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Il Papa bacia i piedi ai detenuti, “tutti sbagliamo”

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Il Papa ha celebrato il Giovedì Santo nel carcere minorile di Casal del marmo, alla periferia di Roma. E’ arrivato con la sedia a rotelle ma ha voluto farsi forza sul bastone ed eseguire il rito della lavanda dei piedi a dodici giovani detenuti. Li ha rassicurati parlando della “dignità di essere peccatori” e ha detto che “ognuno di noi può scivolare”. La mattina aveva invece celebrato la messa del crisma con i sacerdoti romani e aveva chiesto di “non sporcare” la Chiesa con “le cordate”, “i partiti” e “il chiacchiericcio”. È una celebrazione semplice e commovente quella che ha aperto il Triduo pasquale del Papa nella piccola cappella del carcere minorile romano. Un centinaio i presenti alla messa, tra i ragazzi che scontano una pena e operatori e volontari che li assistono. “Gesù sa le cose che abbiamo nel cuore e ci ama così come siamo e ci lava i piedi a tutti noi. Gesù non si spaventa mai delle nostre debolezze”, ha detto ai ragazzi. “Se noi ascoltassimo” Gesù “la vita sarebbe così bella. Ci affretteremmo ad aiutarci l’uno l’altro. Invece di come ci insegnano i furbi a fregare l’uno l’altro, approfittare l’uno dell’altro”, dice ancora il Papa. Poi a fatica, appoggiandosi sul bastone e sulla pedana dove sono seduti i ragazzi, ripete quel gesto da “schiavi”, lavare i piedi.

Ma il Papa li bacia anche e sorride – proprio come fa don Pino Puglisi nella foto che campeggia nella cappella – e saluta ciascuno dei dodici ragazzi. Qualcuno lo trattiene per dirgli una parola, lui si ferma con tutti. Tra i giovani detenuti scelti per la lavanda dei piedi c’è anche un ragazzo russo e un musulmano del Senegal; anche un croato, un rumeno e un ragazzo di origine sinti. Due invece le ragazze. Dei dodici, sei sono minorenni e sei appena maggiorenni perché il carcere accoglie giovani fino a 25 anni. Poi lo scambio di doni: Francesco ha portato rosari e uova di cioccolato, mentre i ragazzi danno al Papa i prodotti del loro lavoro, fatto nei laboratori del carcere, una croce di legno, biscotti e pasta. È una boccata d’ossigeno questo Giovedì Santo per il Pontefice che è voluto tornare in questo carcere minorile, dopo dieci anni.

Qui infatti aveva celebrato la sua prima messa in Coena Domini da Papa, nel 2013, e allora fu una novità perché la lavanda dei piedi mai era stata celebrata da un Pontefice dentro un istituto penitenziario. La giornata era cominciata nella basilica vaticana con la messa crismale, quella in cui si benedicono gli oli che serviranno per le celebrazioni dell’anno. Come da tradizione erano presenti i sacerdoti romani e il Pontefice ha lanciato un appello: “Stiamo attenti, per favore, a non sporcare l’unzione dello Spirito e la veste della Santa Madre Chiesa con la disunione, con le polarizzazioni, con ogni mancanza di carità e di comunione”. Poi ha chiesto ai preti di “accogliere e perdonare tutti” evitando di essere “maleducati, zitelloni e lamentosi”. Ha ammesso che tutti possono vivere una crisi ma da lì si può ripartire. “La doppia vita non ti aiuterà, buttare tutto dalla finestra nemmeno, vai avanti, lasciati accarezzare dall’unzione dello Spirito Santo”, ha concluso il Papa.

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Auto si ribalta e prende fuoco, morti tre ragazzi

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re ragazzi sono morti in un incidente stradale che si è verificato poco fa nel Brindisino lungo la provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso. Sul posto stanno operando i vigili del fuoco. A quanto si apprende l’auto, una Porsche, con a bordo i tre giovani si sarebbe ribaltata prendendo fuoco.

Le vittime sono un 22enne e due ragazze 21enni, tutti residenti a Torchiarolo. Una delle ragazze era originaria dell’Ucraina e viveva in provincia di Brindisi. Le indagini sono condotte dalla polizia locale. La strada al momento è stata chiusa al traffico e sul posto si sta recando il pubblico ministero di turno della procura di Brindisi.

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Schianto in A1 dopo aver scelto casa, morti padre e bimbo

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Tornavano da Vicenza. Ci erano stati per iniziare a costruire la loro nuova vita: un lavoro da operatore socio sanitario grazie all’attestato che tra mille sacrifici era riuscito a prendere seguendo i corsi di un istituto di formazione a Cassino. Erano stati a scegliere la casa nella quale trasferirsi: giusto il tempo di far finire l’anno scolastico al loro bimbo che sta in Terza Elementare e poi un taglio netto con il passato, l’inizio di un sogno italiano che prende forma. Ma il sogno di una famiglia di origi nigeriane si è trasformato in un incubo. In una tragedia. È successo sull’autostrada A1, nel tratto tra Anagni e Ferentino, già in provincia di Frosinone, meno di cinquanta chilometri da casa: chilometro 615, direzione sud. Ore 15.30, cosa sia accaduto lo sta ancora ricostruendo la Polizia Stradale di Frosinone, forse uno pneumatico scoppiato.

Sta di fatto che la loro Ford Fiesta grigia viene tamponata con violenza da un suv Volvo di colore blu scuro. Un impatto che costa la vita a Inya Christopher Nwachi, 40 anni, ed al figlio Inya Christopher Junior, di appena 8 anni. Gravi anche la moglie, 40 anni, e l’altra bambina, 5 anni, che viaggiavano in auto. La donna è stata trasferita in elicottero al San Camillo di Roma: la sua prognosi è riservata. L’eliambulanza con la bambina invece è atterrata al Bambin Gesù: anche la bimba è in condizioni critiche. Il bilancio dell’incidente avrebbe potuto essere ancora più grave se non fosse stato per il conducente di un autoarticolato della società Iannotta che arrivava alle spalle delle due vetture: appena assistito all’incidente ha rallentato e si è messo di traverso, occupando le tre corsie di marcia facendo da scudo ed impedendo ad altri mezzi di finire addosso a quelli incidentati.

I primi a prestare i soccorso sono stati alcuni automobilisti, dopo pochi minuti è arrivato il personale sanitario del 118 con la Polizia Stradale di Frosinone ed i Vigili del Fuoco. Per prestare i soccorsi è stato necessario chiudere un tratto di autostrada: si sono creati fino a 6 chilometri di coda verso Sud e 2 verso Nord. Ora la circolazione è ripresa regolarmente. La famiglia, immigrata anni fa dalla Nigeria, si era costruita una vita nel sud della provincia di Frosinone: Inya Christopher Nwachi lavorava in una pizzeria di Cervaro e nel tempo libero studiava per prendere l’attestato da Oss. Ci era riuscito. Ed aveva trovato lavoro a Vicenza: avrebbe preso servizio all’inizio del prossimo giugno. “È una tragedia che colpisce la nostra comunità – dice il sindaco di Cervaro, Ennio Marrocco – era una famiglia che si era fatta ben volere, ben inserita, bravissime persone. Come Comune di Cervaro saremo al fianco della signora e della bambina”. Che ora, dal sogno si ritrovano a vivere un incubo.

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Il 19 giugno parte il processo per l’omicidio di Aurora

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Si svolgerà il 19 giugno al Tribunale per i minorenni di Bologna, con rito abbreviato, il processo per il 15enne accusato dell’omicidio di Aurora Tila, la ragazza di 13 anni, morta dopo essere precipitata dal terrazzo sopra casa a Piacenza, il 25 ottobre. Ne dà notizia il quotidiano Libertà. Il processo era stato inizialmente fissato per il 9 luglio, con rito ordinario. L’avvocato difensore del ragazzo ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. Oltre agli atti raccolti dalla procura saranno presi in esame in aula i risultati delle perizie dei consulenti di parte. Aurora Tila, studentessa dell’Istituto Colombini, morì la mattina del 25 ottobre precipitando da un terrazzo al settimo piano del palazzo dove viveva con la madre e cadendo poi su un balcone tre piani più in basso. Con lei, sul terrazzo, c’era l’ex fidanzatino, di due anni più grande: le telecamere del condominio hanno ripreso il loro incontro nell’atrio, prima di salire in casa.

È stato lui a dare l’allarme e qualche giorno dopo è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario. Lui ha sempre negato queste accuse, sostenendo una versione diversa dei fatti rispetto alla ricostruzione della Procura. Il processo si svolgerà secondo il rito abbreviato (ovvero sulla base degli atti raccolti dalla procura, con il beneficio di uno sconto di un terzo della pena) ma “condizionato”, ovvero con l’ascolto in aula dei periti, e quindi con il confronto fra le due perizie, dagli esiti divergenti, che potrebbero rappresentare il cuore del processo. I medici legali di parte della difesa, infatti, contestano radicalmente le conclusioni alle quali era arrivata la perizia disposta dalla procura dei minorenni, che sostanzialmente attribuiscono al 15enne la volontà di far cadere Aurora dal terrazzo, da un’altezza di nove metri.

Una ricostruzione che la difesa ha sempre negato. Il punto cruciale su cui ci sarà battaglia sarà la dinamica della caduta, che secondo la perizia del consulente della procura, è incompatibile con un suicidio. Conclusioni, che come riferisce il quotidiano piacentino, secondo il medico legale Mario Tavani (che insieme al collega Attilio Maisto ha curato la perizia per la difesa) “risultano indubbiamente criticabili”, mentre “quelle sulla ricostruzione dinamica della precipitazione del corpo per alcuni versi inaccettabili”. Saranno prese in esame anche alcune testimonianze oculari: il racconto di alcune persone che hanno riferito di aver visto i due giovani litigare sul terrazzo sono state infatti cruciali per le indagini.

E’ stata una di queste testimonianze, in particolare, secondo cui il ragazzo avrebbe spinto Aurora oltre il parapetto e l’avrebbe colpita sulle mani per farla cadere, a risultare cruciale nella decisione di arrestare il 15enne. Un dettaglio, quello dei colpi sulle mani, che sarà messo a confronto con gli esiti delle perizie: quella dell’accusa ritiene le ferite che Aurora aveva sulle dita compatibili con i colpi ricevuti per farla cadere, mentre secondo la perizia della difesa sono state procurate dall’impatto a terra.

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