A Fabrizio De Andrè poeta, intellettuale, uomo. Al valore letterario delle sue canzoni, dei testi sparsi, degli appunti che ci ha lasciato viene dedicata una preziosa nuova collana, ‘I libri di Fabrizio De Andre”, della Nave di Teseo in collaborazione con la Fondazione De Andre’ Onlus. La inaugurano, con la prefazione di Dori Ghezzi, ‘Accordi eretici’, a cura di Bruno Bigoni e Romano Giuffrida e ‘Volammo davvero’ Fondazione Fabrizio De Andre’ Onlus a cura di Elena Valdini, con l’introduzione di Sandro Veronesi e la postfazione di Dario Fo, in libreria dal 15 aprile. “Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste e l’illusione di poter partecipare, in qualche modo, a un cambiamento del mondo. La seconda si e’ sbriciolata ben presto, la prima rimane” affermava De Andre’, morto nel 1999, come viene ricordato in ‘Volammo davvero’. “Il rammarico che spesso mi accompagna e’ di non riuscire mai a ringraziare pubblicamente tutti i collaboratori e partecipanti dei nostri progetti, anche perche’ sono sempre e per fortuna molto numerosi. ‘Accordi eretici’ e, soprattutto, ‘Volammo davvero’ lo dimostrano, vale a dire i libri con cui si apre questo nuovo percorso” spiega Dori Ghezzi. E aggiunge: “La proposta da parte de La nave di Teseo di realizzare questa collana che intende riproporre nel tempo pubblicazioni curate sinora dalla Fondazione includendo anche nuovi progetti, l’ho amata in particolar modo per la sincerita’ e spontaneita’ con cui e’ nata, cogliendo cosi’ l’opportunita’ di conservare e tutelare nel tempo l’integrita’ storica della vita di Fabrizio. Ripubblicare questi due volumi in coppia ha un particolare significato temporale. ‘Accordi eretici’, pubblicato per la prima volta nel 1997, testimonia anche il presente di Fabrizio mentre ‘Volammo davvero’, edito per la prima volta nel 2007, descrive i sentimenti e raccoglie le parole dette intorno al suo pensiero e alla sua opera nei primi cinque anni di vita della Fondazione”.
Entusiasta Elisabetta Sgarbi, publisher de La nave di Teseo: “accadono queste bellissime cose, facendo l’editore. Capita che una passione iniziata da ragazza, quando si ascoltava musica sensibili a tutto, la si ritrovi da adulta. Che l’amore per le canzoni di Fabrizio De Andre’ ti segua anno dopo anno, e arrivi il momento che, pubblicando i libri (suoi e a lui legati) si possa contribuire alla loro diffusione”. La nuova iniziativa editoriale, per la quale la Sgarbi ringrazia “Dori Ghezzi e la Fondazione De Andre’ impegnera’ La nave di Teseo nei prossimi anni, spero decenni, e intende sottolineare il valore letterario di quanto De Andre’ ci ha lasciato, in canzoni, testi sparsi, appunti. Nessuno dubita che Fabrizio De Andre’ sia un poeta. Ma poi questa affermazione va continuamente verificata, approfondita. Le opere di Fabrizio De Andre’ sono Letteratura anche perche’ sono intessute di dialoghi con la Letteratura. Come accade per ogni scrittore. Alcuni dei testi che pubblichiamo in questi due primi libri della collana raccontano anche di questo potere letterario di Fabrizio De Andre’. Ma questo potere non risiede mai solo nel passato, come fosse un dato di fatto. La scrittura di Fabrizio De Andre’ continua a venirci incontro e a farci domande per essere a sua volta interrogata” dice la Sgarbi. Come un romanzo in frammenti ‘Volammo davvero’ (pp 460, euro 20.00), raccoglie le voci del discorso ininterrotto che Fabrizio De Andre’ ha aperto con le sue canzoni e la sua vita artistica. Un dialogo a tutto campo su letteratura, musica, impegno e sui tanti temi civili percorsi da un cantautore che voleva “essere socialmente utile” con tra i numerosi contributi quelli di Nicola Piovani, Fernanda Pivano, Michele Serra, Adriano Sofri, Antonio Tabucchi. “Questo libro e’ la dimostrazione che Fabrizio e’ quel che tu hai bisogno che sia, che i limiti di Fabrizio sono sempre solo i limiti di chi lo avvicina, perche’ qualunque cosa si riesca a concepire di chiedergli, lui la da’ – anzi, l’ha gia’ data” scrive Veronesi nella prefazione. ‘Accordi eretici’ (pp 260, euro 17.00) e’ la prima monografia dedicata a De Andre’ che esplora in modo organico le componenti culturali, poetiche e musicali che hanno segnato il suo universo artistico e il suo successo, con alcuni dei suoi manoscritti presentati per la prima volta in questa edizione. La Sgarbi confida “che questi e i prossimi libri non siano semplici riproposte, ma ogni volta vi sia una invenzione, un ritrovamento, una piccola, nuova ‘goccia di splendore’. Come in questo caso la nuova prefazione di Sandro Veronesi, e i testi di Francesca Serafini e Giordano Meacci”. “Quanto ci sarebbe ancora da scrivere sul Dio dell’ateo (semmai lo fosse stato ateo) Fabrizio De Andre’? Cosa risuona in quel folgorante ‘Ho licenziato Dio’ con cui inizia ‘Il cantico dei drogati’ (in ‘Tutti morimmo a stento’ 1970)? E quando componeva ‘La buona novella’ (1969) ‘insieme a chi’ stava pensando? A porsi queste, e soprattutto altre domande spero siano utili queste nuove edizioni” dice la Sgarbi. “In fondo Fabrizio amava la figura del Gabbiere di Alvaro Mutis. Fabrizio e’ ancora il nostro Gabbiere: ha visto e sentito molto che ancora dobbiamo pienamente decifrare” sottolinea l’editrice de La nave di Teseo.
Due bandiere sul palco del Petruzzelli di Bari: Riccardo Muti e i Berliner Philharmoniker, alla loro prima esibizione in Puglia dal 1882. Un evento storico e simbolico, trasmesso in 80 Paesi, che ha celebrato l’unità culturale dell’Europaattraverso la musica. A raccontarne il senso profondo è lo stesso Muti in una intervista concessa al Corriere della Sera.
«Questo concerto non è solo musica, è una visione d’Europa»
Per il Maestro, il “Concerto per l’Europa” va oltre la bellezza musicale: «Non è un’esibizione di forza, ma un simbolo di ciò che l’Europa potrebbe essere se fondata sulla cultura. Come la immaginava Federico II, il “Puer Apuliae”, che scelse di vivere in Puglia e la rese un centro di cultura e bellezza».
L’omaggio a Puglia e alla Scuola napoletana
Muti sottolinea il legame storico della Puglia con la musica: «Piccinni, Paisiello, Traetta, Mercadante: tutti pugliesi che hanno influenzato la Scuola napoletana. La mia prima volta al Petruzzelli? Avevo tre anni, con i miei genitori ad ascoltare Aida».
«Il San Carlo ha dimenticato il suo passato»
Parlando dei progetti futuri, Muti auspica che l’anniversario di Piccinni sia anche un’occasione di riflessione per il San Carlo: «C’è stato molto opportunismo nel ricordare Roberto De Simone. Servirebbe una memoria culturale più autentica».
Il suono dei Berliner e il peso della tradizione
«Il suono di un’orchestra cambia con il direttore, ma resta l’identità. Quello dei Berliner è ancora segnato da Karajan e Furtwängler, potente e inconfondibile. Come accade per i Wiener o per le voci di Callas e Pavarotti».
L’Europa dei cori e delle bande
Alla musica come strumento di unità Muti dedica parole sentite: «Cantare è di chi ama, diceva Sant’Agostino. A giugno, al Ravenna Festival, 1.250 coristi canteranno Verdi per imparare ad armonizzare, a cercare insieme la bellezza e il bene comune».
E sulle bande musicali: «Sono la vera voce del popolo, strumenti di cultura per la provincia dimenticata. Io stesso ho imparato ad ascoltare con loro, a Molfetta. Oggi, quando partecipo alle feste patronali, la prima cosa che faccio è ascoltare la banda. È lì che si custodisce il cuore della musica».
«Il mio sogno? Sfilare con la confraternita di Molfetta»
Muti racconta con commozione la sua recente partecipazione alla processione dei Misteri: «Mi hanno nominato membro onorario dell’Arciconfraternita di Santo Stefano. Vorrei sfilare con loro, perché lì la gente dimentica le divisioni, si unisce nel rito e nel Mistero».
Una mattinata di festa immersi nelle sonorità inimitabili dei Berliner Philharmoniker diretti da Riccardo Muti ma anche un’occasione per riflettere sull’unità dell’Europa fondata “sulla comunione culturale e spirituale”. E’ cominciato così il primo maggio a Bari, città scelta quest’anno dai Berliner per la tradizionale celebrazione della loro fondazione, avvenuta il primo maggio del 1882 e che ogni anno l’orchestra festeggia in una località diversa. Quest’anno è toccato al teatro Petruzzelli ospitare l’Europakonzert, “ma questo concerto – ci ha tenuto a sottolineare Muti dal podio – non è solo un omaggio alla città di Bari e alla Puglia, ma è un segnale importantissimo di cosa può e deve essere l’Europa, una comunione culturale e spirituale”. “La venuta di questa orchestra qui a Bari – ha aggiunto – è un segnale importante e questo è un progetto per l’Europa”.
Muti l’aveva detto anche il giorno prima, durante la prova generale aperta studenti e insegnanti di scuole musicali e utenti e operatori del welfare comunale, “ma – ha ribadito al concerto ufficiale – lo sto dicendo da anni e spero che tutti, non solamente in questa regione, si rendano conto di cosa significa la presenza dei Berliner Philharmoniker a Bari”. Nel teatro sold out da tempo per l’evento, con il pubblico emozionato ed entusiasta Muti ha ricordato la grande “comunione con la Germania” simboleggiata anche dalla prolungata presenza in Puglia “dell’imperatore Federico II, imperatore di Germania, che decise di vivere la maggior parte del suo tempo qui in Puglia dove veniva chiamato Puer Apuliae”.
“E questa comunione – ha detto ancora – oggi è un simbolo di cosa possa essere l’Europa come la concepiva Federico”. “Questo connubio – ha aggiunto – oggi più di ieri ha un significato profondo e deve celebrare l’Europa comune”. Non a caso, infatti, Muti ha scelto un repertorio per metà italiano, con l’overture dal Guillaume Tell di Gioacchino Rossini e Le quattro stagioni da I vespri siciliani di Giuseppe Verdi, e per metà tedesco con la sinfonia n.2 in Re maggiore, op. 73 di Johannes Brahms. L’obiettivo di Muti, è trasmettere tramite la musica l’ importanza di costruire “un ponte basato su radici culturali comuni”. In sala, oltre al sindaco di Bari, Vito Leccese, e al presidente della Regione, Michele Emiliano, anche l’ambasciatore di Germania, Hans Dieter Lucas. Al termine del concerto, Emiliano ha donato il sigillo d’oro di San Nicola al maestro Muti, all’ambasciatore Dieter Lucas e alla general manager dei Berliner Andrea Zietzschmann.
E’ partito dalla sua cameretta di Acerra, fino alla firma con Columbia Records, dopo essere stato il primo in Italia a raggiungere il miliardo di streaming su Spotify con una traccia originale, ovvero “Get you the moon”. Parliamo di Kina, giovane artista campano presente da qualche giorno su tutte le piattaforme musicali con il nuovo EP, “Wish I Could Go Back”. “Acerra – racconta Kina – non rappresenta solo il luogo da cui provengo, è anche il cuore della mia musica. Crescere in provincia ti insegna ad avere fame, quella vera, non materiale, ma esistenziale. È un fuoco che arde silenzioso, ti accompagna ogni giorno e ti spinge a immaginare mondi più grandi, anche quando sei chiuso in una cameretta con soltanto le cuffie e un computer. Ogni suono che scelgo, ogni atmosfera che creo, porta dentro di sé un frammento di quella realtà: le strade, le voci, i silenzi della mia città. Acerra è ancora il posto dove torno ogni volta che ho bisogno di sentirmi vero. È lì che ho imparato ad ascoltare prima ancora che a produrre. Le emozioni vissute lì sono diventate canzoni, e credo che la gente riesca a connettersi con questo sentimento proprio per questo. Anche se oggi collaboro con artisti da tutto il mondo, Acerra è il mio punto zero e rimarrà sempre casa”.