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Esteri

Sangue a Tripoli, oltre 50 morti in scontri tra milizie

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L’instabile Libia torna prepotentemente alla ribalta delle cronache con violenti scontri armati nella capitale Tripoli, insanguinata dai cadaveri di almeno 55 miliziani rimasti uccisi nei combattimenti. Ad accendere la miccia è stato l’ennesimo confronto tra milizie rivali, le vere padrone del territorio, oltretutto schierate dalla stessa parte della barricata, quella dei sostenitori del governo di unità nazionale sotto egida Onu guidato dal primo ministro Abdul Hamid Dbeibah. Mohamed Hamza, comandante della “Brigata 444”, una delle formazioni schierate con l’esecutivo che garantiscono de facto la sicurezza in parti della capitale, è finito in manette lunedì sera all’aeroporto di Mitiga. L’area è sotto il controllo della potente Forza di deterrenza speciale, la “Rada”.

Ignote le ragioni di quello che la Brigata 444 ha considerato un vero e proprio affronto, dichiarando lo stato di emergenza e mobilitando la forza armata. I combattimenti si sono sviluppati lungo le periferie del sudest della capitale, in particolare nella zona di Ain Zara. Dopo oltre ventiquattro ore di scontri a fuoco anche con armi pesanti il bilancio ancora provvisorio è di 55 morti e 146 feriti, hanno reso noto fonti mediche. Tre ospedali da campo e circa 60 ambulanze sono stati utilizzati per aiutare i feriti ed evacuare i civili in aree più sicure, oltre 230 le famiglie spostate dalle zone coinvolte. A far tornare la calma l’accordo raggiunto dopo lunghe ore di trattative tra le due milizie. L’intesa, che sarebbe stato mediata dal premier Dbeibah, ha portato alla liberazione del colonnello Hamza. La sua formazione, impegnata anche in attività anticontrabbando nel sud e sulla strada costiera che collega Tripoli alla Tunisia, è affiliata al ministero della Difesa, mente la Rada è legata a posizioni del Consiglio presidenziale.

Così mentre il premier si è recava in visita sui luoghi della scontri, il ministero dell’Interno annunciava un imprecisato piano per schierare sul terreno forze e monitorare la tregua tra le due milizie, già protagoniste di altri combattimenti a maggio, sempre scoppiati dopo un arresto, con un bilancio all’epoca di alcuni feriti. La popolazione intanto sembra ormai rassegnata a una instabilità che dura dalla fine del regime di Gheddafi nel lontano 2011. Così, a 24 ore dagli scontri, il traffico in città è tornato regolare, negozi e caffè hanno riaperto i battenti, così come lo scalo di Mitiga, rimasto chiuso per due giorni. La rinnovata tensione in Libia è “seguita con attenzione” dal governo italiano.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ne ha parlato al telefono con la collega Najla el Mangoush, sottolineando che la “priorità” di Roma “resta la stabilizzazione della Libia, senza violenza né interferenze, e avviare un percorso verso elezioni democratiche”. Tajani ha ricevuto rassicurazioni “sul clima” generale, a dispetto di questi ultimi episodi di violenza, e si è detto “abbastanza ottimista” che il cammino dei libici verso il voto proseguirà, fino alla nascita di un “governo stabile”. Il titolare della Farnesina, allo stesso tempo, ha ribadito come “sia stato un errore gravissimo lasciare ammazzare Gheddafi”: anche se “non era un campione della democrazia”, con la sua fine è arrivata l’instabilità nel Paese. Un appello generale alla “de-escalation” è stato lanciato anche dalla missione Onu, che ha “ricordato a tutti gli attori la loro responsabilità di preservare la relativa stabilità prevalente e di creare un ambiente favorevole allo svolgimento di elezioni per soddisfare le aspirazioni del popolo libico”. Sulla stessa linea l’Ue, che ha sottolineato “l’urgente necessità di elezioni per trovare una soluzione politica sostenibile e inclusiva”.

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Esteri

Caos eredità Maradona: le figlie accusano l’ex avvocato Morla di frode e chiedono la restituzione di 13 milioni di dollari

Le figlie di Diego Maradona accusano l’ex legale Morla di frode: spariti 13 milioni dai conti esteri. Al centro del caso la società Sattvica e i diritti d’immagine.

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Dove sono finiti 13 milioni di dollari? È la domanda che oggi agita il tribunale di Buenos Aires e infiamma lo scontro tra gli eredi di Diego Armando Maradona e l’avvocato Matías Morla (nella foto con Diego), il rappresentante legale e uomo di fiducia del Pibe de Oro negli ultimi anni della sua vita. A portare la questione in tribunale sono state Dalma e Gianinna, figlie di Diego e di Claudia Villafañe, che accusano Morla di aver sottratto fondi e di aver agito alle spalle degli eredi legittimi.

Secondo le figlie dell’ex campione, il patrimonio occultato ammonterebbe a oltre 13 milioni di dollari, presenti su conti bancari esteri a nome del padre. Le accuse non si fermano qui: Morla avrebbe anche trasferito in modo sospetto il controllo della società Sattvica – che gestisce i diritti commerciali sul nome e sull’immagine di Maradona – alle sorelle di Diego, Rita e Claudia Norma Maradona, eludendo così il passaggio naturale ai figli eredi.

La frode secondo le figlie

Nel dossier presentato in tribunale, i legali di Dalma e Gianinna parlano apertamente di frode post mortem, sostenendo che la firma apposta da Maradona sui documenti che affidavano pieni poteri a Morla potrebbe essere stata falsificata. La società Sattvica, secondo la loro ricostruzione, sarebbe stata solo formalmente intestata a Morla e al cognato Maximiliano Pomargo, ma in realtà sottostava alla volontà di Diego, che ne era il socio occulto. Dopo la morte del Pibe, il rifiuto di Morla di riconsegnare ai figli il controllo della società rappresenterebbe un’ulteriore violazione dei loro diritti.

Conti bancari e attività commerciali

Nel programma argentino “Intrusos”, sono stati resi noti i dettagli dei presunti conti esteri:

  • 1,6 milioni presso Bank Caribbean

  • 1,9 milioni presso la North National Bank di Abu Dhabi

  • 5 milioni presso Paribas

  • 5 milioni presso HSBC

Fondi che, secondo l’accusa, Morla avrebbe occultato e che ora gli eredi chiedono di recuperare e suddividere tra i cinque figli riconosciuti di Maradona: Dalma, Gianinna, Diego Jr, Jana e Diego Fernando.

Il ruolo controverso di Morla

Morla, attraverso il suo legale Rafael Cuneo Libarona, ha rigettato ogni accusa, sostenendo che la gestione dei diritti d’immagine fu affidata alle sorelle di Diego su esplicita volontà del Pibe, che aveva interrotto ogni rapporto con l’ex moglie Claudia e le figlie. Nonostante ciò, la sua figura resta al centro delle polemiche. Nel 2021, in occasione di una manifestazione a Buenos Aires per chiedere giustizia sulla morte del campione, Morla fu duramente contestato, insieme al neurochirurgo Luque, rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio con dolo eventuale.

Il marchio Maradona e Sattvica

Intanto Sattvica, la società al centro della disputa, continua a gestire le licenze commerciali legate a Maradona: abbigliamento, tequila, caramelle, palloni e gadget firmati dal campione. La società ha sede sia in Argentina che in Spagna, e a oggi Morla avrebbe confermato di avere rapporti quotidiani solo con le sorelle del Pibe.

La battaglia legale, appena iniziata, si preannuncia lunga e complessa. Sul piatto non ci sono solo soldi e proprietà, ma anche il controllo del nome e del mito di Diego Armando Maradona, che continua a vivere nei cuori dei tifosi e nei tribunali.

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Esteri

Esercito Usa crea nuova zona militare a confine Messico

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L’esercito statunitense ha creato una seconda zona militare lungo il confine con il Messico, aggiungendo un’area in Texas dove le truppe possono trattenere temporaneamente migranti o intrusi, dopo che un’altra area simile era stata designata nel New Mexico il mese scorso. Lo scrive l’agenzia Reuters sul suo sito web. Il mese scorso l’amministrazione Trump aveva designato una prima striscia di 440 km quadrati lungo il confine del New Mexico come “Area di Difesa Nazionale”. Ora arriva la “Texas National Defense Area”, una striscia lunga 101 km che si estende a est dal confine tra Texas e New Mexico a El Paso.

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Esteri

Ok Usa a equipaggiamenti F-16 per l’Ucraina

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Il Dipartimento di Stato americano ha approvato la potenziale vendita di parti e equipaggiamenti del caccia F-16 all’Ucraina per 310 milioni di dollari: lo ha reso noto il Pentagono. Tra i principali appaltatori figurano Lockheed Martin Aeronautics, Bae Systems e Aar Corporation. (

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