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La corsa al Quirinale sotto la lente internazionale

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La corsa per il Quirinale e’ un “dilemma” per la stabilita’ politica dell’Italia. E’ quanto osserva il Financial Times in un’analisi online che dimostra quanto la vicenda del voto per il Colle sia sotto la lente degli osservatori, ma anche dei mercati, internazionali. All’indomani della standing ovation a favore di Mattarella per un suo bis, il quotidiano della City mette in evidenza che “la prospettiva che Mario Draghi si dimetta da primo ministro per assumere la presidenza, minaccia di far piombare l’Italia nell’instabilita’ politica proprio mentre il governo intraprende ambiziose riforme strutturali e un piano di ripresa sostenuto da quasi 200 miliardi di euro di fondi Ue”. Se non e’ uno stop, certamente ci somiglia moltissimo. Intanto le forze politiche tornano a dividersi sul profilo del futuro capo dello Stato. Lo schema e’ sempre quello: da un lato chi auspica un accordo largo, dall’altro chi invece vede legittimamente la possibilita’ di privilegiare un interlocutore prima di altri. E’ il caso del vicesegretario della Lega, Lorenzo Fontana,intervistato da Repubblica: “Il centrodestra si presentera’ unito, ma per eleggere un Presidente – osserva – servono consensi piu’ ampi. Bisogna trovare i numeri che non abbiamo. E non abbiamo preclusioni, nel dialogo, nei confronti di nessuno”, tuttavia aggiunge: “Renzi e un’eventuale aggregazione di Centro sono i piu’ vicini a noi, dunque saranno i primi con i quali ci confronteremo”. Di contro il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, ospite di Atreju, auspica un confronto ampio: “Serve una discussione aperta a tutte le forze politiche in modo da avere una figura di alto valore e grande rilevanza morale”. Poi stimolato dalle domande sulla vicinanza o meno al Pd del futuro inquilino del Quirinale, osserva che “non e’ scritto da nessuna parte che il Presidente debba avere una provenienza politica particolare”. Ma a fianco dell’inevitabile dibattito sul Colle, al di la’ dell’immancabile totonomi, sta ripartendo fortissimo il confronto sulle riforme, dalla legge elettorale alla forma di governo, presidenzialismo si o no. Sul primo punto, e’ Goffredo Bettini, ascoltatissimo punto di riferimento nel Pd, a rompere gli indugi: “Dico: proporzionale, proporzionale e ancora proporzionale. Le difficolta’ di costituire una realta’ dei cosiddetti riformisti per svolgere un ruolo positivo, mentre oggi svolgono soprattutto un ruolo di incursione negativa nei confronti del Pd e degli altri partiti, impone la scelta del proporzionale”. A ruota anche Giuseppe Conte, che oltre a rilanciare il proporzionale, ma con la soglia del 5%, come Bettini, punzecchia l’asse Renzi-Calenda. Ospite alla festa di Fratelli d’Italia, legge un tweet molto duro, senza citarne l’autore, in cui il leader di Azione dice che ogni cinque stelle dovrebbe restare fuori da ogni attivita’ se non quella di vendere il chinotto allo stadio…”Io – aggiunge Conte accolto dagli applausi della platea meloniana – non offenderei mai l’elettorato di Fdi e non mi porrei mai l’obiettivo della distruzione di FdI. Non ho problemi con Renzi e Calenda, forse li hanno loro con me”. Sul fronte delle riforme costituzionali, invece, Conte gela Atreju e la sua proposta di presidenzialismo, appoggiata ieri da tutto il centrodestra, rilanciando invece sulla sfiducia costruttiva: “Non credo che ora ci sia la prospettiva di dare vita a una fase costituente. Ora serve qualcosa di concreto: firmiamo la sfiducia costruttiva, senza cambiare l’impostazione generale, facciamo – conclude – come in Germania”.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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Interrogazione parlamentare di Fratoianni: carabiniere denuncia chi canta Bella ciao

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“Chissà se il maresciallo dei carabinieri che ha denunciato, a Mottola in provincia di Taranto, 10 cittadini accusati di aver voluto cantare ‘Bella Ciao’ e ‘Fischia il Vento’ durante le celebrazioni del 25 aprile, sa che per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti l’Arma dei Carabinieri ha perso quasi 3mila uomini. E chissà se ha compreso le parole utilizzate dall’attuale comandante generale che solo pochi mesi fa ricordando il sacrificio di Salvo D’Acquisto lo ha definito ‘un esempio luminoso di coraggio, abnegazione e amore per il prossimo, che supera i confini del tempo: un modello di riferimento per tutti i Carabinieri e per le future generazioni’. Evidentemente non lo sa o meglio non intende riconoscerlo”.

Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs in una nota. “Non comprendiamo ad esempio – prosegue il leader di SI – perché i suoi superiori non siano ancora intervenuti per sospenderlo dal servizio. La denuncia di cui si è fatto promotore è assolutamente inaccettabile e in contrasto con i valori costituzionali”. “È per questo che in attesa di conoscere i provvedimenti che intende assumere il Comando Generale, presenteremo un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno – conclude Fratoianni – su questa vicenda surreale e nello stesso tempo gravissima”.

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