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Economia

L’impresa post Covid-19, Rosario Caputo: “dal Governo primi importanti segnali per i Confidi”

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Sono scesi in campo per sostenere le imprese, specie quelle più piccole, quelle che rischiano più di altre nella crisi post- Covid: sono i “confidi”,  che vuol dire consorzio di garanzia collettiva dei fidi,  un consorzio italiano che svolge attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese.

Rosario Caputo è il presidente di Federconfidi, la Federazione che riunisce i 22 Confidi di matrice confindustriale distribuiti sull’intero territorio nazionale: “Vogliamo fare da acceleratori al processo di sostegno alle imprese”. Napoletano, Caputo è Amministratore Unico di IBG SpA, Presidente di Ga.Fi. Scpa, oltre che presidente di Federconfidi. Appassionato di basket (è stato il presidente della JuveCaserta che arrivò ai vertici nazionali e giocò in Europa), e bibliofilo esperto con particolare predilezione per i libri odeporici, cioè che riguardano i viaggi, del XVIII e XIX secolo e per la pittura napoletana del secolo XIX. Su questo argomento ha pubblicato una decina di testi tra libri, e monografie, divenuti veri e propri punti di riferimento nelle bibliografie più aggiornate. Questi suoi studi gli hanno consentito di entrare a far parte dell’elenco degli Esperti riconosciuti dal C.T.U. del Tribunale di Napoli.

La sua, come presidente di Confidi, è però una vera sfida al sostegno delle imprese  e proprio per questo ha mostrato grande soddisfazione per l’approvazione, nell’ambito della conversione del Decreto Rilancio, di un emendamento volto ad ampliare il perimetro di attività dei Confidirispetto al ruolo storico di prestatore di garanzie.

I Confidi, lo ricordiamo, sono organismi privati che svolgono senza scopo di lucro un’attività di supporto soprattutto alle micro, piccole e medie imprese e favoriscono un migliore e più facile accesso al credito. Un servizio sempre più richiesto con lo scoppio della recente pandemia.

Presidente Caputo vi soddisfa la versione definitiva del dl Rilancio? Sono state accolte le vostre aspettative e in che modo?

Siamo lieti che il Governo e la politica abbiano valorizzato ciò che i Confidi possono fare per le piccole e micro imprese in materia di accesso al credito. E siamo soddisfatti di veder accresciuto il nostro margine d’azione grazie all’estensione operativa legata ai prestiti diretti, pur rimanendo prevalente l’attività di garanzia. Abbiamo sottolineato, tramite Assoconfidi, gli accresciuti bisogni della piccola impresa e ci fa piacere constatare che la politica ne abbia tenuto conto. Ora, però, dobbiamo completare il percorso ed auspichiamo che ai Confidi si possa consentire la gestione di fondi pubblici e/o di agevolazione creditizia comunitari e regionali, a beneficio delle PMI, per velocizzare l’immissione di liquidità nelle imprese colpite dall’emergenza Covid-19.

Riepiloghiamo quello che è stato il vostro contributo a supporto delle imprese con lo scoppio dell’emergenza coronavirus. Cosa potrete fare in più adesso grazie alle norme contenute nel dl rilancio?

Il sistema dei Confidi ha sostenuto in maniera concreta l’economia alle imprese colpite dal Coronavirus. Nel primo semestre di quest’anno, e contando solo sulle proprie disponibilità, sono state effettuate oltre 500 operazioni, per un totale di 33 mln di euro di finanziamenti diretti. Un incremento importante rispetto ai 6,5 mln di euro del 2019. Inoltre, abbiamo maggiormente affiancato le Imprese con una più intensa attività di consulenza e supporto alle loro necessità bancarie. Tra l’altro riducendo di circa il 50% le nostrecommissioni. Per questo asseriamo con orgoglio che Il nostro mestiere sarà anche analogo a quello delle banche, ma per noi rimane prioritaria la vicinanza alle aziende più fragili ed in particolare a quelle che faticanoa ottenere liquidità dal sistema bancario. Rispetto alquale si rafforza il nostro ruolo complementare di erogatore di credito.

 

Dal vostro osservatorio privilegiato quali sono le previsioni che fate per i prossimi mesi a livello economico per il nostro Paese?

Dai dati più recenti emerge che la crisi innescata dall’epidemia comporterà un abbassamento notevole dei consumi e del PIL nazionale. Ciò purtroppo si rifletterànegativamente sulle dinamiche dei finanziamenti allepiccole imprese e nel medio periodo potrebbe portare adun deterioramento dei crediti per il possibile incremento delle insolvenze. I Confidi, grazie alla loro radicataconoscenza dei territori in cui operano, potranno essere di grande sostegno alle imprese anche in questa fase e supportarle nel rapporto bancario; così come nella fasedella gestione del credito qualora la banca ne giudichi improbabile il recupero senza il ricorso ad azioni legali. Mi riferisco a quelle inadempienze UTP (unlikely to pay), di aziende in difficoltà ma che possono, se adeguatamente assistite e supportate, ritornare in bonis. Ecco, questo può essere uno dei tanti esempi dove i Confidi possono contribuire alla tenuta del tessuto imprenditoriale locale.

Fare credito direttamente significa valutare con ulteriore responsabilità il merito creditizio delle imprese, ma anche cominciare ad affrontare in maniera più determinata il fronte degli Npl. In questo senso si aprirà un nuovo mercato?

L’esatta valutazione del merito creditizio delle aziende rimane un punto fermo dell’azione di ogni Confidi strutturato. Ciò nonostante non possiamo dimenticare i nostri principi fondanti che sostanzialmente ci differenziano, nelle finalità, dalle banche. Pertanto, l’attenzione alle piccole imprese sarà sempre per noi una priorità pur sapendo di rischiare maggiormente sul fronte dei crediti deteriorati.Per questo motivo e davanti a questo scenario avverso, sarebbe opportuno che la politica e il Governo in particolare, potessero consentire ai Confidi di iscrivere nel proprio Patrimonio i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituitisi da precedenti contributi pubbliciPer quanto riguarda invece le insolvenze definitive e cioè gli NPL, sono del parere che aiutarci a smaltire una parte di essi, così come è avvenuto in un recente passatoper le banche, possa migliorare quegli “indici lordi” dei Confidi che oggi non mi sembra valorizzarne la loro reale solidità.

Qual’è il vostro giudizio sul Recovery Fund? E in che modo dovranno essere spese queste risorse quando arriveranno?

Il giudizio è positivo e sappiamo tutti che questa enorme mole di danari sotto forma di prestiti a lunga gittata e sovvenzioni, non potranno che fare bene alla nostra economia. Ora però bisognerà strutturare bene le ripartenze e far affluire nel più breve tempo possibile le risorse alle imprese rispetto ai loro fabbisogni: Capitalizzazioni, Investimenti, Rimodulazione dei debiti pregressi e spero da subito, una generosa iniezione di capitale circolante.Senza dimenticare però il monito dell’ex presidente della BCE Mario Draghi sul Debito cattivo e quello buono che, rispetto a quest’ultimo, il Sistema dei Confidi è già pronto a dare il suo coerente contributo.

 

 

• IBG SpA con sede a Caserta e stabilimento a Buccino (Sa), produce e distribuisce, in esclusiva su licenza di PepsiCo New York,nel Mezzogiorno d’Italia le bevande Pepsi, Gatorade, Thè Lipton e Looza e produce Chinotto, Aranciosa, Limoncedro e Gassosa Neri, bevande gassate analcoliche commercializzate in Italia e all’estero. Inoltre, IBG SpA commercializza per tutto il Sud Italia (Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia), anche tutti i prodotti “Lay’s”, il marchio di snack più venduto al mondo. Grazie all’incremento di fatturato da 10 a oltre 100 milioni di euro realizzato negli ultimi venti anni, sotto la guida di Rosario Caputo, I.B.G.  Spa è stata segnalata dall’APROM, Associazione per il Progresso del Mezzogiorno, tra quelle aziende che concretamente hanno realizzato lo sviluppo socio-economico nel Sud Italia. Per questa notevole crescita economica il “Sole 24 ore” ha inserito la IBG SpA tra le 50 aziende italiane e le 500 aziende europee, che hanno registrato i più alti tassi di sviluppo occupazionale e di fatturato.  Attualmente la IBG SpA, nell’ambito della distribuzione europea dei marchi PepsiCola, detiene in Campania la migliore quota di mercato contrapposta al competitor storico. IBG SpA ha sempre dimostrato di essere un’impresa hi-tech e attenta alla salvaguardia dell’ambiente, puntando anche sulla produzione ecosostenibile; nel luglio 2012 ha avviato un impianto di produzione di energia fotovoltaica  che consente una mancata emissione annua di CO2 di ben 673.100 Kg per un equivalente di circa 17.000 alberi piantumati ogni 12 mesi. Mentre, con un importante investimento privato in materia di innovazione tecnologica, nel giugno 2016, IBG SpA è stata la prima in Europa in grado di produrre gli esclusivi nuovi formati di Pepsi nel proprio stabilimento di Buccino. Infine, nel mese di maggio 2019 la IBG SpA, insieme a PepsiCo Italia, è stata insignita del prestigioso “Donald Kendall Award”, l’ambitissimo riconoscimento che viene conferito alla nazione che nell’ultimo triennio ha conseguito le migliori performance su scala mondiale in base ad alcuni criteri economici, finanziari e commerciali  indicati da PepsiCo New York. Il CEO di Pepsi ha definito i vincitori di questo premio “The Best of The Best”, ovvero il migliore dei migliori. Una vera e propria ciliegina sulla torta, in occasione del trentennale di Rosario Caputo alla guida di IBG SpA.

• Garanzia Fidi Scpa (GA.FI.), primo ed unico Confidi della Campania Vigilato da Banca d’Italia, si configura come il più grande Organismo di Garanzia del Mezzogiorno e tra i meglio strutturati sul territorio nazionale, rappresentando quasi 4.000 aziende socie, che esprimono circa 10  miliardi  di  fatturato complessivo  e  occupano  oltre  40.000  addetti.  GA.FI. ha sede legale e uffici a Napoli, sede amministrativa e Direzione Generale a Caserta e uffici provinciali in Avellino, Bari, Benevento, Foggia, Lametia Terme, Lecce, Roma e Salerno. GA.FI. può vantare un volume di affidamenti garantiti per oltre € 250 milioni ripartiti su 30 banche convenzionate. Inoltre, ha i bilanci certificati da Deloitte, ed è autorizzato da MCC a certificare il merito creditizio per il rilascio delle controgaranzie del Fondo di Garanzia per le PMI

• Federconfidi – Confindustria riunisce i Confidi di area confindustriale e rappresenta 22 consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi distribuiti sull’intero territorio nazionale, per un totale di oltre 196.000 piccole e medie imprese.  Garantisce finanziamenti alle PMI per circa 4,5 miliardi di euro e rilasciano garanzie per un ammontare complessivo di 2,2 miliardi di euro.

• “Tavolo 106”: gruppo di lavoro formato dai 35 Confidi Vigilati da Banca d’Italia, attivi sul territorio nazionale. Il gruppo si pone l’obiettivo di operare in maniera congiunta per porre in essere iniziative serie e concrete finalizzate a facilitare l’accesso al credito alle Pmi italiane .

 

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Cronache

Stakanovista 10% italiani, lavora 49 ore a settimana

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In Italia quasi un lavoratore su dieci tra i 20 e i 64 anni nel 2023 ha lavorato in media almeno 49 ore alla settimana, una percentuale superiore a quella media dell’Unione europea (7,1%) e inferiore solo a quella di Grecia, Francia e Cipro. In pratica il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana, considerando che l’orario standard oscilla tra le 36 e le 40 ore a settimana. All’opposto si trovano le Repubbliche baltiche, con percentuali tra l’1% e il 2%, ma anche i Paesi scandinavi (la Norvegia è al 5,2% e la Finlandia al 5,7%) e la Germania con il 5,4%.

L’immagine di una parte degli italiani insolitamente stakanovista emerge dalle tabelle Eurostat sui lavoratori che fanno orari di lavoro lunghi. Il risultato, si deduce dai numeri, è legato alla consistenza del lavoro autonomo che tradizionalmente è impegnato per un numero di ore maggiore rispetto alla media totale dei lavoratori. Guardando infatti solo a professionisti e partite Iva, a lavorare almeno 49 ore è una percentuale molto più alta, pari al 29,3%. Il dato quindi non è legato tanto all’ampio uso del lavoro straordinario, quanto alla larga diffusione del lavoro autonomo in Italia (ma anche in Grecia), tipologia che spesso ha orari più lunghi di quelli contrattuali, soprattutto in settori come i servizi, le vendite e l’agricoltura.

La controprova sta nel fatto che nel nostro Paese i lavoratori dipendenti che lavorano almeno 49 ore la settimana in media sono il 3,8% del totale dei lavoratori subordinati (3,6% in Ue). Gli autonomi con dipendenti che lavorano con questi orari sono il 46% del totale (41,7% la media Ue). Gli autonomi senza dipendenti che lavorano 49 ore alla settimana sono invece il 27,4% (23,6% in Ue) mentre quelli impegnati in un lavoro di aiuto all’attività familiare che raggiungono le 49 ore sono il 20,1% (14% in Ue). La percentuale degli “stakanovisti” sale se si guarda solo agli uomini con il 12,9% del complesso degli occupati che lavora almeno 49 ore a settimana (9,9% in Ue). Nel complesso le donne che lavorano almeno 49 ore alla settimana sono il 5,1% del totale, comunque sopra la media europea del 3,8%. Tra gli uomini autonomi con dipendenti la percentuale di coloro che raggiunge o supera le 49 ore di lavoro a settimana supera il 50% in Italia (50,8%) e si attesta sul 46,3% in Ue.

Anche tra i dipendenti la percentuale di chi lavora almeno 49 ore alla settimana è più alta tra gli uomini con il 5,1% in Italia a fronte del 5% della media Ue. Tra le donne le autonome con dipendenti lavorano a lungo nel 32,5% dei casi (quasi una su tre) a fronte del 29,6% in Ue. Tra le dipendenti sono invece il 2,3% a fronte del 2,1% in Ue. In Italia lavorano con orari lunghi nel complesso soprattutto i manager (40,5% del totale a fronte del 21,9% in Ue) con una percentuale del 24,4%, molto superiore alla media, anche per i manager dipendenti (14,3% in Ue). Il 10,3% dei professionisti in Italia dichiara di lavorare almeno 49 ore e il 10,9% dei lavoratori dei servizi e delle vendite (6,5% in Ue). Tra i lavoratori dell’agricoltura infine è il 36,3% a lavorare ben oltre lo standard, contro il 27,5% rilevato in media nell’Unione europea.

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Economia

Il clima affonda la produzione di vino in Italia (-23%)

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Piogge frequenti e malattie delle viti fanno crollare la produzione di vino in Italia. Tra agosto 2023 e luglio 2024 l’Unione europea vedrà un calo della produzione annua di vino del 10% (stimata in circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) a causa “delle condizioni meteorologiche avverse”: un dato trainato da una “diminuzione significativa” osservata tanto in Italia (-23%) quanto in Spagna (-21%) nei dodici mesi. A rilevarlo è l’ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’Ue pubblicato dalla Commissione europea. Intanto oggi è stato presentato alle associazioni di settore il nuovo avviso Ocm vino ‘Promozione sui mercati dei paesi terzi’.

Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, mette a disposizione degli operatori 22 milioni di euro a cui vanno aggiunti 71 milioni di euro per bandi regionali e multiregionali per un investimento complessivo che supera i 90 milioni di euro. “L’avevamo detto e l’abbiamo fatto anche prima del previsto”, ha segnalato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Ci stiamo muovendo per una più grande valorizzazione dell’export del vino”. Da subito per il Governo “è stata una priorità”, ha sottolineato. Il rapporto della Commissione Ue sulla produzione attesa a luglio 2024 sottolinea che il settore continua a essere influenzato da numerosi eventi “fuori dal controllo” degli agricoltori, come le crisi climatiche e geopolitiche, che esercitano pressioni in termini di prezzi, domanda e reddito.

Il “calo senza precedenti” che si osserverà in Italia, spiega l’Ue, è “determinato da frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e le conseguenti malattie fungine delle viti”. Visto il crollo della produzione in Spagna e Italia, la Francia tornerà a essere il primo produttore di vino in Ue. Non solo produzione, Bruxelles stima che a diminuire sarà anche il consumo (-1,5%) fino a 96 milioni di ettolitri, in particolare dei vini rossi, dovuto anche al fatto che più giovani preferiscono altri alcolici, soprattutto birre e cocktail. Considerata “l’imprevedibilità degli eventi meteorologici estremi e dei bruschi cambiamenti osservati nell’ultimo anno”, il rapporto mette in guardia sulla necessità di trattare “con cautela” i segnali attuali. Nel 2023-2024 a crollare saranno inoltre i volumi delle esportazioni di circa l’11%, a 28 milioni di ettolitri. Non solo sul vino, le condizioni meteorologiche avverse peseranno anche sulla produzione europea di mele e arance, le esportazioni delle quali diminuiranno drasticamente. Quanto alla produzione di olio d’oliva, la Commissione stima “una leggera ripresa” tra ottobre 2023 e settembre 2024 dopo un raccolto record lo scorso anno. Quanto ai cereali, si prevede che nel 2024/25 la produzione aumenterà fino a circa 278,5 milioni di tonnellate (+ 3% su base annua), principalmente grazie a rese migliori. Le importazioni tra luglio 2023 e giugno 2024 potrebbero rimanere superiori del 17% rispetto alla media quinquennale.

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Economia

Ponte sullo Stretto, dubbi su altezza, ‘ok grandi navi’

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È ormai l’opera più discussa e chiacchierata nella storia d’Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. A esprimere nuovamente le proprie perplessità sul Ponte, rilanciato dal vicepremier e ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini, è Federlogistica, secondo cui sarebbe troppo basso per le grandi navi. L’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, invece rassicura che navi da crociera e portacontainers non avranno problemi a transitare nello Stretto una volta costruito il Ponte. In una intervista il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ribadisce che un’altezza massima di 65 metri sul livello del mare “impedirebbe” il transito di alcune grandi navi, “alte più di 68 metri”, ed inoltre essendo il Ponte a campata unica, i 65 metri di altezza verrebbero raggiunti solo nella parte più alta, mentre verso le due sponde, il cosiddetto franco navigabile, si ridurrebbe, spiega.

Dal canto suo Ciucci sottolinea che il franco navigabile del ponte sullo Stretto “è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario” e che “questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)”. L’a.d della Stretto di Messina aggiunge poi che la commissione tecnica istituita al Mit ha già effettuato “un esame approfondito del traffico” degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, “dal quale non emergono criticità legate al Ponte”. E sempre Ciucci fa notare che la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui franco navigabile “è inferiore ai 72 metri” che saranno disponibili sullo Stretto di Messina.

E a rassicurare sul Ponte interviene anche Marco Lombardi, amministratore delegato di Proger Spa, società coinvolta nella progettazione dell’opera. “Il Ponte sullo Stretto regge benissimo, è un’opera sicura, innovativa e il via libera arriverà presto”, afferma. Le opposizioni però non si lasciano convincere. “E’ un ponte costosissimo, inutile e fatto male”, scandisce la deputata del Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini, accusando il governo di arrivare a concepire una spesa di 15 miliardi di soldi pubblici “per una follia simile”.

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