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Dominic Cummings, l’eminenza grigia del primo ministro Boris Johnson: ecco perchè non è stato licenziato

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Dominic Cummings è uno stratega politico britannico e consigliere principale del primo ministro Boris Johnson da luglio 2019.

Il 27 marzo passato Cummings ricevette una chiamata da sua moglie che si sentiva molto male”.  La sindrome era “sospetti sinomi di Covid19”. Cummings decise di trasferire la sua famiglia nella contea di Durham la sera del 27 marzo guidando per circa 425Km, invece di isolarsi a casa a Londra. A Durham le sue nipoti sarebbero state disponibili a prendersi cura di suo figlio di quattro anni, nel caso in cui lui e sua moglie si fossero entrambi ammalati. Dominic Cummings ha quindi infranto le regole del Lockdown.

Cummings ha negato qualsiasi illecito a seguito di un’indagine congiunta di due giornali, il Guardian e del Daily Mirror. I cittadini del Regno Unito che sono stati forzati a rimanere a casa anche in casi estremi, continuano a chiedersi perche Dominic Cummings invece non sia stato multato per aver infranto le regole. 

Boris Johnson ‘stranamente’ salva il suo assistente ignorando una rivolta di quasi 100 dei suoi stessi parlamentari e sfidando le continue richieste di licenziamento di Dominic Cummings, nonostante l’indagine della polizia non sia riuscita ad esonerarlo da una potenziale violazione del lockdown.

Perche il Primo Ministro del Regno Unito si è sporcato le mani difendondolo? È ‘tradizione’ nel Regno Unito che se un membro del governo non segue le regole o leggi, venga licenziato o vengano chieste le sue dimissioni.  

Ma tutto questo non è accaduto perche si è compreso che per il primo ministro britannico, il suo principale aiutante è molto più di un semplice consigliere politico. È il perno delle operazioni di Downing Street; uno stratega che dà a Johnson la direzione politica ed il controllo operativo. Il rapporto di lavoro tra i due uomini si è forgiato nella vittoriosa campagna della Brexit del 2016, nella quale Cummings è stato il ”direttore d’orchestra’’. Johnson era “solo” il frontman. Ora è tutto piu chiaro.  

Si capisce solo ora che Boris Johnson difende il suo valoroso aiutante poichè Dominic Cummings è quello con le idee chiare ed ha capacità organizzative che lo stesso primo ministro britannico sa di non avere. Anche se il caso è scoppiato parecchi giorni fa si continua a polemizzare accesamente sulla reazione del primo ministro.

Yvette Cooper, una parlamentare del Partito Laburista, in uno scambio particolarmente acceso ha chiesto al primo ministro: “Hai una scelta tra proteggere Dominic Cummings e mettere al primo posto l’interesse nazionale”,  “Qual è la tua scelta primo ministro?”.

“La mia scelta è la scelta del popolo britannico”, risponde un agitato Johnson, prima di accusare la signora Cooper di fare propaganda politica. Dominic Cummings sembra anche essere secondo alcuni ministri ombra (Shadow Secretary)  dell’opposizione il perno principale delle negoziazioni con l’Unione Europea.

David Frost,  funzionario e consulente politico britannico che ricopre il ruolo di Consigliere per l’Europa del Primo Ministro e Capo negoziatore della Task Force Europa, sembra respingere il suggerimento secondo cui i colloqui sulla Brexit crollerebbero senza il coinvolgimento di Dominic Cummings.

Intanto Michel Barnier – capo della task force della Commissione europea – ha scritto ai leader dell’opposizione di Westminster ricordando che l’UE è aperta ad una proroga fino a due anni per facilitare un accordo.

Alla domanda sul ruolo di Cummings nei negoziati sulla Brexit, Frost ha affermato di non aver mai ricevuto istruzioni dal primo ministro Johnson.  “L’Unione europea ha sempre affermato di restare aperta su questa questione. Qualsiasi decisione di proroga deve essere presa dal comitato misto entro il 1 ° luglio e deve essere accompagnata da un accordo sul contributo finanziario del Regno Unito”. 

Rispondendo alla lettera di Michel Barnier, il leader del SNP (Scottish National Party) a Westminster, Ian Blackford, ha dichiarato: “Boris Johnson deve finalmente mettere le sue responsabilità in materia di posti di lavoro, standard di vita e economia al primo posto e concordare l’estensione di due anni offerta al periodo di transizione. “Sarebbe una follia accumulare una crisi della Brexit in aggiunta alla crisi del coronavirus che già affrontiamo – con la disoccupazione che sale, le aziende che perdono lavoro e molte persone che lottano per sopravvivere. Il tempo sta scadendo. È rimasto solo un mese per concordare un’estensione per impedire al Regno Unito di schiantarsi con un affare catastrofico”.

David Frost ha affermato che il Regno Unito rimarrà “fermo” sulla sua posizione di rifiutare di prolungare il periodo di transizione per concludere un accordo, nonostante la mancanza di progressi nelle discussioni e l’epidemia di coronavirus che mette i negoziatori in ritardo rispetto ai tempi previsti.

Ormai non ci si fida piu di Boris Johnson. Sembra che il Paese si sia finalmente svegliato dalle sue illusioni politiche. Il caso Dominic Cummings ha aperto un mondo di riflessioni da parte dei giornalisti britannici e dei cittadini. Un danno politico non indifferente. Un Boris Johnson indebolito politicamente sarà in ogni caso coinvolto personalmente nei colloqui sulla Brexit il prossimo mese ma ormai le sue azioni politiche sono solo l’ombra di un forte Dominic Cummings. Almeno questa e’ l’impressione che abbiamo tutti.

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Putin: esercitazioni nucleari a truppe vicino a Ucraina

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Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato esercitazioni nucleari che coinvolgono truppe posizionate vicino all’Ucraina: lo ha reso noto l’esercito.

Le esercitazioni coinvolgono la Marina e le truppe di base vicino all’Ucraina, ha affermato oggi il ministero della Difesa russo. “Durante le esercitazioni verranno adottate una serie di misure per esercitarsi nella preparazione e nell’uso di armi nucleari non strategiche”, secondo il ministero.

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Israele spegne Al Jazeera, fumata nera sulla tregua

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Israele spegne Al Jazeera nel Paese mentre una nuova fumata nera al Cairo allontana l’agognata tregua a Gaza, nonostante l’ottimismo dei giorni scorsi, e avvicina invece l’operazione a Rafah, nel sud della Striscia. Da oggi l’emittente del Qatar non è più visibile in Israele. Il governo Netanyahu ha infatti votato la chiusura delle attività e la confisca delle attrezzature della tv, accusata di essere “il megafono” di Hamas a Gaza e di “istigare” contro Israele. Una decisione respinta da Al Jazeera, che l’ha definita “criminale”. L’approvazione da parte del governo è avvenuta all’unanimità, con qualche mal di pancia – per la concomitanza con le trattative in Egitto – dei ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot.

Lo scorso primo aprile la Knesset ha varato una legge per bandire le “emittenti straniere che danneggiano la sicurezza dello stato”. Il ministro delle Comunicazioni Shlomo Karhi ha quindi firmato i provvedimenti che comprendono “la chiusura degli uffici, la confisca delle attrezzature del canale, compresi possibilmente i cellulari, e il blocco dell’accesso al sito web della tv”. Il capo del network in Israele e nei Territori Walid Omary ha preannunciato un possibile ricorso in tribunale. Hamas ha accusato Israele di voler così “nascondere la verità” sulla guerra, mentre l’Onu ha chiesto che il provvedimento sia ritirato. Frattanto la trattativa tra Israele e Hamas si è consumata in un muro contro muro, sebbene sul tavolo – secondo una fonte araba – ci fosse “la migliore bozza di accordo” elaborata finora.

I colloqui in serata sono stati dichiarati conclusi e la delegazione di Hamas – dopo aver fornito la sua riposta ai mediatori di Egitto e Qatar – è tornata a Doha “per consultazioni con la leadership” del movimento. Secondo i media egiziani, tornerà però martedì prossimo al Cairo per riprendere i negoziati mentre a Doha è arrivato in tutta fretta il direttore della Cia William Burns per spingere di nuovo alla ricerca di un’intesa prima che tutto “collassi”. Le posizioni continuano tuttavia a rimanere lontanissime. Il nodo è sempre lo stesso: Hamas insiste sulla fine definitiva del conflitto nella Striscia e il ritiro “totale” dell’Idf da Gaza. Condizioni che il premier Benyamin Netanyahu ha seccamente bocciato, liquidandole come diktat inaccettabili. E’ stato lo stesso leader della fazione islamica palestinese Ismail Haniyeh a ribadire la linea.

“Hamas – ha detto da Doha – vuole raggiungere un’intesa globale che ponga fine all’aggressione, garantisca il ritiro dell’esercito e raggiunga un serio scambio di prigionieri. Che senso ha un accordo se il cessate il fuoco non è il primo risultato?”. “E’ Hamas che impedisce un accordo per il rilascio degli ostaggi”, ha replicato Netanyahu, aggiungendo che “Israele era ed è tuttora pronto a concludere una tregua per liberare gli ostaggi”. Ma “le richieste estreme” di Hamas, ha aggiunto il primo ministro, “significano la resa” di Israele, che “invece continuerà a combattere fino al raggiungimento di tutti i suoi obiettivi”. Per questo ora l’operazione a Rafah, dove ci sono un milione e mezzo di sfollati palestinesi, sembra più vicina: “Comincerà molto presto”, ha assicurato il ministro della Difesa Yoav Gallant. “Ho affrontato la questione intensamente nell’ultima settimana, compreso oggi”, ha spiegato. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, è fortemente contraria.

E forse non è un caso che per la prima volta dal 7 ottobre l’amministrazione Biden la scorsa settimana abbia deciso di bloccare una spedizione di munizioni in Israele, come riferisce Barak Ravid di Axios. Il presidente Usa si trova ad affrontare aspre critiche in patria da chi si oppone al suo sostegno incondizionato allo Stato ebraico. A febbraio la Casa Bianca ha chiesto di fornire garanzie che le armi Usa fossero utilizzate dall’esercito israeliano a Gaza in conformità col diritto internazionale, con Israele che ha fornito una lettera di assicurazioni a marzo. Al 212esimo giorno di guerra intanto, Hamas ha rivendicato il lancio di almeno 10 razzi nell’area del valico di Kerem Shalom, quello da dove transitano i camion degli aiuti umanitari, con il motivo che sul posto “si erano radunati soldati”. Per tutta risposta lo Stato ebraico ha chiuso il valico, dove ci sono stati almeno 10 israeliani feriti. Secondo l’Idf, Hamas ha lanciato razzi da Rafah “a circa 300 metri da un’area usata come rifugio dagli sfollati”. Gli scontri proseguono anche al confine nord di Israele: Hezbollah ha rivendicato il lancio di “decine di razzi dopo la morte di tre civili a seguito di un attacco israeliano nel sud del Libano”.

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Matteo Falcinelli legato e immobilizzato, arresto choc italiano a Miami

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Non bastano le manette: prima bloccato da un ginocchio, poi la forte stretta di una cinghia ad aggiungere inutile sofferenza nella cella. Stavolta negli obiettivi delle bodycam degli agenti statunitensi c’è un giovane italiano, Matteo Falcinelli, un 25enne di Spoleto vittima di un violento trattamento degli agenti. Le immagini choc del suo arresto avvenuto lo scorso 25 febbraio a Miami, e rese note soltanto in queste ore dalla famiglia, scuotono fino a indurre alla “massima attenzione sul caso” da parte della Farnesina, che da quasi tre mesi segue la vicenda attraverso il consolato generale nella città della Florida, fin da quando Falcinelli fu bloccato dalla polizia per violenza (poi derubricata a ‘resistenza’), oltraggio e violazione di domicilio quella notte in cui il ragazzo stava tentando di rientrare in uno strip club dove era stato, per riavere i suoi telefoni smarriti all’interno del locale.

Lo stesso ministro e vice premier Antonio Tajani, che ha contattato la madre del 25enne per portare la sua solidarietà, si è detto “profondamente colpito dalla violenza e dal tipo di trattamento che è stato applicato al nostro giovane connazionale: quel sistema in Italia evoca qualcosa che neppure voglio nominare”. Azioni ritenute “inaccettabili” anche dal console e di cui Falcinelli porta ancora i segni di profonde ferite psicologiche, secondo quanto spiega la madre: ‘la sua voglia di vivere si è trasformata in un incubo di vivere’. Qualsiasi siano gli scenari, si apre adesso sulla vicenda una partita delicata tra i legali dello studente spoletino e le autorità della Florida, proprio in un momento in cui gli Usa, dopo un difficile accordo si apprestano a trasferire in Italia Chico Forti, condannato nel 2000 all’ergastolo da un tribunale dello stesso Stato americano per l’omicidio premeditato di un imprenditore australiano.

“La struttura amministrativa americana dovrebbe riconoscere che c’è stato un comportamento totalmente fuori dalle regole, totalmente ingiustificato e sproporzionato rispetto a quella che era la necessità di intervento. Penso che il fine principale delle sollecitazioni di chiarimento da parte dell’Italia sia proprio questo: far capire che tutto deve essere riportato nei giusti termini”, spiega il legale della famiglia, l’avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle sue sollecitazioni alla Procura di Roma, “che può intervenire nei fatti che riguardano i cittadini italiani all’estero”. Non si può escluder quindi che la Procura potrebbe aprire un fascicolo, per richiedere ai colleghi statunitensi informazioni sull’accaduto e per sollecitare gli stessi a procedere in modo diretto nei confronti dei poliziotti. La polizia di Miami ha avviato un’indagine interna in merito alla vicenda di Falcinelli e l’ambasciata Usa a Roma spiega: “Abbiamo visto i report, rimandiamo alle autorità italiane”.

Ma la madre di Matteo lancia nuove accuse: “Nel report che la polizia ha rilasciato, scritto sotto giuramento degli agenti, non c’è una sola parola che corrisponda a quanto si vede nelle riprese. C’è scritto tutt’altro”, sostiene Vlasta Studenivova. Il giovane sta svolgendo al momento un trattamento alternativo al carcere, il parallelo della messa in prova in Italia e al termine di questo periodo – spiega il suo avvocato – “dal punto di vista giudiziario per lui questa vicenda si chiude”. Dal segretario di Più Europa Riccardo Magi al responsabile Esteri di Italia viva, Ivan Scalfarotto, arrivano richiesta di interrogazioni parlamentari al ministro Tajani mentre Ilaria Cucchi ne annuncia una anche per il Guardasigilli Carlo Nordio.

Il caso ha scatenato anche l’indignazione dell’associazione dei ‘Giuristi democratici, che parlano di “brutale tortura” senza mezzi termini e secondo cui “esistono delle regole internazionali sui diritti umani che non possono essere violate né in Italia, né in Europa e nemmeno negli Stati Uniti: vige il principio universale del divieto di trattamenti inumani e degradanti e non ci sono dubbi che l’incaprettamento al quale è stato sottoposto negli Usa lo studente italiano Matteo Falcinelli sia stata una delle pratiche più crudeli e antiche di tortura”. E Amnesty International aggiunge: “Immobilizzare per lungo tempo, mediante una tecnica che causa intenso dolore, una persona che evidentemente in quel momento non può costituire alcuna minaccia, è un trattamento illegale, che non trova alcuna giustificazione di sicurezza”.

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