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M5s candida Donatella Bianchi per Lazio, tensione Pd

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Il volto tv di “Linea Blu”, la giornalista e storica conduttrice del programma Rai di divulgazione della cultura dell’ambiente e del mare, Donatella Bianchi, sarà la candidata del M5s per le regionali del Lazio. Giuseppe Conte ha scelto lei, un passato da presidente del WWF Italia e dal 2019 Presidente del Parco nazionale delle Cinque Terre, per sfidare nella corsa alle regionali il dem Alessio D’Amato per il centrosinistra e Francesco Rocca, per la destra. “Incarna perfettamente i valori del Movimento, rappresenta al meglio il nostro programma politico, sociale ed ambientale ed è un nome ben visto dalle altre forze politiche, sociali e civiche con cui stiamo condividendo il percorso, a partire da Coordinamento 2050” spiega il leader del M5s.

Che con questa candidatura chiude definitivamente l’alleanza regionale con i dem del territorio: “Nel Lazio D’Amato è stato punto di caduta del Pd dopo una guerra interna tra correnti e capibastone” attacca. “Altri partiti hanno scelto nomi che tenessero conto di equilibri interni e logiche di spartizione, noi, in maniera coerente con la nostra storia, abbiamo messo davanti i bisogni e i desideri dei cittadini laziali”, incalzano i parlamentari laziali 5 stelle. Una provocazione che irrita il Pd che va all’attacco chiedendo le dimissioni della giornalista: “Ovviamente ora Bianchi non può più condurre Linea Blu. Fa una scelta politica che rispettiamo, ma è una scelta definitiva. La Rai non ha le porte girevoli” attacca il deputato Pd, Andrea Casu.

Ma i dem guardano soprattutto al congresso. Stefano Bonaccini, candidato alla segretaria, dovrebbe annunciare domani un “ticket” con la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno per la campagna delle primarie e, in caso di vittoria,affidarle il ruolo di vicesegretaria. Fa poi discutere l’endorsement del leader dell’AreaDem, Dario Franceschini, per Elly Schlein: “rappresenta la sinistra moderna, non c’è niente in lei del vecchio armamentario ideologico del 900” dice l’ex ministro che incalza: “la generazione mia e di Bonaccini ha guidato il partito ai vari livelli, dalla fondazione nel 2007 ad oggi, ed ora è giusto che lasci il passo”. Un appoggio dunque che si fa palese e che scatena le reazioni. “Franceschini è un politico di razza e mi stupisco che possa dire dall’alto delle sue 7 legislature, capogruppo alla Camera, sottosegretario e ininterrottamente ministro, che nel Pd dove è stato segretario deve ‘cambiare tutto’.

Magari iniziare a dare l’esempio facendo spazio, no?” ironizza Alessia Morani, componente della direzione Pd. A sua volta rimbrottata da Stefano Vaccari, deputato e responsabile organizzazione del Pd: “Leggo di dirigenti del Pd non più rieletti in questa legislatura (casuale?) che si scagliano, palesando un certo rancore, contro Dario Franceschini che ha sollevato un punto politico che meriterebbe di contro attenzione”. Ma proprio Franceschini, nel giorno dello strappo definitivo con i i 5 Stelle nel Lazio, insiste nella necessità di tenere una porta aperta: “è naturale che si crei una competizione più diretta tra noi e loro. Ma può essere virtuosa. E sono convinto che Schlein da questo punto di vista sia molto competitiva con i 5Stelle”. Il Movimento, nel Lazio, corre con i partiti e le associazioni che si riconoscono nel Coordinamento 2050, promosso, tra gli altri, da Stefano Fassina, Loredana De Petris, Paolo Cento, Alfonso Pecoraro Scanio. Ed è quest’ultimo a sottolineare quel certo “nervosismo, quasi un perdere la testa” del Pd e a difendere la giornalista. Quanto alla candidata il programma è chiaro: “Transizione ecologica, salvaguardia ambientale e lotta alle disparità sociali hanno contraddistinto la mia vita professionale e la mia crescita come cittadina”.

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Schlein, firma referendum Cgil, malumori riformisti Pd

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Elly Schlein firmerà i referendum della Cgil, tra cui quello sul Jobs Act. Lo ha annunciato la stessa segretaria del Pd cogliendo di sorpresa osservatori e dirigenti del Pd che immaginavano un periodo di decantazione durante la campagna elettorale per le europee, rispetto ad un punto divisivo per i Dem. A margine della festa dell’Unità a Vecchiazzano a Forlì, dove ci sono i banchetti della Cgil per raccogliere le firme sui referendum, a Schlein è stato chiesto se aderirà ai quesiti. “Ho già detto che molti del Pd firmeranno così come altri non lo faranno – ha replicato Schlein -. Io mi metto tra coloro che lo faranno. Non potrei far diversamente visto che è un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso”. “Adesso il Pd è impegnato nella campagna delle Europee, sulle amministrative, e su un’altra raccolta firme per noi molto rilevante che è quella per il salario minimo”.

L’annuncio di Schlein arriva dopo che appena 48 ore prima uno dei principali esponenti dell’area riformista, Lorenzo Guerini, aveva detto che al posto della segretaria non avrebbe firmato i referendum, e altrettanto aveva fatto Marianna Madia 24 ore prima. Diffusasi la notizia Piero De Luca, coordinatore dell’area Bonaccini, ha a sua volta annunciato che sarà tra quelli che non firmerà. De Luca ha evitato toni troppo polemici, ma ha osservato che “anziché guardare nello specchietto retrovisore” sarebbe stato meglio “lavorare a idee e proposte che guardino avanti e migliorino le condizioni dei lavoratori, unendo il partito”, come appunto il salario minimo. Caustica Marianna Madia: “Se proprio voleva fare questa forzatura poteva farlo prima di Conte. Rimango contraria. In molti come me”.

Come ad esempio Simona Malpezzi (“non firmerò e penso sia sbagliato firmare”, ha scandito). Probabilmente proprio la volontà di non essere scavalcata a sinistra da Giuseppe Conte, ha spinto la segretaria alla decisione “solitaria”, senza cioè interpellare alcun organo di partito, lasciando per così dire “libertà di coscienza” ai Dem (“c’è chi firmerà e chi no”). Dal suo canto Conte ha battuto sullo stesso tasto: “quando siamo stati al governo abbiamo adottato il decreto dignità contro la precarizzazione, abbiamo iniziato a smontare il Jobs act, che ha creato lavori sempre più precari e ha favorito la moltiplicazione dei contratti a tempo determinato”. Matteo Renzi ha colto la palla al balzo per rilanciare la polemica con il proprio ex partito: “Elly Schlein firma i referendum contro il JobsAct – ha scritto sui social -. La segretaria del PD firma per abolire una legge voluta e votata dal PD. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel PD?”.

La risposta sembra volerla fornire Daniela Ruffino di Azione: “i riformisti dem sono finiti in una riserva indiana” ed è “sufficiente scorrere le liste per le elezioni europee per capire che la componente cattolica e riformista che aveva animato la stagione dell’Ulivo è ridotta ai margini”. “La scelta di Elly Schlein di firmare il referendum della Cgil contro il Jobs Act – si aggiunge la coordinatrice renziana Raffaella Paita – certifica ufficialmente il compimento definitivo della deriva grillino populista del Pd, un partito snaturato che ha perso completamente la vocazione originaria”. Un ragionamento contenuto nel commento tranchant di Carlo Calenda: “È un gravissimo errore da parte di Schlein firmare contro il Job act e appiattirsi sulle battaglie ideologiche e politiche di Landini”.

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Mattarella all’Onu: serve il coraggio di una riforma

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“Una guerra mondiale diffusa”, disse papa Bergoglio. Parole fatte proprie anche dal presidente Sergio Mattarella che oggi è atterrato a New York per una visita di tre giorni interamente dedicata alle Nazioni Unite durante la quale sarà impossibile non tenere conto delle tensioni internazionali, della guerra in Ucraina, di quanto sta accadendo a Gaza. Basti pensare che a poca distanza dal Palazzo di Vetro continuano fortissime le proteste studentesche pro-Palestina e che la Columbia University, che Mattarella avrebbe dovuto visitare, è ancora chiusa agli esterni dopo lo sgombero di pochi giorni fa.

Proprio in questi giorni Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, ha chiesto al governo Meloni di ripristinare il contributo italiano per l’agenzia che assiste i profughi palestinesi (non solo quelli di Gaza) dopo che l’ex ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, ha presentato le conclusioni del suo rapporto incaricato di analizzare la “neutralità” dell’UNRWA spiegando che al momento Israele non avrebbe ancora fornite prove dell’infiltramento di Hamas in Unrwa.

Un dossier, quest’ultimo, che potrebbe essere affrontato da Mattarella nei suoi colloqui. Mai come oggi il ruolo delle Nazioni Unite come strumento di pace e risoluzione negoziale dei conflitti si presenta debole, se non inefficace, ad affrontare le grandi crisi del pianeta. Ma per l’Italia non significa che bisogna arrendersi alle difficoltà. Al contrario oggi più che mai bisogna spingere sul multilateralismo ed impegnarsi ad una riforma dell’Onu per poi puntare ad un suo rafforzamento. Il capo dello Stato è atterrato nella Grande mela avendo nei propri pensieri proprio questa logica: dare un contributo per “superare le attuali difficoltà politiche e strutturali” dell’Alleanza, spiegano dal Quirinale. Il presidente centrerà i suoi interventi sul “coraggio della riforma” delle Nazioni Unite per fare in modo che non sia più un “Olimpo dei Paesi potenti”, come già disse nel lontano 1996 un altro presidente, Oscar Luigi Scalfaro, nel suo intervento al Palazzo di Vetro.

Perchè di riforma dell’Onu si parla ormai da decenni, soprattutto della riforma del principale organismo decisionale, il Consiglio di Sicurezza, ristretto tra i Paesi leader e bloccato dai veti contrapposti. Non sono previsti quindi contatti con l’amministrazione Usa che peraltro il capo dello Stato ha già sondato incontrando il presidente Biden alla Casa Bianca nel 2021. Certo, sarà difficile in terra americana schivare le polemiche che stanno crescendo in Italia per il caso dello studente, Matteo Falcinelli, arrestato e torturato dalla polizia di Miami e il cui video dell’incaprettamento in caserma ha scioccato i cittadini.

In ogni caso Sergio Mattarella porterà con forza al Palazzo di Vetro l’incrollabile “credo” dell’Italia nella potenza del multilateralismo da contrapporre ai blocchi che si stanno delineando nel pianeta. Alla vigilia del 70.mo anniversario dell’adesione dell’Italia all’Onu, il presidente Mattarella entrerà due volte nel Palazzo di Vetro per parlare. Interventi ai quali si affiancheranno i colloqui ufficiali con il segretario generale Antonio Guterres e con il presidente dell’Assemblea Dennis Francis. Il primo impegno sarà, per Mattarella, l’intervento alla Conferenza sullo stato di attuazione dell’obiettivo 16 (‘Pace, giustizia ed istituzioni per lo sviluppo sostenibile’ dell’Agenda 2030). Si tratta di un appuntamento che viene proposto ogni anno per monitorare uno degli obiettivi fissati dall’Agenda per lo sviluppo sostenibile, rispetto al quale l’Italia ha assunto un ruolo di primo piano. Si annuncia decisamente più politico il secondo discorso del presidente all’Assemblea generale dove parlerà sul tema “Italia, Nazioni unite e multilateralismo per affrontare le sfide comuni’.

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Ambiente

Stop al solare nei campi ma salve le opere già previste

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Sul solare avanti tutta riguardo la norma per lo stop ai pannelli fotovoltaici sui terreni coltivati, inserita nella bozza del decreto sugli aiuti all’agricoltura atteso lunedì in Consiglio dei ministri, ma con qualche primo distinguo. “Niente macchie nere a terra”, ma sì all’agrivoltaico su grandi aree come i tetti delle stalle e delle industrie, per le quali il ministero dell’Agricoltura “ha finanziato solo quest’anno 13.500 aziende” con una prospettiva di 26mila. In più le opere a terra che già erano previste, e “che non sono in numero eccezionale, verranno realizzate” per tutelare le imprese che hanno investimenti in corso, così come ci saranno altre aree agricole ritenute “utilizzabili”, come quelle accessorie alle grandi arterie di circolazione ferroviaria e autostradale, le aree che sono agricole, ma che non vengono utilizzate e non possono essere usate come agricole, ad esempio le cave.

Il giorno dopo la querelle sollevata dalle imprese del solare e dal Mase sulla bozza del provvedimento elaborato dal ministero dell’Agricoltura, il ministro Francesco Lollobrigida ribadisce la sua posizione e difende il testo, definendo la norma “di buonsenso”. E da Torino, a margine della prima tappa del Giro E-24, rassicura anche sul rapporto con Gilberto Pichetto Fratin. “Non solo siamo colleghi, siamo amici e ci sentiamo costantemente. È uscito che ci siano divergenze tra me e lui, ma non c’è alcun tipo di fondamento. Pichetto da agricoltore sa bene quanto è rilevante la tutela del territorio”, ha detto Lollobrigida ai giornalisti. Dopo un’iniziale presa di distanze, nel tardo pomeriggio di ieri il titolare dell’Ambiente aveva precisato che sull’agrivoltaico si stava lavorando “per la migliore formula, per tutelare gli agricoltori e i target di decarbonizzazione” e una telefonata questa mattina tra i due sembra aver ammorbidito ulteriormente le posizioni nella ricerca di una mediazione. Poi riunioni tecniche tra i due ministeri avrebbero analizzato i dettagli per una “soluzione condivisa”. In vista del consiglio di lunedì, resta però alta la preoccupazione da parte degli operatori.

Con il blocco delle realizzazioni degli impianti fotovoltaici “si perdono 60 miliardi di euro” di cui almeno 45 di investimenti privati diretti, afferma Italia Solare, l’associazione delle imprese del fotovoltaico, in una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a Pichetto Fratin. Secondo l’associazione i pannelli coprirebbero solo lo 0,24% della superficie agricola nazionale, “e anche sotto questi sarebbe possibile coltivare e far pascolare”. Secondo la norma all’articolo 6 della bozza di Decreto sui sostegni all’agricoltura, le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. Ma per Italia Solare “vanno salvaguardate le aree già classificate idonee a questo scopo”. L’energia pulita, dice dal canto suo Lollobrigida “va prodotta bene, non riesco a immaginare la nostra Italia violentata da un modello di sviluppo senza razionalità”.

“Sottrarre terreno agricolo – aggiunge il ministro – significa speculare, per questo stiamo lavorando a un articolo che ponga limiti serissimi a questo tipo di sviluppo senza freni e garantisca produzione energetica”. Le previsioni del governo precedente sono state moltiplicate per quattro: “Siamo stati premiati con 830 milioni in più dalla Commissione per investimenti sul solare, quindi sappiamo fare le cose”, ha detto Lollobrigida. Appoggio al titolare del Masaf arriva intanto anche dalla Lega con il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, responsabile Agricoltura e Turismo. Mentre da parte degli agricoltori, la Cia è contraria ai pannelli a terra sui terreni coltivabili “che devono servire per produrre cibo” ma “in alcune aree marginali con terreni non coltivabili pensiamo che l’agrivoltaico possa andare”.

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