Adesso è il momento di pacificare il partito. Silvio Berlusconi sa che non c’è tempo da perdere per provare a serrare i ranghi in Forza Italia dopo mesi di guerre intestine che hanno portato il leader a sostituire in corsa il capogruppo della Camera, Alessandro Cattaneo, togliendo all’altra capogruppo, Licia Ronzulli, il ruolo di coordinatrice regionale in Lombardia. I primi effetti del passo avanti dell’ala governista, è la convinzione diffusa nel partito, si vedranno fra nomine delle partecipate e presidenze delle commissioni bicamerali. Il primo test sugli umori interni, invece, ci sarà quando l’assemblea dei deputati (probabilmente per acclamazione) ratificherà la nomina di Paolo Barelli, che torna capogruppo dopo l’esperienza nella passata legislatura. In questi casi, sottolinea chi ha vissuto tanti di questi passaggi, non si assiste a manifestazioni di dissenso. Da Arcore non filtra preoccupazione neanche sui pericoli di un fuggi fuggi verso FdI o il Terzo polo, ma l’intenzione è quella di riallineare le forze interne.
Dopo l’operazione, in cui molti attribuiscono la regia a Marta Fascina, compagna di Berlusconi, le fibrillazioni sono ancora significative. Al di là delle celebrazioni all’unisono della prima vittoria elettorale di Forza Italia, il 27 marzo 1994, quello che Berlusconi definisce un “miracolo” grazie a cui “l’Italia non è diventato un Paese comunista”. Davanti alle telecamere, Ronzulli non ha nascosto le perplessità per come è stato gestito l’avvicendamento di Cattaneo. “Stupisce e può stupire la tempistica e i modi – ha sottolineato -. Per quanto riguarda il mio collega Alessandro Cattaneo, la linea a noi l’ha sempre data Berlusconi”. Smentita la telefonata con Matteo Renzi (“Non c’è stata. Il dialogo c’è sempre, le aule parlamentari sono fatte apposta”), ha spiegato di aver chiesto lei stessa al Cavaliere “già da un po’ di tempo di lasciare la guida della Lombardia perché il capogruppo in Senato deve essere un lavoro a tempo pieno”. Tutti negano che esistano correnti nel partito, a partire da Antonio Tajani. “Parlare di correnti è stupido – ha assicurato Ronzulli – così come è stupido parlare di scissione.
Chi conosce la politica sa che solo nell’unità si possono fare le cose. Forza Italia deve restare compatta”. Eppure, di fronte alla constatazione della senatrice sul sondaggio che attribuisce a FI “un trend in crescita fotografandola all’8,5%”, altre fonti parlamentari azzurre lombarde hanno messo in evidenza un altro dato: nella regione madre del partito, è il loro ragionamento, si è passati dal 7,9% delle politiche di settembre al 7,2% delle ultime Regionali. Qualcosa, è la loro tesi, non ha funzionato e l’implementazione decisa da Berlusconi serve a migliorare. “A Roma, poi, ci sono stati problemi di visione e di previsione”, per dirla con un altro parlamentare forzista considerato vicino al ministro degli Esteri Antonio Tajani. Secondo l’input presidenziale, ora si guarda avanti per recitare un ruolo da protagonisti nel centrodestra e prepararsi a correre in coalizione alle Europee. “Oggi, a distanza di quasi tre decenni – le parole di Berlusconi nell’amarcord del successo del ’94 -, guardiamo al futuro con la stessa passione di allora”.