronde, si osserva nella maggioranza, Francesco Acquaroli che si presenterà per il bis nelle Marche, in campagna elettorale ci è già, insidiato a sinistra dalla corsa dell’ex sindaco di Pesaro, oggi europarlamentare dem Matteo Ricci.
E dovrebbe essere un altro europarlamentare del Pd, sempre ex sindaco ma questa volta di Bari, l’avversario in Puglia, Regione su cui la maggioranza è consapevole di avere pochissime chance. Lo stesso vale per la Campania, salvo che a sinistra non si trovi l’accordo per il post De Luca, dove in pole sarebbe il meloniano viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli. E sempre di Fdi dovrebbe essere il nome in Toscana (Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia) anche se ancora manca il sigillo sulla candidatura.