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Ombre su Scotland Yard, cade la testa della comandante

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 Cade la testa di Cressida Dick, prima comandante donna nella storia di Scotland Yard, il dipartimento britannico di polizia per eccellenza. L’alta funzionaria ha preannunciato in serata le dimissioni – dopo averle escluse appena poche ore prima – in seguito a un tempestoso confronto avuto con il sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan, che giusto ieri le aveva rivolto un pesante ultimatum attraverso i media: concedendole pochi “giorni o al massimo settimane” per ripristinare la fiducia nel corpo investito da scandali in serie su denunce di razzismo, sessismo, discriminazione, misoginia o bullismo che hanno coinvolto solo di recente almeno 14 agenti. Al vertice supremo della Metropolitan Police (nome ufficiale di Scotland Yard) fin dal 2017, dame Cressida, 61 anni, decorata con il cavalierato dalla regina Elisabetta in persona, era stata rinnovata l’anno scorso per un secondo mandato fino al 2024 dallo stesso Khan d’intesa con Priti Patel, ministra dell’Interno Tory del governo centrale britannico: da cui il dipartimento dipende in coabitazione in quanto forza di coordinamento nazionale dell’antiterrorismo. Ma il ripetersi delle denunce e le accuse d’inazione lanciate contro di lei l’avevano in seguito rimessa in discussione. Fino a alla rottura definitiva di stasera. “E’ con enorme tristezza che, a seguito di un contatto avuto oggi con il sindaco di Londra, mi sono convinta di non avere piu’ da lui una fiducia sufficiente nella mia leadership per poter continuare”, ha detto Dick, limitandosi a precisare di aver accettato la richiesta di Khan di restare al suo posto per “breve tempo”, il tempo necessario a individuare la figura che le dovra’ succedere. Nomina per cui servira’ anche il placet di Patel a nome del governo di Boris Johnson, ma rispetto alla quale le forze di opposizione nel Parlamento di Westminster hanno gia’ chiesto che il premier non abbia alcun ruolo: visto che proprio Scotland Yard sta indagando in queste settimane sul cosiddetto Partygate – che minaccia il futuro politico dello stresso BoJo -, lo scandalo delle presunte “feste” organizzate a Downing Street fra 2020 e 2021 in apparente violazione delle restrizioni Covid allora in vigore. Nel suo messaggio di addio, la comandante – gia’ numero due del dipartimento dal 2011 – ha rivendicato i suoi anni di servizio a tutela “dei cittadini di Londra” e della loro sicurezza come “il piu’ grande onore” della sua vita. Non senza ammettere i momenti “duri” di un periodo segnato da attentati terroristici, da disastri come il tragico incendio della Grenfell Tower, da un’impennata iniziale di accoltellamenti e violenze di strada, da femminicidi e altri crimini che hanno inorridito l’opinione pubblica. Ma insistendo anche sui risultati ottenuti e sui dati di un tasso di violenza tornato ora complessivamente “a calare” nella metropoli. Ha quindi riconosciuto la “crisi di fiducia” nel corpo rinfocolata di recente da casi “spaventosi” come il rapimento, lo stupro e l’uccisione della 33enne Sarah Everard perpetrati l’anno scorso da un agente d’elite, Wayne Couzens. Rimarcando tuttavia come Scotland Yard sia adesso impegnata a ricostruire in pieno quella credibilita’ che viceversa Khan le ha imputato in ultimo di non aver saputo cercare di ripristinare con sufficiente energia e rigore all’interno dei ranghi. Nella sua risposta all’annuncio di dame Cressida, la ministra Patel ne ha elogiato “la dedizione”, evidenziando le difficolta’ dei suoi 5 anni di comando sfociati anche in un’emergenza “senza precedenti” come quella della pandemia; mentre Khan ha mantenuto evidentemente un atteggiamento piu’ freddo. Ora, comunque, si apre la partita per la successione: che sara’ inevitabilmente anche una partita politica fra il sindaco laburista e il governo conservatore, con le ombre e i sospetti del Partygate a fare da sfondo. (

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Putin: esercitazioni nucleari a truppe vicino a Ucraina

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Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato esercitazioni nucleari che coinvolgono truppe posizionate vicino all’Ucraina: lo ha reso noto l’esercito.

Le esercitazioni coinvolgono la Marina e le truppe di base vicino all’Ucraina, ha affermato oggi il ministero della Difesa russo. “Durante le esercitazioni verranno adottate una serie di misure per esercitarsi nella preparazione e nell’uso di armi nucleari non strategiche”, secondo il ministero.

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Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua

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Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l’agognata tregua a Gaza, nonostante l’ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l’operazione a Rafah, nel sud della Striscia. Da oggi l’emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere “il megafono” di Hamas a Gaza e di “istigare” contro Israele. Una decisione respinta da Al Jazeera, che l’ha definita “criminale”. L’approvazione da parte del governo è avvenuta all’unanimità, con qualche mal di pancia – per la concomitanza con le trattative in Egitto – dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot.

Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le “emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato”. Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono “la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell’accesso al sito web della tv”. Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così “nascondere la verità” sulla guerra, mentre l’Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato. Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo – secondo una fonte araba – ci fosse “la migliore bozza di accordo” elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas – dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar – è tornata a Doha “per consultazioni con la leadership” del movimento. Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un’intesa prima che tutto “collassi”. Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro “totale” dell’Idf da Gaza. Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili. E’ stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea.

“Hamas – ha detto da Doha – vuole raggiungere un’intesa globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?”. “E’ Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi”, ha replicato Netanyahu, aggiungendo che “Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi”. Ma “le richieste estreme” di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, “significano la resa” di Israele, che “invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. Per questo ora l’operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: “Comincerà molto presto”, ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. “Ho affrontato la questione intensamente nell’ultima settimana, compreso oggi”, ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria.

E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l’amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente Usa si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico. A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi Usa fossero utilizzate dall’esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo. Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell’area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto “si erano radunati soldati”. Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l’Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah “a circa 300 metri da un’area usata come rifugio dagli sfollati”. Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di “decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano”.

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Matteo Falcinelli legato e immobilizzato, arresto choc italiano a Miami

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Non bastano le manette: prima bloccato da un ginocchio, poi la forte stretta di una cinghia ad aggiungere inutile sofferenza nella cella. Stavolta negli obiettivi delle bodycam degli agenti statunitensi c’è un giovane italiano, Matteo Falcinelli, un 25enne di Spoleto vittima di un violento trattamento degli agenti. Le immagini choc del suo arresto avvenuto lo scorso 25 febbraio a Miami, e rese note soltanto in queste ore dalla famiglia, scuotono fino a indurre alla “massima attenzione sul caso” da parte della Farnesina, che da quasi tre mesi segue la vicenda attraverso il consolato generale nella città della Florida, fin da quando Falcinelli fu bloccato dalla polizia per violenza (poi derubricata a ‘resistenza’), oltraggio e violazione di domicilio quella notte in cui il ragazzo stava tentando di rientrare in uno strip club dove era stato, per riavere i suoi telefoni smarriti all’interno del locale.

Lo stesso ministro e vice premier Antonio Tajani, che ha contattato la madre del 25enne per portare la sua solidarietà, si è detto “profondamente colpito dalla violenza e dal tipo di trattamento che è stato applicato al nostro giovane connazionale: quel sistema in Italia evoca qualcosa che neppure voglio nominare”. Azioni ritenute “inaccettabili” anche dal console e di cui Falcinelli porta ancora i segni di profonde ferite psicologiche, secondo quanto spiega la madre: ‘la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere’. Qualsiasi siano gli scenari, si apre adesso sulla vicenda una partita delicata tra i legali dello studente spoletino e le autorità della Florida, proprio in un momento in cui gli Usa, dopo un difficile accordo si apprestano a trasferire in Italia Chico Forti, condannato nel 2000 all’ergastolo da un tribunale dello stesso Stato americano per l’omicidio premeditato di un imprenditore australiano.

“La struttura amministrativa americana dovrebbe riconoscere che c’è stato un comportamento totalmente fuori dalle regole, totalmente ingiustificato e sproporzionato rispetto a quella che era la necessità di intervento. Penso che il fine principale delle sollecitazioni di chiarimento da parte dell’Italia sia proprio questo: far capire che tutto deve essere riportato nei giusti termini”, spiega il legale della famiglia, l’avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle sue sollecitazioni alla Procura di Roma, “che può intervenire nei fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero”. Non si può escluder quindi che la Procura potrebbe aprire un fascicolo, per richiedere ai colleghi statunitensi informazioni sull’accaduto e per sollecitare gli stessi a procedere in modo diretto nei confronti dei poliziotti. La polizia di Miami ha avviato un’indagine interna in merito alla vicenda di Falcinelli e l’ambasciata Usa a Roma spiega: “Abbiamo visto i report, rimandiamo alle autorità italiane”.

Ma la madre di Matteo lancia nuove accuse: “Nel report che la polizia ha rilasciato, scritto sotto giuramento degli agenti, non c’è una sola parola che corrisponda a quanto si vede nelle riprese. C’è scritto tutt’altro”, sostiene Vlasta Studenivova. Il giovane sta svolgendo al momento un trattamento alternativo al carcere, il parallelo della messa in prova in Italia e al termine di questo periodo – spiega il suo avvocato – “dal punto di vista giudiziario per lui questa vicenda si chiude”. Dal segretario di Più Europa Riccardo Magi al responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, arrivano richiesta di interrogazioni parlamentari al ministro Tajani mentre Ilaria Cucchi ne annuncia una anche per il Guardasigilli Carlo Nordio.

Il caso ha scatenato anche l’indignazione dell’associazione dei ‘Giuristi democratici, che parlano di “brutale tortura” senza mezzi termini e secondo cui “esistono delle regole internazionali sui diritti umani che non possono essere violate né in Italia, né in Europa e nemmeno negli Stati Uniti: vige il principio universale del divieto di trattamenti inumani e degradanti e non ci sono dubbi che l’incaprettamento al quale è stato sottoposto negli Usa lo studente italiano Matteo Falcinelli sia stata una delle pratiche più crudeli e antiche di tortura”. E Amnesty International aggiunge: “Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza”.

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