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Meloni: fondi record alla sanità, modello che il mondo ci invidia

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Il modello di Sistema sanitario nazionale di cui l’Italia si è dotata, con le sue caratteristiche di universalità, uguaglianza e solidarietà, va difeso ed è attualmente un modello che “il mondo ci invidia”. Intervenendo con un messaggio all’evento di celebrazione della ‘Giornata nazionale delle professioni sanitarie, sociosanitarie, socioassistenziali e del volontariato’, la premier Giorgia Meloni sottolinea la centralità della sanità pubblica e gli “stanziamenti record” destinati al settore dall’attuale governo. Motore del Ssn sono proprio i professionisti sanitari, che la presidente del Consiglio ringrazia, mentre il ministro della Salute Orazio Schillaci guarda avanti: si va ora verso un nuovo assetto, che porterà i servizi più vicino ai cittadini, con una medicina del territorio rinnovata e pronta a partire. Sul fronte degli investimenti, ha detto la premier, “abbiamo scelto di destinare alla sanità stanziamenti record, portando nel 2025 il Fondo sanitario nazionale a 136,5 miliardi di euro e ad una spesa pro-capite di 2317 euro.

Con gli Accordi di Coesione abbiamo messo a disposizione, inoltre, 1,3 miliardi di euro per investimenti negli ospedali e con la revisione del Pnrr abbiamo liberato ulteriori 750 milioni da investire sulla sanità”. Ed ancora: “Abbiamo voluto compiere una piccola ma grande rivoluzione, sostenendo un emendamento parlamentare – spiega – che chiedeva di stanziare 30 milioni per riconoscere un compenso agli specializzandi di area non medica”. Si tratta di professionisti come farmacisti, psicologi, biologi, odontoiatri, chimici, fisici e veterinari. Insomma, sul Ssn, è il messaggio della presidente del Consiglio, bisogna investire perchè rappresenta, dice, “un’infrastruttura di eccellenza, e le professioni sanitarie sono la colonna portante di questo sistema, che è nostro dovere proteggere, valorizzare e rafforzare”.

Infatti sono proprio i professionisti sanitari “ad assicurare alla nostra sanità quelle caratteristiche di universalità, uguaglianza e solidarietà che tutto il mondo ci invidia”. Da qui la posizione di “fermezza” contro le aggressioni a chi opera nelle strutture sanitarie. Un “fenomeno inaccettabile, e che intendiamo contrastare con determinazione”, afferma. Schillaci, da parte sua, punta i riflettori anche sulle criticità che affliggono la sanità pubblica, a partire dalla carenza di personale in particolari ambiti: “Sebbene il personale dipendente sia cresciuto negli ultimi anni, c’è ancora un problema di carenza. Dobbiamo fare i conti con una disaffezione al servizio sanitario pubblico e le conseguenti difficoltà nel reclutare professionisti, con il picco della curva pensionistica, soprattutto per alcuni profili”. E se i medici “in numero assoluto non mancano, facendo un confronto con le altre nazioni, quelli che mancano – avverte – sono gli specialisti di alcune specialità, i medici di medicina generale e gli infermieri. Dobbiamo rendere questi ambiti più attrattavi”.

Il ministro assicura quindi un aumento delle retribuzioni, specie per le aree a maggior rischio come l’emergenza, ed annuncia che dal 2026 saranno attive le Case di comunità, “necessarie per il rafforzamento dell’assistenza sul territorio che proprio durante la pandemia ha mostrato il lato vulnerabile del servizio sanitario”. Le risorse per assumere il personale necessario, ricorda, sono già state ripartite tra le Regioni. E proprio per il personale sanitario, esclusi i medici, ricorda il presidente della Commissione Affari sociali della Camera Ugo Cappellacci, è in arrivo una legge di riforma: riguarderà la riorganizzazione delle 31 professioni sanitarie, che coinvolgono oltre 1,2 milioni di lavoratori. Intanto, però, per gli operatori della sanità si prospettano tempi difficili in mancanza del rinnovo del contratto. Oggi all’Aran una nuova convocazione dei sindacati, dopo la mancata firma a metà gennaio. La riunione si è conclusa con una fumata nera: Cgil, Uil e Nursing Up hanno ribadito il proprio ‘no’ dopo il mancato incremento delle risorse. Una decisione “irresponsabile”, invece, secondo il sindacato degli infermieri Nursind, che chiede ora l’intervento di governo e Regioni.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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