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 De Laurentiis: Osimhen? Vedremo se parte, resta un figlio

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“Osimhen partirà? Chissà, vedremo. Napoliè un posto fantastico, ci sono alcuni giocatori che si sono innamorati e ci sono rimasti come Hamsik per 11 anni. O altri per otto anni. C’è invece chi è stato attratto dal Real Madrid, dal Psg, dall’Arsenal, dal Manchester City, dal Chelsea. Quindi non puoi fermarli, soprattutto quando hanno una clausola rescissoria con cui possono essere acquistati”. All’indomani della prima vittoria di Calzona sulla panchina Napoli e della tripletta di Osimhen, il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis nel corso della lunga intervista al ‘Business of Football Summit’, un evento a Londra, promosso dal Financial Times, torna a parlare del rischio concreto di addio del centravanti nigeriano. “La clausola – ha proseguito – è una cifra molto alta, vedremo se partirà, i soldi sono l’ultimo problema del Napoli. Abbiamo sempre fatto ottimi acquisti e lo faremo in futuro. Quando vedi un giocatore andare via è come un figlio. Sei felice anche se questo figlio ha un successo fantastico ovunque”.

De Laurentiis ha confermato il suo pessimo rapporto con i procuratori dei calciatori e con gli arbitri: “Gli agenti – ha detto – sono un cancro del calcio. La classe arbitrale? Dovrebbe dipendere dai club, con cui dovrebbe dialogare perché non sia una casta ma dei collaboratori. E non esiste che un arbitro espella un allenatore. Il calcio sembra una barzelletta su questi aspetti”. E sui procuratori, il presidente azzurro ha ricordato quando scoprì Haaland, non ancora famoso: “Per me era un grandissimo giocatore mentre i miei nel club erano preoccupati perché non lo conoscevano. Era al Salisburgo, lo volevo comprare per 50 milioni. Allora Mino Raiola mi portò in un salotto e mi disse: ‘Senti di là non le dire queste cose, noi siamo amici. Per Haaland ho già provveduto io, non ti preoccupare, non ti mettere in mezzo’. Io lo fermai e lì si interruppe la trattativa. Lui aveva già organizzato tutto e percorso i suoi benefit. Raiola era professionalmente ineccepibile ma perseguiva i suoi interessi, non quelli dei club”.

De Laurentiis ha parlato anche della Superlega: “Dieci anni fa – ha detto – già proposi un campionato europeo. Il modello Champions coi sorteggi non mi piace, io voglio giocare contro tutti e quindi voglio fare un campionato vero, ma europeo e non nazionale, per quelli che hanno raggiunto determinati risultati. Quindi le squadre possono cambiare. Poi è venuta fuori la Superlega a cui sarò favorevole se sarà in grado di essere democraticamente sul mercato e assolverà dunque al problema del merito per potervi partecipare, hanno detto che partono dal 2025, si vedrà”. Discorso diverso per il prossimo Mondiale per club Fifa: “Se dovessimo battere il Barcellona e poi fare una vittoria o un pareggio, di diritto dovremmo andare noi al Mondiale per club e non la Juventus. Ma penso che il Napoli dovrebbe andarci comunque, perché se la Juve è fuori dalle coppe europee non dovrebbe essere ammessa a quella competizione Fifa”.

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Calcio: curva Lecce protesta, fumogeni in campo e gara sospesa 5 minuti

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La protesta della curva del Lecce, in polemica con la Lega Serie A per il mancato ulteriore rinvio della sfida con l’Atalanta in seguito alla morte dello storico fisioterapista del club Graziano Fiorita, non si è limitata agli striscioni esposti nel pre-partita del match casalingo contro il Napoli valido per la 35/a giornata di campionato. Dopo circa sette minuti di gioco infatti l’arbitro Davide Massa è stato costretto a sospendere per qualche minuto la gara a causa del lancio di fumogeni e petardi in campo. La ripresa del gioco è stata tardata anche a causa di un buco nelle rete di una delle due porte. Dopo circa cinque minuti di sospensione la partita è ricominciata.

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Tennis: Sinner, un software per l’allenamento mentale ai match

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Un software per Jannik Sinner. Per ritrovare, davanti a un computer, la concentrazione e la performance mentale da match. E tornare agli Internazionali d’Italia, dopo tre mesi di stop, con la stessa energia mentale di quando ha smesso. Si chiama “Mental economy training”, e come racconta all’AGI Riccardo Ceccarelli, il mental coach che da quattro anni fa parte del pool allargato di Jannik Sinner, in questi tre mesi di assenza forzata dalle competizioni per lo stop dovuto al caso Clostebol ha aiutato parecchio il numero uno del mondo a gestire le emozioni della partita, simulando lo stress da match.

“Jannik e’ un atleta consapevole, leader di se stesso, e con lui il lavoro mentale in condizioni normali e’ diventato marginale – premette Ceccarelli a margine della conferenza stampa di presentazione del Simposio internazionale in scena oggi agli Internazionali – dopo tre mesi di lontananza dalle competizioni ha avuto pero’ bisogno di ritrovare il ritmo, risvegliare la mente e la concentrazione con una serie di allenamenti computerizzati”.

A casa, davanti al suo computer, spiega Ceccarelli che da anni lavora anche con i piloti di Formula 1, il mestiere che Sinner sognava da bambino, il numero uno del mondo, che riapparira’ agli Internazionali d’Italia tra sei o sette giorni, si cimenta con dei test, una sorta di videogiochi che, portandolo fuori dalla sua comfort zone, servono ad allenare le funzioni mentali, a partire dalla focalizzazione e passando anche per la meditazione.

“Mentre l’atleta si cimenta con i test, sul computer arrivano dei parametri biometrici – chiarisce Ceccarelli – uno misura l’attivazione del lobo frontale e quindi l’efficienza cerebrale, un altro il battito cardiaco, un po’ come quando sul tapis roulant compaiono i chilometri percorsi, le calorie e la frequenza cardiaca”. In questo caso pero’ si allena la mente, con l’obiettivo di “migliorare le performance e abbassare il livello energetico. Non ci si deve focalizzare soltanto sulla performance ma anche nell’eliminare, durante il test pensieri inutili e distrazioni, pulendo la mente e quindi anche il consumo cerebrale”.

Come? “Con il mio team di psicologi studiamo e personalizziamo le tecniche: esercizi di respirazione o un mantra da ripetere, cui ricorrere poi durante i cambi campo – continua Ceccarelli – i trucchi mentali per ottimizzare le proprie risorse possono essere infiniti, li studiamo ascoltando le esigenze degli atleti”. Sinner e’ stato dotato della piattaforma messa a punto da Ceccarelli da quando aveva 19 anni, utilizzandola, chiarisce il mental coach e medico sportivo “quando gli serve, quando sente di dover sviluppare il suo tasso di consapevolezza. E’ autonomo, si gestisce da solo”.

Se ne servono anche parecchi piloti di Formula 1, oltre alle campionesse di sci Federica Brignone e Mikaela Schiffrin. Tra i tennisti oltre a Sinner, si allena mentalmente davanti al computer soltanto Lilly Taggher, la 17enne austriaca che fa parte della scuderia del manager di Sinner Alex Vittur ed e’ allenata da Francesca Schiavon: “Ai piu’ giovani consigliamo allenamenti trisettimanali, Sinner si gestisce da solo”.

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Cronache

Vincenzo Nibali: «Ero un carusu dannificu. La bici mi ha salvato dalla strada»

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Messina, la Sicilia, la fatica, la gloria. Vincenzo Nibali si racconta al Corriere della Sera, tra ricordi di un’infanzia ribelle, il riscatto sulla bicicletta e la consapevolezza maturata solo dopo il ritiro. Un’intervista intensa, autentica, a cuore aperto.

Una giovinezza a rischio: «Compagni con la pistola nello zaino»

«Ero un carusu dannificu», dice Nibali, usando l’espressione siciliana per “bambino disastroso”. Uno che attirava guai: sassate alle vetrate, petardi nelle cassette postali, motorini lanciati contro i muri. Una giovinezza vissuta in un quartiere difficile di Messina, dove alcuni compagni portavano la pistola a scuola. Nessuna mafia organizzata, ma il pizzo sì: «Colpì anche la cartoleria dei miei genitori».

La salvezza arriva su due ruote: «Sempre in salita, come da Messina»

La svolta arriva con la bici, a 12 anni, grazie al padre e ai suoi amici cicloturisti. Le prime gare, l’ammiraglia della Cicli Molonia, il traghetto per Villa San Giovanni che diventava un passaggio simbolico verso il sogno. A 15 anni vince a Siena e non torna più: «Mai avuto nostalgia. I miei genitori mi dissero: se ti impongono cose sbagliate torna, qui avrai sempre un lavoro. Mi ha aiutato a non cedere al doping».

L’ascesa, la gloria, il peso della vittoria

Nibali è uno dei pochi ciclisti ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri. Il Tour de France del 2014 è stato l’apice, ma anche l’inizio di un incubo: «Non potevamo camminare con la carrozzina di nostra figlia senza essere assaliti. Solo adesso che ho smesso, vivo davvero». E confessa: «Mai provato e mai pensato di doparmi. Ma ho pagato il sospetto solo perché vincevo ed ero italiano».

La caduta che fa crescere: l’Olimpiade sfumata

Nel 2016 era lanciato verso l’oro olimpico, ma cadde in curva. «Scelsi io di rischiare, e sbagliai. Nessuna scusa». Parla anche del secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, “scippato” da un dopato, ma senza rancore: «Non mi chiedo mai quanto ho perso per colpa del doping».

Il ritorno da turista: «Messina è ‘u megghiu postu nto munnu’»

Oggi Nibali è ambasciatore del Giro e padre presente. Ha visitato la Sicilia con le figlie per farla conoscere da turista: «Antonello da Messina, i templi di Agrigento, i boschi dei Peloritani… È il posto più bello del mondo». Un campione che, a distanza di anni, può guardarsi indietro con orgoglio: «A testa alta, sempre».

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