Collegati con noi

Cronache

Spalletti: lo scudetto lo assaporiamo chiano chiano…

Pubblicato

del

“Lo scudetto ce lo stiamo ‘trezziando chiano chiano'”. Pensa e parla in napoletano ormai il toscano Luciano Spalletti, che ironizza così sul fatto che squadra e città si stanno avvicinando – all’insegna del piacere lento – alla gioia del terzo scudetto della storia, a 33 anni dall’ultimo tricolore dell’era Maradona. Ma ora siamo nell’era Osimhen-Kvaratskhelia, in quelle Di Lorenzo-Lobotka, del muro difensivo Kim-Rrahmani, di un’intera rosa che respira l’entusiasmo del Golfo. “Già domenica – dice Spalletti alla vigilia del match di Udine – lo stadio mi ha fatto capire più della classifica quale sia l’impresa che stiamo portando a termine. E’ quello che sognavo quando sono arrivato qui a NAPOLI: lo stadio pieno di bandiere, sciarpe, tutto di colore azzurro, con bimbi che festeggiavano e poi fuori tutti insieme a coinvolgere l’intera città, perché la festa è di tutti”. E’ quello che vuole il club, con De Laurentiis in prima fila, che domani pare non andrà a Udine ma si godrà la sfida al Maradona, già tutto esaurito con 50.000 persone pronte a vedersi insieme la partita su 10 maxischermi e ad esultare per una stagione indimenticabile.

“Ho saputo dall’inizio – spiega Spalletti – che avevo una squadra di purosangue e mi fa piacere che in poco tempo abbiano mostrato a tutti qualità e carattere, anche nei momenti difficili. Questo scudetto è stato costruito in due anni, anche star come Insigne, Koulibaly, Mertens, Ghoulam hanno aiutato a costruire il carattere della squadra. Ora dobbiamo fare l’ultimo strappo che è la cosa più difficile e ci prepariamo a farlo senza alcuna deconcentrazione”. Lo strappo può arrivare anche stasera se la Lazio non vince, ma l’attesa è per la festa già programmata a NAPOLI, da stasera a domani, fino a domenica e poi oltre: “Vedere domenica scorsa gente dispiaciuta uscendo dallo stadio – spiega Spalletti – ti mortifica, è l’opposto di ciò che dà felicità interiore perché ti nutri vedendo la gente felice per quello che fai”.

I murales, da Maradona a Osimhen, spuntano tra le strade dove gli artisti si scatenano, il colore biancazzurro dipinge i vicoli e le grandi strade, affascinando i turisti e inorgogliendo i napoletani, che viaggiano sui bus e i treni Eav dipinti di azzurro con lo scudetto. In campo Osimhen vuole riprendere la corsa da cannoniere visto che non segna dal 19 marzo e vede Lautaro avvicinarsi al trono, con Kvaratskhelia fermo a 12 gol e 10 assist e che vuole tornare a essere decisivo, e l’intera squadra che vuole mantenere i record di miglior attacco con 68 gol fatti e di miglior difesa con 22 reti subite. Serve mentalità, serve “andare a giocare confidando di portare a casa quello che vogliamo, senza guardare le partite degli altri”. Spalletti è chiaro con lo spogliatoio, ma non ha certezze sul suo futuro: “Il mio contratto per restare a NAPOLI? Ci sono ancora da fare belle cose, secondo me conta più del contratto giocare bene queste partite, completare questo discorso, poi penseremo a festeggiare come sarebbe giusto. Poi mi chiederò come sempre se sono nelle condizioni di poter dare a un pubblico che ha questo sentimento quello che merita. Da lì si parte per capire”. Il dubbio sul futuro resta. La necessità di cucire lo scudetto sul petto è ora l’unica priorità.

Advertisement

Cronache

Vincenzo Nibali: «Ero un carusu dannificu. La bici mi ha salvato dalla strada»

Pubblicato

del

Messina, la Sicilia, la fatica, la gloria. Vincenzo Nibali si racconta al Corriere della Sera, tra ricordi di un’infanzia ribelle, il riscatto sulla bicicletta e la consapevolezza maturata solo dopo il ritiro. Un’intervista intensa, autentica, a cuore aperto.

Una giovinezza a rischio: «Compagni con la pistola nello zaino»

«Ero un carusu dannificu», dice Nibali, usando l’espressione siciliana per “bambino disastroso”. Uno che attirava guai: sassate alle vetrate, petardi nelle cassette postali, motorini lanciati contro i muri. Una giovinezza vissuta in un quartiere difficile di Messina, dove alcuni compagni portavano la pistola a scuola. Nessuna mafia organizzata, ma il pizzo sì: «Colpì anche la cartoleria dei miei genitori».

La salvezza arriva su due ruote: «Sempre in salita, come da Messina»

La svolta arriva con la bici, a 12 anni, grazie al padre e ai suoi amici cicloturisti. Le prime gare, l’ammiraglia della Cicli Molonia, il traghetto per Villa San Giovanni che diventava un passaggio simbolico verso il sogno. A 15 anni vince a Siena e non torna più: «Mai avuto nostalgia. I miei genitori mi dissero: se ti impongono cose sbagliate torna, qui avrai sempre un lavoro. Mi ha aiutato a non cedere al doping».

L’ascesa, la gloria, il peso della vittoria

Nibali è uno dei pochi ciclisti ad aver vinto tutti e tre i grandi Giri. Il Tour de France del 2014 è stato l’apice, ma anche l’inizio di un incubo: «Non potevamo camminare con la carrozzina di nostra figlia senza essere assaliti. Solo adesso che ho smesso, vivo davvero». E confessa: «Mai provato e mai pensato di doparmi. Ma ho pagato il sospetto solo perché vincevo ed ero italiano».

La caduta che fa crescere: l’Olimpiade sfumata

Nel 2016 era lanciato verso l’oro olimpico, ma cadde in curva. «Scelsi io di rischiare, e sbagliai. Nessuna scusa». Parla anche del secondo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, “scippato” da un dopato, ma senza rancore: «Non mi chiedo mai quanto ho perso per colpa del doping».

Il ritorno da turista: «Messina è ‘u megghiu postu nto munnu’»

Oggi Nibali è ambasciatore del Giro e padre presente. Ha visitato la Sicilia con le figlie per farla conoscere da turista: «Antonello da Messina, i templi di Agrigento, i boschi dei Peloritani… È il posto più bello del mondo». Un campione che, a distanza di anni, può guardarsi indietro con orgoglio: «A testa alta, sempre».

Continua a leggere

Cronache

Guerra dei cassonetti ai Parioli: scompaiono i bidoni davanti a casa Castellitto

Pubblicato

del

Nel quartiere elegante e silenzioso dei Parioli esplode una singolare guerra urbana, fatta di strisce gialle, rifiuti e cortili privati. Oggetto del contendere: un set di cassonetti della raccolta differenziata, misteriosamente spariti dalla carreggiata davanti alla villa dell’attore Sergio Castellitto.

I cassonetti finiscono nel cortile dell’attore

La miccia si accende nella notte tra il 20 e il 21 aprile. I bidoni che servivano i residenti della zona vengono spostati oltre il cancello della villa in cui vive Castellitto, allineati ordinatamente nel cortile. Una rimozione anomala che di fatto priva della raccolta l’intero isolato. Le strisce gialle, predisposte per accogliere i cassonetti, rimangono desolatamente vuote.

Secondo indiscrezioni, l’attore avrebbe più volte manifestato il suo malcontento per la presenza dei contenitori davanti all’ingresso della sua abitazione, considerandoli poco decorosi. I vicini, al contrario, li ritengono un servizio essenziale, invocandone semmai una manutenzione più frequente.

Denuncia in arrivo e reazione dei residenti

A seguito dell’episodio, il quartiere insorge. I residenti, costretti a girovagare per il quartiere con buste e cartoni, scattano foto e si interrogano sul destino dei contenitori. Tra loro anche il regista premio Oscar Paolo Sorrentino, recentemente trasferitosi nella zona.

Dopo poche ore, i cassonetti scompaiono anche dalla visuale del villino: né davanti al cancello né sul marciapiede. Ma non vengono ricollocati nella loro sede originaria. La vicenda, lungi dal concludersi, potrebbe ora avere conseguenze legali.

Ama pronta a sporgere denuncia

La municipalizzata dei rifiuti, Ama (foto Imagoeconomica), non intende lasciar cadere il caso. I vertici dell’azienda starebbero preparando una denuncia ai carabinieri per la scomparsa dei contenitori. Anche l’assessore al Verde del Municipio, Rosario Fabiano, si è attivato per fare luce sull’accaduto.

Il comitato Le Muse: “I cassonetti tornino al loro posto”

Dal comitato di zona Le Muse l’appello è chiaro: «Speriamo che quei cassonetti tornino al più presto al loro posto. Sarebbe grave se così non fosse. Si tratta di oggetti che appartengono alla collettività, ricordiamolo».

Intanto, nel quartiere ovattato dei Parioli, il decoro urbano si trasforma in una guerra di nervi, tra privacy e servizio pubblico, in attesa che si ristabilisca un fragile equilibrio tra rifiuti e rispetto.

 

Continua a leggere

Cronache

La madre del 17enne condannato per l’omicidio di Santo Romano: «Non è lui l’autore dei post provocatori»

Pubblicato

del

Ha deciso di rivolgersi alla polizia postale la madre del 17enne condannato a 18 anni e 8 mesi per l’omicidio di Santo Romano, ucciso nella notte tra l’uno e il due novembre scorsi a San Sebastiano al Vesuvio. Lo fa per chiedere chiarezza su una vicenda che – a suo dire – rischia di danneggiare ulteriormente il figlio.

La denuncia: «Quei post non li ha scritti mio figlio»

«Mio figlio è detenuto ad Airola, non ha accesso ai social e non è stato mai segnalato per l’uso di telefoni cellulari in modo clandestino», spiega la donna, assistita dall’avvocato Luca Raviele. E chiarisce: «Non può essere lui l’autore dei messaggi comparsi in rete dopo la sentenza». Messaggi che – accompagnati da immagini del ragazzo risalenti a mesi fa – contengono frasi provocatorie e offensive, come: «Io 18 anni e 8 mesi me li faccio seduto su un cesso».

Una pioggia di messaggi offensivi

Quei post, circolati in modo virale sui social, hanno fatto riesplodere le tensioni tra i familiari delle due fazioni coinvolte nella tragica vicenda. E la madre del minore condannato prende le distanze: «Non c’entriamo nulla. Né io, né parenti o conoscenti abbiamo scritto o condiviso quei contenuti. Spero che la polizia postale indaghi per risalire ai veri responsabili».

La notte dell’omicidio: una lite per una scarpa sporca

Tutto è iniziato in piazza Capasso, cuore della movida di San Sebastiano. Un banale litigio per una scarpa pestata ha innescato lo scontro tra due gruppi di ragazzi. Dopo un primo alterco, la situazione sembrava rientrata, ma secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – anche grazie a un video – Santo Romano sarebbe tornato indietro rivolgendosi all’auto dove si trovava L.D.M. Un gesto, forse un lancio, e poi il dramma: due colpi di pistola al petto, esplosi dal 17enne. Santo muore sul colpo.

Un processo doloroso e una sentenza pesante

Martedì scorso è arrivata la condanna in primo grado: 18 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio, tentato omicidio e detenzione di arma da fuoco. L’indagine è stata condotta dal pm Ettore La Ragione della Procura per i Minori. Una sentenza che ha alimentato il dolore dei familiari di Santo Romano, un ragazzo di 19 anni, portiere di una squadra di calcio, noto nel suo gruppo per essere sempre un paciere.

Il timore di nuove tensioni

I post emersi nelle ultime ore rischiano di avvelenare ulteriormente il clima. «Non voglio neanche ripetere il contenuto di certi messaggi – spiega la madre del ragazzo – sono offensivi, gratuiti, e danneggiano mio figlio. Non possiamo permettere che a una tragedia come questa si aggiungano nuove ingiustizie». Per questo è stata sporta una formale denuncia contro ignoti: sarà ora compito degli investigatori della polizia postale stabilire chi si nasconde dietro quegli account.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto